Ostia anno zero
di L’INTELLETTUALE DISSIDENTE (Flaminia Camilletti)
Ne raccontava Pasolini del degrado di Ostia, per poi morirci in quel misterioso 2 Novembre del 1975. Due bimbetti, la campagna del litorale, la pecorella Rosina legata ad un palo e ritrovata morta, fatta fuori per la cena. Una sceneggiatura cruda che tratta della miseria più vera, di due fratelli che finiscono ad ammazzare il padre ubriacone per poi uccidersi a causa della gelosia per una donna. Furtarelli e miseria. Ostia era così, prima dell’eroina, prima della mafia e prima degli Spada. Il litorale di Roma era questo. Era così, per una precisa volontà. La Mafia arriva sempre dove lo Stato vuole che arrivi.
Negli anni trenta Ostia aveva un mare pulito, le famiglie romane ci si bagnavano e ci si passava l’estate. Poi ci fu la guerra e in seguito nulla fu più come prima. Ostia e le sue campagne erano state prese di mira da quelli che poi passarono alla storia come i palazzinari di Roma.
Tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta la cementificazione compatta di Ostia Ponente vede la creazione di anonimi blocchi di edilizia economica e popolare e la proliferazione di edificazioni abusive nell’entroterra. Cemento, ma anche sabbia, con questa miscela furono costruite palazzine che oggi rischiano di crollare una ad una. A cominciare da quelle di Armellini, geometra e costruttore, scatenato e spericolato durante il boom economico getta letteralmente le fondamenta di quello che è destinato a diventare un impero immobiliare. Edifica in fretta e furia migliaia di appartamenti spesso con materiali di provenienza dubbia e al limite della legalità.
Lui è morto, annegato nel 1993 a causa di un arresto cardiaco, le sue case “di ricotta” come le chiamano tutt’oggi, sono ancora lì. Brutte e traballanti. Armellini era il tipo da realizzare un palazzone di nove piani in via Mantegna a Tor Marancia senza avere autorizzazioni, tanto poi con una semplice multa salata passava tutto. Non solo Armellini, tanti sono i costruttori ad aver speculato su Ostia creando delle vere e proprie favelas all’interno delle quali tra miseria e degrado, abbandonati da tutti, i clan cominciarono a formarsi. Non c’è da stupirsi poi se delinquenza e malaffare si siano mischiati alla politica, a Ostia come in altre periferie romane che hanno subito la stessa cementificazione senza scrupoli. Tor Sapienza, San Basilio, Roma 70, sono tantissime le periferie di Roma abbandonate ad una criminalità nata tra le mura di cemento alzate dai costruttori senza scrupoli negli anni sessanta.
I giornalisti parlano e scrivono dei clan, di Casapound e di tutti quei fatti che distolgono gli occhi da quella che è la vera realtà: gli artefici del declino di Ostia non sono né i fascisti del terzo millennio, né i clan mafiosi. Quelli, casomai, sono il frutto di un processo avviato da persone che oggi sono a capo di imperi editoriali, televisioni, sono politici di alto rango e miliardari finanziatori di campagne elettorali. Tutti seduti ai posti di potere, a capo di un Paese che sta sempre più affondando con un’opinione pubblica che mentre si intrattiene guardando Suburra e Gomorra, continua a credere sia tutta colpa dei fascisti.
Fonte: http://www.lintellettualedissidente.it/cartucce/ostia-anno-zero/
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