Le prime indagini
L’esplosione è avvenuta mentre migliaia di teenager, molti dei quali erano accompagnati dai genitori, stavano uscendo dall’arena al termine del concerto della popstar americana Ariana Grande. Dopo le prime indagini, il capo della Polizia di Manchester ha dichiarato che si è trattato di un «atto di terrorismo» compiuto con ogni probabilità da un singolo attentatore suicida.
Il primo ministro britannico Theresa May dopo aver disposto, d’intesa con i leader del partito liberale e del partito laburista, la sospensione della campagna elettorale – il prossimo 8 giugno si terranno in Gran Bretagna le elezioni politiche – ha convocato per questa mattina una riunione del COBRA (Cabinet Office Briefing Room), un comitato di emergenza che si riunisce in presenza di crisi di portata nazionale.
Non ci sono ancora notizie certe sulla possibile identità dell’attentatore, ma dopo i proclami di gioia che erano comparsi in queste ore su tutti i siti internazionali dell’estremismo islamico, compresi quelli riconducibili all’ISIS, l’attentato è stato poi rivendicato dallo Stato Islamico attraverso la sua agenzia stampa Amaq che tuttavia non fa menzione di kamikaze. Questo il testo: «Uno dei soldati del Califfato e’ riuscito a posizionare ordigni esplosivi in mezzo a un raggruppamento di crociati nella citta’ britannica di Manchester, dove e’ avvenuta l’esplosione nell’edificio Arena che ha causato la morte di 30 crociati e il ferimento di altri 70. Per chi venera la Croce e i loro alleati il peggio deve ancora venire. Sia lode al Signore».
Il precedente di Westminster
Sono passati solo due mesi da quando, lo scorso 22 marzo, il cinquantaduenne cittadino britannico Khalid Masood, un insegnate di inglese di Birmingham con precedenti penali per piccoli reati, si è lanciato alla guida di un’automobile sui passanti che affollavano il marciapiede del ponte di Westminster a Londra, uccidendo 5 persone e ferendone una cinquantina prima di essere a sua volta abbattuto di fronte ai cancelli del palazzo del parlamento dopo che era riuscito a ferire a morte con un coltello un poliziotto di guardia.
Masood, che si era convertito all’Islam militante prima di compiere l’attentato, in un messaggio ritrovato dopo l’attacco aveva scritto che la sua era «un’azione di Jihad» («di Guerra Santa») per vendetta contro gli interventi militari dell’Occidente in Medio Oriente. Amaq News Agency, un’agenzia di stampa collegata allo Stato Islamico, nel commentare l’azione scrisse il giorno dopo l’attentato che Masood aveva risposto all’appello dell’ISIS di attaccare i cittadini dei Paesi che combattono contro il Califfato.
(Nel tondo Khalid Masood, l’attentatore di Westminster)
L’attentato di Manchester sembra essere stato compiuto da un terrorista che ha agito in modo più sofisticato rispetto a Khalid Masood. La bomba che ha ucciso e ferito tante persone conteneva, secondo le prime notizie, centinaia di chiodi per ampliare, grazie all’effetto shrapnel, la sua portata distruttiva in un luogo chiuso e in un momento scelto con cura, mentre gli spettatori si affollavano all’uscita alla fine del concerto.
Gli attentati del 2005 a Londra
Se l’attentato di Westminster ha visto all’opera un “artigiano del terrore” che, privo di conoscenze tecniche in fatto di esplosivi, ha colpito con un’automobile e con un coltello, quello di ieri a Manchester richiama per modalità e portata dell’azione gli attentati che insanguinarono Londra nell’estate del 2005.
(Londra, 7 luglio 2005: uno dei luoghi degli attentati kamikaze vicino Russell Square)
Il 7 luglio del 2005, intorno alle 9 del mattino, dunque nell’ora di punta, quattro attentatori suicidi colpirono tre linee dell’affollata metropolitana di Londra e un autobus, uccidendo 52 persone e ferendone oltre 700. I quattro attentatori, tutti cittadini britannici di origine pakistana, erano armati di zainetti carichi di esplosivo e provenivano da Leeds. Anche se in un primo momento le autorità pensarono che gli attentati fossero opera di Al Qaeda – che al tempo era ancora potente e pericolosa – le indagini degli anni successivi dimostrarono che gli attentati del 7 luglio non erano ascrivibili al terrorismo internazionale, ma dovevano essere considerati come una nuova forma di terrorismo “interno”, che vedeva in azione giovani inglesi aderenti all’Islam radicale perché insofferenti nei confronti di una società che li emarginava sul piano economico e sociale e che identificavano il Jihad più come una lotta di classe che come una battaglia religiosa.
Dopo il 7 luglio 2005, le autorità britanniche hanno compreso la portata del problema e hanno adottato misure efficaci di prevenzione e di sicurezza ma anche misure di iniziativa politico-sociale incisive che hanno rasserenato il clima interno e contribuito, tra l’altro, alla storica elezione di Sadiq Khan, un islamico di origini pakistane, a sindaco di Londra nel 2016.
Dove hanno sbagliato i servizi segreti britannici?
In questi anni, il Servizio di Sicurezza e la Special Branch di Scotland Yard hanno concentrato i loro sforzi in direzione delle comunità islamiche grazie all’ausilio di centinaia di giovani di origini asiatiche o mediorientali, assunti come agenti segreti o poliziotti e impiegati nell’infiltrazione e nel controllo di tutte le sacche di radicalismo presenti nel tessuto sociale inglese.
(I primi rilevamenti sul luogo dell’attentato a Manchester del 22 maggio)
L’opera di prevenzione ha avuto indubbiamente successo se per anni, dopo il 2005, il Regno Unito è stato tenuto al riparo dal terrorismo organizzato. Anche l’attentato del 22 maggio del 2013, quando a Londra due giovani islamisti di origine nigeriana – poi catturati e condannati all’ergastolo – assassinarono in strada a colpi di coltello un soldato di passaggio, non suscitò particolare allarme per il suo carattere di azione criminale “spontanea” e improvvisata, in tutto simile a quella compiuta poi con altri mezzi da Khalid Masood a Westminster.
L’attentato di ieri a Manchester, rispetto a questi ultimi due episodi, è tutta un’altra storia. Questa notte ha agito un attentatore dotato di uno strumento sofisticato e disposto al martirio. Si tratta di un’azione che ricorda, almeno sul piano qualitativo, le esplosioni a catena di di Londra del 2005 e, pertanto, richiede l’adozione di strategie di contrasto aggiornate e rinnovate nei confronti di una minaccia che continua a provenire dall’interno della società inglese, dalla sua componente islamica che, anche se probabilmente in minima percentuale, continua a sentire il richiamo del Jihad.
Fonte: http://www.lookoutnews.it/manchester-attentato-kamikaze-terrorismo/
Commenti recenti