Sapevamo che a partire dal 4 marzo sarebbe stata solo una questione di giorni, e infatti le istituzioni europee hanno dato già inizio alla danza delle raccomandazioni.
Il 7 marzo Valdis Dombrovskis, il Vicepresidente della Commissione europea, ha sottolineato, nell’ambito della relazione sugli squilibri macroeconomici nell’UE, che:
Il debito italiano è il secondo più elevato dell’Ue e la produttività è bassa.
La Commissione si aspetta che il nuovo Governo prosegua nel percorso delle riforme, che ritengono ad oggi troppo “rallentato”. Perché ciò che conta è “non creare aspettative negative sui mercati”, mentre quelle dei cittadini possono pure andare deluse.
Ieri anche Mario Draghi non ha perso l’occasione di raccomandare alle istituzioni italiane, messaggio diretto a Mattarella, di dare vita celermente ad un nuovo Governo per “non minare la fiducia dei mercati”, e che sia capace di andare avanti con le riforme.
Il messaggio è sempre quello, a volte gridato, altre volte solo bisbigliato: nell’Unione europea le agende politiche devono prescindere dai programmi elettorali. Gli orientamenti degli elettori sono, agli occhi delle istituzioni europee, un fastidioso quanto superfluo esercizio di ricordo della democrazia.
Mattarella sta per dare il via alle consultazioni e non sappiamo la direzione di questa nuova fase della storia della nostra Repubblica. Siamo però consapevoli che, come i precedenti, anche il nuovo Governo avrà davanti il solito vecchio dogma che Draghi ha ricordato ieri:
La sostenibilità dei conti è la principale preoccupazione per i Paesi ad alto debito.
Ci auguriamo che i nuovi Parlamentari acquisiscano invece la consapevolezza che è la disoccupazione la principale preoccupazione per i Paesi che riducono il debito e che non sono monopolisti della valuta.
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