I sovranisti tra divulgazione e militanza politica

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6 risposte

  1. Vincenzo Cucinotta ha detto:

    Caro Stefano,

    e se il problema di un partito antieuro fosse di natura diversa da quella che tu tratteggi in questo articolo? Se non si trattasse di tempi più o meno adeguati a questa impresa?

    A me in verità sembra che sui tempi non si possa scherzare, ogni giorno che passa, un pezzo di competenze produttive dell'Italia sparisce, depauperando così la nostra nazione della cosa più preziosa, il know how. Questo aspetto mi preoccupa perfino di più dell'abbassamento delle condizioni di vita media delle famiglie italiane, come stiamo riducendo le capacità di spesa, nulla vieta che anche velocemente possiamo recuperare, ma guai se perdiamo la stessa capacità di produrre quanto ci serve, cioè la precondizione per disporre del necessario per vivere dignitosamente.

    Dicevo quindi che non possiamo aspettare di essere pronti, sono le condizioni storiche che impongono certi passaggi, non li possiamo scegliere noi.

    A me pare piuttosto che abbia poco senso costituire un partito antieuro, che risulterebbe troppo legato a condizioni del tutto contingenti e non avrebbe quindi un respiro di lunga durata. Nello stesso tempo, una parola d'ordine così correlata strettamente al momento storico, risulterebbe estremamente ambigua.

    In sostanza, due posizioni si confrontano nel movimento antieuro. Da un a parte, c'è chi ritiene che uscire dall'euro risolva ogni problema, ci consegni a un futuro radioso di prosperità economica. L'ARS sostiene la necessità anche di uscire dalla UE e si colloca in una posizone intermedia.

    L'altra posizione è invece di chi ritiene che stare nell'eurozona ci abbia esposto in modo particolarmente grave, si potrebbe dire legandoci mani e piedi, ad una crisi che tuttavia esiste indipendentemente dall'euro. Si tratta del problema del debito privato, quello delle grandi banche soprattutto di area anglosassone, che finora si è rivelata del tutto resistente alle terapie messe in atto dagli stati.

    Ecco, mi pare che il primo gruppo di antieuro ignori del tutto la natura della crisi globale, sollecitando appunto l'adozione anche da noi di quelle stesse politiche economiche che in quell'area, fonte stessa della crisi, sono state già ampiamente adottate, ma senza risolvere minimamente il problema delle insolvenze bancarie, riuscendo solo a postergare il problema.

    Come ho scritto proprio oggi sul mio blog, bisognerebbe preparare già dalle prossime elezioni europee una lista contro la globalizzazione, perchè il punto fondamentale sta lì, non nell'avere politiche più o meno espansive, ma nell'opporre alla dittatura della cupola finanziaria globale le sovranità nazionali. A mio parere, qualsiasi proposta politica che ignori questo che rappresenta il cuore del problema che abbiamo di fronte, è acqua fresca, non risolve alcunchè, magari serve all'Italia per entrare in crisi assieme agli USA invece di esserlo in anticipo come ci costringe l'ordine tedesco della UE, ma chiudere gli occhi di fronte al fatto che le questioni in gioco siano ben più ampie di una questione esclusivamente monetaria, credo sia un errore tragico.

    C'è un ulteriore aspetto che va considerato, se come io credo questa è uan crisi epocale del capitalismo, trovo criminale che di fronte all'opinione pubblica si minimizzi la svolta che siamo costretti a compiere facendo loro credere che basti cambiare elementi di dettaglio per superare la crisi. Abbiamo bisogno di una rivoluzione culturale, non di manovre da compiersi tra esperti nel chiuso di qualche organismo internazionale.

  2. stefano.dandrea ha detto:

    Caro Vincenzo,

    sebbene sotto il profilo teorico e dei valori io e te la pensiamo esattamente allo stesso modo (almeno a me così sembra), ci capiamo poco o non ci capiamo proprio quando parliamo di azione (politica).

    Tu vorresti di più, almeno al livello delle declamazioni, sotto il profilo delle proposte del partito (partito contrario alla globalizzazione tout court) e ti accontenteresti di meno nell'immediato (una semplice lista antiglobalizzazione per le europee).

    Trascuriamo per ora il primo profilo e quindi diamo per scontato che in questo momento storico, in Italia, sia il momento per la nascita di un forte partito antiglobalizzazione. Su questo punto torneremo in seguito. Per ora limitiamo il dialogo al secondo profilo. Ti chiedo di ipotizzare un percorso, perché io non ho davvero capito cosa proponi.

    Come si fa questa lista antiglobalizzazione? Dico come la si fa evitando fallimenti (altrimenti che la si fa a fare?) ma in modo da ottenere un dignitoso risultato che galvanizzi e attiri altro consenso. Allora come la si fa? Chi prende l'iniziativa? Chi sceglie i 72 candidati? Chi sceglie il linguaggio? Chi decide di escludere il termine signoraggio o di includerlo? Chi persuade i "perdenti" ad accettare un linguaggio che rifiutano. Chi sceglie le figure che appariranno in TV? Chi raccoglie le (e conta l'esistenza di) 5000 persone per ognuna delle cinque circoscrizioni, deputate a raccogliere le 30.000-35000 firme necessarie in ognuna delle cinque circoscrizioni? Chi scrive il programma addirittura antiglobalizzazione (e non solo no euro o no UE)? Chi si impegna a persuadere coloro che credono più opportuno (non giusto teoticamente ma opportuno politicamente, ossia praticamente) un programma no euro o no UE? Hai intenzione di perder tempo a convincere i partiti della sinistra radicale ad aderire alla lista antiglobalizzazione, quando non sono no UE e bocceranno un emendamento no euro che pure è stato proposto (per il congresso di Rifondazione)? Chi convince Bagnai e Borghi a partecipare? Chi convince Barnard? Chi convince i primi e il secondo a stare insieme? La lista nascerebbe da una unione di persone o di gruppi? Chi assicura che il gruppetto o i gruppetti dominanti non riescano ad eleggere i loro deputati e poi, forti del risultato abbandonino il progetto perché caotico e contraddittorio (ammesso che ilprogetto abbia possibilità di ottenere qualche risultato)? Come si assicura la disciplina di partito? Perché pensi che la costituzione di una lista elettorale per le europee sia la strada migliore per formare il partito antiglobalizzazione? Fammi capire. Io davvero non ho la più pallida idea di cosa parli quando proponi una lista antiglobalizzazione alle europee. Ti prego di scrivere, in risposta a questo mio commento, un progettino che dia almeno una vaga e preliminare risposta a questi e ad altri simili interrogativi, insomma un progetto preliminare.

     

  3. Vincenzo Cucinotta ha detto:

    Caro Stefano,

    grazie dell'interessante replica.

    In effetti, il programmino che mi chiedi di illustrare non esiste, ma ammetterai con me che i buoi devono stare davanti e non dietro il carro.

    Vedi, io credo che esista in Italia, ma forse è un problema che coinvolge un po' tutto l'occidente, una crisi di classe dirigente.

    Se guardo alle recenti elezioni politiche nazionali, vedo il M5S che ha conquistato alla sua prima uscita in questo tipo di elezioni, più di un quarto dei voti espressi, e ciò mi suggerisce che. in presenza di una totale sfiducia nella classe politica, la voglia di cambiamento c'è, non difetta nella gente comune. Se perfino il vuoto di proposta politica di un Grillo qualsiasi è in grado di aggregare tanti consensi, significa che la mobilità elettorale è forte.

    Tuttavia, un altro elemento è necessario per far fruttare questa generica disponibilità al cambiamento della gente, la definizione di una classe dirigente alternativa, in grado davvero di trasformare questa società.

    E' proprio da questo versante che dobbiamo nostro malgrado registrare un gravissimo deficit. Seppure studi teorici ce ne siano, seppure sarebbe possibile con uno sforzo collettivo dare concretezza ad idee non ancora sufficientemente organiche, manca il gradino intermedio, quella avanguardia che possa praticare quelle idee e farsi veicolo di diffusione. Manca perchè è difficile sfuggire al pensiero dominante, sopratuttto in un'epoca in cui si fugge dalle letture, dai momenti di riflessione solitaria che pure ci devono essere, ed invece prevale la presunzione di saperne abbastanza e sopratutto più degli altri solo perchè magari si legge la stampa regolarmente.

    Insomma, poche persone sono in grado di analizzare criticamente la realtà, e questi pochi tendono ad essere litigiosi e a non sapere fare squadra, sottovalutando l'importanza di avere momenti di mediazione e confronto collettivo.

    Riuscire a far uscire dall'apatia questo ceto intellettuale inerme e tendenzialmente omologato al pensiero dominante, è la scommessa più alta. Forse l'unica strategia è quella di buttarli in acqua, così che debbano imparare a nuotare subito per evitare di affogare.

    Nella presente contingenza, un pensatore solitario come me può soltanto lanciare un'iniziativa e vedere innazitutto se c'è consenso sulle idee di fondo e sugli obiettivi da conseguire. Il senso di questo proporre sta nel fatto che intanto il consenso sull'iniziativa è conditio sine qua non per organizzarne la realizzazione.

    Tu mi chiedi come io voglia organizzarla e con chi, come assicurarne il successo, ma immagino che sia un arteficio retorico, è evidente che per quello che sono, non sono in grado in alcun modo di costruire un'ipotesi organizzativa bella e pronta da consegnare ad eventuali partners.

    Tuttavia, perchè escludere che essa possa fungere da catalizzatore di collaborazioni, che ci sia chi più di me ha capacità e possibilità organizzative, che si manifesti una forza di aggregazione magari maggiore di quanto prevedibile a freddo?  

    Per la mia personale posizione, anche per motivazioni strettamente anagrafiche, temo che il mio ruolo in commedia difficilmente possa andare molto oltre una certa capacità che mi riconosco di analisi e proposta.

    Dopotutto, sono le idee che cambiano il mondo, ed io credo che ciò sia vero anche nel terzo millennio.

  4. stefano.dandrea ha detto:

    Vincenzo, condivido tutto ciò che mi hai scritto come risposta.

    Anche io fino a poco tempo fa mi consideravo un teorico solitario. Poi, in ragione del fatto che mi sono nati i figli, e certamente dell'età più giovane della tua, ho deciso di agire.

    La mia azione si è già trasformata in un'azione collettiva, oggi di quasi deucento persone (a parte i simpatizzanti e chi sta per entrare), però con due notizie fresche che annunciano entrate in gruppo. Bene, anche queste felici notizie che ovviamente attendevamo con gioia, pongono problemi, perché quando in un gruppo di duecento cominciano ad entrare quaranta persone in una provincia e trenta in un'altra, bisogna parlare con chiarezza. Avendo io previsto che il fenomeno potesse accadere e i rischi gravi che esso poteva comportare, in mancanza di una disciplina rigorosa, avevo inserito nell'atto costitutivo una clausola che prevede l'iscrizione soltanto di persone fisiche, non di collettivi o associazioni, clausola che fino ad ora ci ha fatto perdere alcune iscrizioni di persone che evidentemente non erano mature per l'ars. Quindi saranno necessarie lunghe chiacchierate (non trattative; non c'è niente da trattare) per accertare e far dichiarare che si entra nell'ARS in gruppo come somma di singole persone, che non c'è alcun "noi" all'interno dell'ARS, se non l'ARS stessa. Anche la provenienza dei due gruppi è molto diversa. Senza una forte disciplina e senza il pugno di ferro, quando qualcuno sgarra, un progetto come quello dell'ARS, ossia un progetto unitario, con linguaggio comune e non radicale nel senso di declamistico (siamo estremisti ma non fanatici), che implica rinunce (ci sono un paragrafo del progetto e un paragrafo del documento di analisi e proposte che impongono a tutti delle rinunce), non ha nessuna speranza di andare in porto.

    Quindi, oltre a una teoria dei contenuti (analisi e proposte) serve una teoria dell'organizzazione (dell'ARS) e una teoria dell'azione (dell'organizzazione, la quale agisce). Come vedi era necessario prevedere che alcuni gruppi volessero entrare come tali e porre una disciplina e prevedere espressamente che nell'ARS entra soltanto chi è capace di rinunciare a parte del suo pensiero e del suo linguaggio.

    La mia idea è che soltanto organizzazioni collettive come l'ARS si possano un giorno sedere attorno a un tavolo e dire: noi siamo presenti qua e qua. Poi sommare la radicazione territoriale in modo da coprire quasi tutto il territorio nazionale. Quindi assicurare che ogni gruppo è coeso e disciplinato, perché si è costruito con disciplina da un bel po' di tempo, nonché una rete di collegamenti territoriali. Infine aver prodotto in nuce una nuova classe dirigente, composta da persone che si sono impegnate con abnegazione, che hanno dedicato tempo alla costruzione del progetto quando sembrava un sogno visionario, che hanno dimostrato di saper parlare e capire testi complessi. A quel punto la lista elettorale ma anche una vera alleanza si fa in quarantotto ore. Per il partito serve altro: serve una chiara egemonia di uno o due gruppi; serve che la sorte voglia che i capi di questi due o tre gruppi abbiano uno spirito unitario e animo altruistico. E altro ancora.

    Come vedi, noi una teoria dell'organizzazione e una teoria dell'azione la possediamo, perché abbiamo riflettuto. Se siano rigorose e se siano migliorabili non lo so. Però noi ci crediamo e andiamo avanti. E ti assicuro che stanno dando risultati, molto maggiori di quelli che si vedono sulla rete: noi usiamo la rete per organizzarci, non per acquisire notorietà. A noi non interessa, per ora, il pubblico (la domanda) al quale rivolgere l'offerta politica, bensì creare l'offerta politica (idee, uomini, organizzazione, strategia dell'azione).

    Le porte sono aperte. Certamente tu potresti darci una mano sul territorio in cui vivi. In fondo, salvo quattro o cinque persone che stanno dando tutte se stesse, gli altri militanti, anche quelli che lavorano di più, stanno agendo nei loro territori, come è giusto e logico che avvenga.

  5. Abelli Valter ha detto:

    Mi permetto di parte al confronto sul tema: fare il partito subito o poi.

    Premetto di avere ,proprio di recente, dato la mia adesione ad ARS dopo aver percorso cammini diversi quali l' esperienza NOEURO.         

    Un partito antieuro ha già fatto la sua comparsa, NOEURO infatti si persento in varie competizioni elettorali da quella nazionale, regionale e locale conseguendo nel 2002 un consigliere regionale in Piemonte ed alcuni consiglieri comunali in alleanza con liste locali.

    Le ragioni che spinsero alla costituzione del partito, con assemblea costituente a Milano, furono le stesse oggi proposte da Vincenzo Cucinotta ma il risultato fu un sogno svanito perchè il cosidetto partito poteva contare su qualche centinaio di individualità, più o meno idealisti ardenti di passione, senza organizzazione territoriale e dovendo mendicare sostegni organizzativi da altri.

    Oggi scontiamo,come allora, un sentimento contro e non a favore per cui va costruito il passaggio di opinione da a favore per non ripetere l'errore del passato.

    La mia modestissima condivisione è con chi ritiene prioritario la creazione di una rete militante non solo impegnata a diffondere il messaggio ma capace di organizzare in positivo l'atteggiamento contro frutto  del contributo di persone come Bagnai, Borghi, Barnard, Fusaro ed altri.

    Chi divulga , siano essi persone o gruppi, tesi sovraniste sono ben accetti sta alla capacità di sintesi politica di ARS trasformare in consenso a favore l'atteggiamento contro.

    Chi sostiene la tesi della urgenza della costituzione in partito di ARS in realtà sostiene la necessità di essere presenti con la lista elettorale alle Europee, a me pare che le condizioni politico-organizzative non permettano ciò, credo invece che si potrebbe considerare la eventualità di presentare liste in alcune località laddove ci sia una organizzazione capace di sostenerle.

    Per uscire dagli ambiti delle conferenze ristrette e della rete,che vanno ovviamente sostenute con il massimo impegno possibile, si potrebbero immaginare iniziative in strada  con campagne a favore da definire quale una proposta di legge popolare o i Buoni di Scambio locali ( no Scec per intenderci).

    Iniziative di strada permetterebbero di poter accedere a mezzi di comunicazione locale che se non ostili sono sicuramente indifferenti.

  6. stefano.dandrea ha detto:

    Caro Valter,

    ferma la linea direttiva tracciata dal Comitato direttivo sulle modalità dellamilitanza, c'è un ampia autonomia locale. A Genova tra novembre e cicembre usciranno quattro volte, con modalità che ci hanno narrato nel comitato direttivo. Vedremo i risultati che dà. Personalmente sono molto curioso. In tutti i luoghi dove sono grandi o medie università bisogna ricorrere anche al vecchio volantinaggio.

    Sulle "campagne" ho qualche dubbio ma ne parleremo.

    A presto

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