Trump al bivio della democrazia idraulico-mediatica. Vincere o soccombere?
di ORIZZONTE48 (Luciano Barra Caracciolo)
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— Luca (@smigol73) 17 febbraio 2017
Durante la campagna elettorale, Trump ha promesso di porre fine alla finta “guerra al terrorismo” neoconservatrice e alla politica di “cambiamento di regime” utilizzata dalle amministrazioni precedenti di George W. Bush e Barack Obama. Queste tattiche hanno provocato migliaia di vittime tra il personale militare, hanno ucciso centinaia di migliaia di persone nelle nazioni prese a bersaglio, e sono costate oltre 4 mila miliardi di dollari, che potevano essere spesi nello sviluppo infrastrutturale, nella reindustrializzazione, nell’istruzione e nel sistema sanitario.
Questa promessa è stata la chiave della sua vittoria elettorale, perché milioni di americani sono stanchi di guerre e disperati per il crollo dei loro livelli di vita, che Hillary Clinton e Barack Obama definivano una grande ripresa economica.
Per rendere possibili i cambiamenti invocati da Trump occorrevano due passi immediati. Il primo, porre fine alle minacce di guerra nei confronti di Russia e Cina, esemplificate dalla campagna di attacchi contro Vladimir Putin, alle sanzioni contro la Russia, all’espansione a Est della NATO e alla minaccia di scontro con la Cina nel Mar Cinese Meridionale.
Il secondo passo, essenziale perché il primo abbia successo, è togliere il potere ai cartelli finanziari globali, che utilizzano le guerre e la destabilizzazione politica, e impongono dure condizioni di austerità per concedere aiuti, al fine di mantenere il proprio potere.
L’arma migliore disponibile a Trump per fare questo è il ripristino della separazione bancaria con la legge Glass-Steagall, che imporrebbe una riorganizzazione fallimentare del sistema bancario, indebolendo la loro capacità di ricattare i governi, compreso quello di Washington. È in corso un dibattito sulla Glass-Steagall in questo momento, al Congresso e altrove (vedi EIR Strategic Alert 5,6/2017).
La spinta verso una “rivoluzione colorata” contro Trump proviene proprio da questa élite finanziaria globale, che teme che il nuovo Presidente possa mettere fine al proprio strapotere. L’ex Presidente Obama, per esempio, ha incoraggiato manifestazioni contro la nuova Amministrazione, mentre alcuni suoi alleati hanno presentato ricorso contro il bando all’immigrazione di Trump con dubbie motivazioni.
Uno di loro, l’ex consulente legale del Dipartimento di Stato Harold Koh, è la persona che ha scritto la difesa “legale” del programma illegale di Obama per assassinii extragiudiziarii con l’uso di droni e che ha addestrato John Yoo, l’avvocato che ha difeso l’uso della tortura.
Ci permettiamo di mettere in dubbio le loro credenziali sui diritti umani. Quanto alla protezione dei migranti, dove erano costoro quando i migranti venivano deportati durante l’Amministrazione di Obama e tutte le amministrazioni precedenti?”
“Infine, qui Kristoff enuncia così la sua patetica istanza di rovesciare Trump:Cosa dire di una presidenza della quale, dopo un mese dal suo insediamento, noi stiamo già discutendo se possa essere anticipatamente terminata?No Nicholas, “noi” non stiamo discutendo di ciò. Lo stai facendo tu. Tu e i tuoi colleghi dei media. Il che mi porta al più irritante aspetto di ciò che sta accadendo nel discorso pubblico oggi in America. Cosa dovrebbe fare qualcuno come me a cui non piace Trump, ma a cui piacciono ancor meno i corporate media?Questa è la scomoda posizione in cui mi trovo attualmente e se mi ci trovo, lo stesso vale per milioni di altri.Trump comprende questo, ed è perciò che prosegue nel suo attacco implacabile agli elementi della grande industria dell’informazione.Personalmente, la mia antipatia per Trump sarebbe molto più acuta se non fosse per la mia totale repulsione per i media di proprietà dei miliardari.I giornalisti si suppone che siano avversari del “potere” in generale, non che selezionino e scelgano quali figure di “potente” sfidare basandosi sulla propria ideologia politica. L’industria dei media ha chiaramente ingannato il paese, sicché Trump sta tenendo una linea di saggezza nello scegliere di combatterla. Come ho tuttavia notato la scorsa settimana su Twitter (traduzione: Se Trump si sceglie come obiettivo le istituzioni elitiste vincerà.Se si sceglie la gente comune, perderà. Non è complicato):Ancora una volta, l’industria mediatica sta comprovando la propria inefficacia nel tentare di tutto contro un uomo, in quanto in opposizione al disastro sistemico costituito dalla società a controllo oligarchico in cui viviamo.L’attuale Presidente non sarebbe abbastanza carismatico e non utilizzerebbe nemmeno gli stereotipi giusti quanto bombarda donne e bambini musulmani. Questa costituisce, in apparenza, la linea rossa tracciata dai media.Se suona che io sia contro tutto e tutti, c’è una ragione. La nostra cultura è gravemente squilibrata e l’industria dei media merita per questo molta parte del biasimo.E infatti, qui abbiamo un articolo pubblicato l’anno scorso da Forbes che serve ad accelerare la comprensione di ciò che abbiamo realmente contro: Questi 15 miliardari possiedono le società americane dei media . (Ndr: 15 persone ci forniscono ogni singolo elemento dell’agenda in base alla quale possiamo credere di interpretare il mondo).E i miliardari non comprano gli “sbocchi” sul mercato dell’informazione per fare soldi: i soldi già li hanno. Li comprano per manipolare la pubblica opinione“.
“Non dimentichiamo che Reich (qui, p.6) colloca questa presidenza come fase di ultimativa resistenza del sistema e prevede l’emergere di un vero candidato estraneo a…ESSI, solo nelle prossime elezioni presidenziali del 2020; e dopo una nuova crisi recessiva a epicentro finanziario…”
fonte: http://orizzonte48.blogspot.it/2017/02/trump-al-bivio-della-democrazia.html
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