Un'occhiata oltralpe
La Svizzera abolisce il cambio fisso con l’Euro e scoppia una bomba finanziaria. Tirando un’occhiata oltralpe la situazione appare critica per diversi motivi: la reazione dei mercati finanziari non si è fatta attendere e la Svizzera perde fino al 10% per poi recuperare chiudendo a -9%. Subito si fanno sentire le previsioni negative di questo, a prima vista, autogol della Banca Nazionale svizzera (SNB): -5% delle esportazioni, perdite nel settore turistico, crisi nera delle agenzie di cambio, calo del Pil dei catoni del 3%, senza contare che i 10 miliardi detenuti nelle casse e provenienti dalle evasioni fiscali italiane saranno incentivati al rimpatrio dall’apprezzamento del 15% che hanno ottenuto in un solo giorno (gli evasori aderendo al “volountary disclosure” potranno farli rientrare in Italia in guadagno, con buona pace di Renzi che se ne prenderà il merito). Questa ‘bomba’ porterà la Polonia e l’Ungheria a dover affrontare una crisi bancaria non indifferente a causa dei mutui che sono stati stipulati in franchi svizzeri (solo in Polonia il 50% dei mutui per acquisto di immobili sono in franchi, quindi oltre 35 miliardi) perché vedranno le rate schizzare alle stelle con aumento dei crediti insoluti. Anche la Deutsche Bank e Barclays hanno registrato perdite per oltre 100 milioni di dollari. Insomma un terremoto scatenato da un piccolo paese che fino a ieri era considerato il paradiso dei capitali. Perché quindi? Analizzando il motivo per il quale la Svizzera per tre anni ha mantenuto il floor all’1,20 sul cambio euro emerge l’esigenza di evitare un apprezzamento del franco, che avrebbe penalizzato le esportazioni; nello stesso tempo però, ha reso necessario la diminuzione del costo del denaro a livelli negativi (ad oggi -0,75). In realtà la SNB era consapevole che questa strategia poteva essere mantenuta per un tempo limitato; la Svizzera infatti ha continuato in questi tre anni a comprare euro e dollari e vendere franchi di conseguenza, mettendosi in pancia una pseudomoneta cioè l’euro, che svaluta da almeno sei mesi. Il surplus di euro e dollari li ha potuti acquistare stampando franchi ma a fronte di questo le banche si riempivano di moneta pericolosa e svalutata. Ad un certo punto ha detto stop!!! E lo ha potuto fare in piena autonomia. Un aspetto da non sottovalutare è che sottoscrivendo l’accordo fiscale con l’Italia, nonostante la possibile futura fuoriuscita dei capitali, ha ottenuto anche l’autorizzazione per le banche elvetiche di operare nel nostro paese. Avrà sicuramente una diminuzione delle esportazioni ma solo in area euro perché in realtà con il dollaro non ci saranno diminuzioni sostanziali e non riguarderanno i beni di lusso. Greenwood massimo economista di Invesco, definisce la Svizzera riferendosi a questa decisione di sganciarsi dal cambio fisso: “un piccolo stato caratterizzato da un economia aperta che ha riaffermato la sua indipendenza”. E’ una dichiarazione che ha il sapore amaro per chi quell’indipendenza monetaria l’ha persa da tempo…… Ha confermato (semmai ce ne fosse bisogno) quanto sia importante per una nazione avere il controllo delle politiche monetarie per evitare il collasso economico. Lo stesso Greenwood spiega che mantenere il cambio fisso, finchè è servito, non ha comportato nessun costo per il paese perché la Svizzera ha potuto stampare i franchi necessari per acquistare gli eccessi di euro e dollari. Un esempio di come un paese pur essendo piccolo possa essere determinante grazie alla sua indipendenza, verso altri paesi molto più grandi anche economicamente, ma ingabbiati in un sistema sovranazionale che adesso sarà costretto suo malgrado, ad attuare manovre diverse in vista del Qe (quantitative easing): secondo una versione riferita dal settimanale tedesco “Der Spiegel” la banca centrale di ogni singolo Paese dovrà acquistare solo i titoli del proprio Paese con il limite del 20% del debito pubblico, proposto da Draghi, per non ridistribuire i rischi finanziari. Questa è un implicita accettazione della frammentazione dell’unione monetaria, proprio quello che la Bce ha cercato di ridurre negli ultimi due anni. “Sarebbe di fatto una dichiarazione – scrive Guntram Wolff, direttore della think tank di Bruxelles, Bruegel – che la Bce non può agire ed acquistare titoli di Stato come istituzione dell’area euro nell’interesse, e per conto, dell’intera area. Minerebbe gravemente la credibilità della Bce” (Il Sole 24 Ore ).
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