Non sarà un leghismo rovesciato a salvare il Sud
di RAFFAELE NIGRO
Mi lascia molto perplesso la decisione del consiglio regionale della Puglia di dare vita, a partire dal 13 febbraio del prossimo anno, a una giornata della memoria per riflettere e piangere sui morti delle guerre postunitarie.
Mi chiedo anzi perché solo questi? Sono morti privilegiati? Perché non hanno votato tante altre giornate della memoria? Penso ai romani sconquassati dai barbari, ai longobardi sventrati dai franchi, a una settimana tutta federiciana, per ricordare gli eccidi degli angioini sugli svevi, e poi agli eccidi spagnoli sui francesi e ancora ai molti eccidi napoleonici in tutte le nazioni dell’Europa, agli eccidi di gente di colore perpetrati nelle terre dell’Africa dai conquistatori del Portogallo, della Spagna, dell’Inghilterra, della Francia.
E perché non una giornata dedicata a De Deo, Ciaia, Pagano e compagnia bella, martirizzati dai Borbone e dal cardinale Ruffo? O a Fra Diavolo e i suoi contadini trucidati dai francesi? Come si fa con i morti di foiba e con gli ebrei e non ancora con gli zingari o con gli stessi fascisti? Ma cos’è quest’aria revanscista e reazionaria che respiriamo da almeno vent’anni e che ha portato il Sud a reagire alla violenza del leghismo con un leghismo all’incontrario?
Come si fa a stare dietro a passioni sanguinarie e disgregatrici che vorrebbero passare per pacifiste e creare la Nazione Napoletana o delle Due Sicilie, col ritorno al carlino e al tornese? A vedere Gomorra e a sentire l’esaltazione involontaria che Saviano fa della camorra io non vorrei proprio stare con Napoli, con la cintura vesuviana, ma neppure con Palermo che uccide i magistrati e con Reggio Calabria che favorisce rapimenti e ammazzamenti e impedisce alla Calabria di fiorire. Che razza di sub-nazione sarebbe questa?
Penso talvolta al portento della ferrovia Napoli-Portici, alle seterie del napoletano di cui straparlano i neoborbonici. Poi guardo alla ferrovia Ionica che da Taranto zoppica verso Cosenza, alla statale moribonda Bari-Matera, ai Sassi, alla Salerno-Reggio, alla BariNapoli dove si va a 80 all’ora nei tratti rettilinei. Che disastri!
È questa l’Italia che abbiamo ereditato dal Regno di Napoli? Leggetevi Cesare Malpica, Lear, Lenormant, Norman Douglas e inorridite. Leggetevi il mondo meridionale narrato da Verga e Capuana e in tempi recenti da Fiore, da Levi, da Nitti, Fortunato e Salvemini. Che spavento! Con un 85 per cento di analfabeti! È questo il ricordo del regno che tanto magnificano i gruppi neoborbonici?
Eppure io ho amato le questioni banditesche e ho spiegato il banditismo romantico e quello politico. Sono storie che appartengono al cimitero del tempo. Ve la sentireste di creare una giornata per Bin Laden? Per l’Isis? Eppure hanno nel cuore ragioni politiche. Spesso bisogna avere la forza di far calmare i venti, di far depositare la sabbia, di tacitare le violenze per costruire un futuro di armonia.
Tuttavia, in una qualche nazione separatista io non potrei vivere. Non potrei senza la cultura di questi paesi del Sud, nonostante mi portino spavento, perché la storia di cui sono portatori, le loro tradizioni sono entrate nel mio patrimonio genetico. E mi chiedo basterebbe una giornata dedicata ai morti di mafia e di camorra per risolvere questioni antiche? Che me ne faccio di queste commemorazioni, che ormai servono solo a mettere in pace la nostra coscienza e a creare una retorica del commemorare? E soprattutto, che ne faccio se danno vita a sentimenti di violenza?
Le giornate della memoria devono servire a fare chiarezza e a perpetuare il ricordo di avvenimenti che offendono il genere umano per migliorare gli uomini, ma non devono creare altre forme di odio, risvegli di antipatie sopite, ansie di separazione, di disgregazione. Neppure condivise da molti. Fu la ragione per cui si tennero secretati gli archivi del Ministero dell’Interno e li si è aperti solo negli ultimi vent’anni. Perché abbiamo bisogno di quiete, in questo Paese diventato sanguinario e che non guarda al futuro.
In quanto alle guerre postunitarie ci fu quel che ci fu, carognate da parte dell’esercito conquistatore e da parte dei briganti, ma bisogna ricordare che i movimenti di conquista producono dovunque azioni di ribellione. Cinquant’anni prima delle guerre di Unità, in Piemonte i contadini trovarono in Maso della Spinetta un capomassa che li difese per qualche anno contro gli invasori francesi. Dovrebbe il Piemonte rinfocolare l’odio antifrancese? Chiedere Nizza la Savoia e la Corsica? Dovremmo restituire il Lombardo Veneto all’Austria. O fomentare la nascita di giorni della memoria in Austria per la perdita di tante terre e di tanti popoli in alt’Italia?
Ma un conto è avviare uno studio sulle ragioni che portarono ad azioni rivoltose e ai risultati di quelle azioni, un altro è dare corso a un movimento politico che vada a scavare i morti per abbeverare il vampirismo dei moderni. Anzi di alcune frange. È questo vampirismo che non amo nella riflessione del mio amico Pino Aprile, la sua voglia di scavare per accendere gli animi di chi non intende costruire verso l’unificazione ma rema per spaccare.
Io non vorrei rinunciare a Roma Venezia Milano Torino Firenze. Mio nonno si prese due pallottole sul Carso per difendere la loro appartenenza al mio paese. Rispettarne la memoria e il sacrificio è fondamentale per me. Se penso a una nazione meridionale, guidata da certi politici che hanno figliato le nostre regioni, con la loro formazione baronale e arcaica, io ho paura. Più di quanto ne ho di fronte all’oligarchia governativa di questi anni e all’anarchismo scervellato di chi li contrasta.
E in questa divisione fomentata dagli antiunitari come si regoleranno i nostri giovani che attendono di essere maggiorenni per fuggire verso le città del Centro-Nord? Chi alzerà per primo muri alla maniera di Israele e della Palestina noi neoborbonici o loro, veterosavoiardi?
fonte: ilmattino.it, 12.8.2017
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