La nostra esperienza nelle elezioni regionali del Lazio
di STEFANO D’ANDREA
Venerdì 9 marzo abbiamo svolto un Comitato Direttivo allargato ai soci del Fronte Sovranista Italiano che si sono candidati nelle elezioni regionali del Lazio, per trarre insegnamenti dalla nostra prima esperienza elettorale a livello regionale con il progetto Riconquistare l’Italia.
Espongo brevemente tutto ciò che abbiamo appreso e che darà maggior forza ai tentativi di partecipare alle regionali, in almeno altre nove regioni, nel triennio 2018-2020.
Innanzitutto abbiamo avuto riscontri estremamente positivi sul nome e sul simbolo scelti, che sono piaciuti a tutti quelli con cui abbiamo avuto modo di parlare e confrontarci.
Abbiamo inoltre appurato quanti uomini servono per riuscire a raccogliere le sottoscrizioni necessarie per candidarci. Nel Lazio siamo stati capaci di raccogliere le sottoscrizioni necessarie in tre province su cinque. Se sapevamo, prima di iniziare, che in provincia di Frosinone non avevamo militanti, abbiamo dovuto constatare che in provincia di Latina le forze delle quali disponevamo erano insufficienti. Abbiamo poi scoperto che, che per due precise ragioni, le sottoscrizioni si raccolgono molto più facilmente in provincia che nelle grandi città. Tre persone con parenti ed amici sono state sufficienti a raccogliere quasi 1500 firme a Rieti. Otto militanti e simpatizzanti sono stati sufficienti a raccogliere quasi 1200 firme a Viterbo. Invece, una trentina di persone, con un non irrilevante aiuto fornito da soci extralaziali, hanno raccolto “soltanto” 2300 firme in provincia di Roma. Per fortuna che l’Italia, salvo pochissime eccezioni, è provincia.
Una volta candidati, ci interessava cercare di capire in che misura la par condicio avrebbe consentito di farci conoscere dagli elettori. Meno di quanto speravamo e credevamo, abbiamo scoperto. Ciò è stato, in parte non irrilevante, dovuto alla concomitanza delle elezioni politiche, che hanno sviato l’attenzione verso queste ultime e spinto molte tv locali o stazioni radiofoniche ad organizzare incontri con politici nazionali, anziché con i candidati alla presidenza della Regione. Inoltre, la sera andavano in onda trasmissioni dedicate alla politica nazionale, mentre il pomeriggio andavano in onda trasmissioni dedicate alle elezioni regionali. Questo inconveniente sarà attenuato nelle elezioni regionali del 2019, che si svolgeranno in concomitanza con le elezioni europee, generalmente meno seguite e che spingono al voto una percentuale sensibilmente più bassa di cittadini. In ogni caso, ferma la impossibilità di sapere quanti votanti laziali hanno ascoltato o letto almeno una frase del nostro candidato presidente o di uno dei nostri candidati, nessuno nella riunione di venerdì, calcolando tutti gli interventi televisivi e radiofonici, credeva che il numero potesse essere superiore a 300.000 e i più pensavano che non avevamo raggiunto i 200.000 elettori. Se così fosse, saremmo riusciti a parlare, almeno per un attimo, a meno di un decimo, o addirittura soltanto a un quindicesimo, dei votanti, che sono stati 3.181.235, con la conseguenza che i 4000 voti ideologici che abbiamo ottenuto (tra breve spiegherò da dove proviene questa cifra), corrispondono a una percentuale oscillante tra l’1,6% (ipotesi dei 300.000 votanti che hanno ascoltato o letto almeno una nostra frase) e il 2,4% (ipotesi dei 200.000 votanti che hanno ascoltato o letto almeno una nostra frase).
Il voto ideologico, raggiunto pressoché interamente grazie agli interventi televisivi, radiofonici o in incontri dal vivo del nostro candidato presidente Stefano Rosati – l’apporto della rete è stato quasi nullo; sono venute un paio di migliaia di persone sul sito riconquistarelitalia.it, per lo più a leggere l’articolo “Chi è Stefano Rosati” (e poi per fortuna molti altri) e i più sono venuti il giorno del suo intervento televisivo o radiofonico -, nonché grazie ad alcuni trafiletti sulla stampa cartacea, a qualche intervento sulla stampa online e al lavoro di persuasione svolto nella raccolta delle firme, ammonta ad oltre 4000 voti, perché i voti complessivi per il candidato presidente sono stati 4952, mentre le preferenze prese dai nostri 25 candidati (residenti nel Lazio) sono state 606.
La percentuale di voto ideologico raccolta tra chi ci ha conosciuto (intendo per voto ideologico anche il voto di stima per il nostro candidato presidente), tenuto conto della grande diffusione di una mentalità fortemente influenzata dall’idea assurda del voto (dell’)utile (idiota), non è bassa, anzi. Questo dato, sebbene ipotetico ma comunque non lontano dalla realtà, ci soddisfa. Invece è oggettivamente bassa la percentuale delle persone raggiunte grazie alle trasmissioni televisive e radiofoniche garantite dalla par condicio. Nelle prossime occasioni, nelle quali per fortuna non vi sarà concomitanza con le elezioni politiche, sarà perciò necessario annunciare la candidatura almeno sei mesi prima delle elezioni, cercare di inserire nelle liste tutti i candidati che la legge consente (i candidati reali nel Lazio, esclusi i riempi-lista provenienti da fuori regione o fuori provincia e necessari per integrare le quote rosa, erano soltanto 25, rispetto ai 50 astrattamente possibili), in modo da aumentare il voto personale, e avvalerci della stampa online, tanto diffusa nelle province italiane e accessibile da parte dei candidati.
Quest’ultimo profilo assume particolare rilevanza. Nelle province di Rieti e Viterbo siamo riusciti ad utilizzare un po’ questo mezzo di comunicazione e infatti, rispetto allo 0,14 della provincia di Roma, abbiamo ottenuto lo 0,45% e lo 0,25%, dunque il triplo e quasi il doppio in termini percentuali. Nella provincia di Roma non siamo riusciti ad utilizzarlo. Anche sotto questo profilo nelle prossime occasioni non dovremmo avere difficoltà ad utilizzare la stampa online, perché, per fortuna, l’Italia è in gran parte provincia.
Infine, va sottolineato che nel Lazio esiste un piccolissimo rapporto tra candidati ed elettori. Nella provincia di Rieti, che ha 156.000 cittadini, i candidati erano due e nella provincia di Viterbo, che ha 256.000 cittadini, i candidati erano (4 ma noi ne avevamo) 3. In Abruzzo, in province di 300.000-320.000 abitanti, avremo 7 o 8 candidati, dunque un numero di candidati per elettori circa doppio. Ciò significa che il voto personale generalmente nelle regionali conta di più rispetto alle regionali del Lazio (della Lombardia, della Sicilia, della Campania, della Puglia e del Veneto). Nel Trentino, dove ci candideremo ad ottobre, i votanti nelle Regionali del 2013 sono stati 248.828. La lista sarà composta massimo da 35 candidati ma noi ne candideremo 26 (il minimo) e in realtà una ventina (alcuni saranno riempi-lista), perché questi siamo. È agevole, perciò, ipotizzare che a ottobre potremmo passare dallo zerovirgola almeno all’unovirgola. Poi, nel 2019, in Abruzzo, dove siamo nati e abbiamo una sessantina di militanti – il doppio in valori assoluti, rispetto al Lazio (invece, in proporzione al numero degli abitanti nel Lazio, dovremmo essere quasi cinque volte di più) – dove abbiamo ottimi rapporti con la stampa online, dove stiamo lavorando da ottobre per cercare candidati ben distribuiti sul territorio e che possano prendere molti voti personali, dall’unovirgola, passeremo certamente al duevirgola e anche di più. Cominciamo a credere, inoltre, che nel 2019 ci candideremo sicuramente non soltanto in Emilia Romagna, dove abbiamo già una elevata percentuale di candidati rispetto al massimo consentito (e da tempo abbiamo raggiunto il minimo), ma anche in Piemonte, Calabria e Sardegna, dove abbiamo già raggiunto il numero minimo di candidati richiesto dalla legge, nel numero minimo consentito di circoscrizioni.
Aggiungo che candidarci, anche quando siamo debolissimi, come eravamo nel Lazio, serve a trovare ulteriori militanti e simpatizzanti, direi fino a raddoppiare. Sotto questo profilo l’esperienza laziale è stata molto positiva, essendo già entrati nuovi validissimi soci e avendo molti simpatizzanti con i quali stiamo parlando, spesso amici dei candidati consiglieri.
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