Ideologia gender, tra mito e realtà
di L’INTELLETTUALE DISSIDENTE (Emanuel Pietrobon)
Desmond Napoles è un bambino newyorkese di 10 anni, con un profilo Instagram seguito da oltre 36mila persone, che da due mesi ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica e della comunità lgbt+ mondiale grazie alla sua inventiva imprenditoriale. Desmond, a gennaio, ha infatti annunciato l’inizio dei lavori per l’apertura del primo club per bambini transgender, che dovrebbe chiamarsi “Haus of Amazing” e dovrebbe avere sede a New York. L’iniziativa di Desmond è rivoluzionaria, perché andrebbe a sdoganare ufficialmente la legittimità delle tendenze omosessuali tra i pre-adolescenti, aprendo ad una nuova stagione di lotte per i diritti omosessuali in stile Stonewall nella quale cui potrebbero entrare in gioco anche forze controverse come la North American Man/Boy Love Association (NAMBLA) – la più famosa organizzazione pro-pedofilia degli Stati Uniti e del mondo – e il circuito internazionale International Pedophile and Child Emancipation.
La più giovane icona del mondo lgbt+ ha dichiarato di aver manifestato tendenze omoerotiche e di travestitismo sin dall’età di 2 anni e di essere stato aiutato da sua madre Wendylou nel percorso che lo ha portato a comprendere ed accettare la sua natura omosessuale. La consapevolezza che nel mondo il coming out può essere un gesto capace di costare la vita, ha spinto Desmond sin dall’età di 6 anni a vivere attivamente la propria condizione e ad agire perché i suoi coetanei e i giovani in generale possano dichiararsi alla società senza subire ripercussioni. Dal giocare con le bambole al partecipare alla vita collettiva della comunità gay americana il passo è brevissimo: nel 2015, Desmond decide di partecipare all’annuale gay pride di New York come protagonista, non come spettatore, indossando abiti femminili e ballando in maniera provocatoria e sensuale; le sue movenze vengono riprese e diventano virali, consacrando quell’allora fanciullo sconosciuto nella futura icona della comunità gay occidentale.
Oggi Desmond è una celebrità: dirige tutorial sul make-up, è ospite delle principali serate organizzate dai gay club statunitensi ed è un personaggio pubblico con un folto seguito di etero ed omosessuali di ogni parte del mondo tanto da esser stato definito come la promessa del futuro degli Stati Uniti dal mostro sacro della comunità gay americana RuPaul. Il caso di questo bambino sacrificato sull’altare del capitalismo rosa è solo l’ultimo di tanti che da anni tengono banco e suscitano scalpore e interesse in Occidente, la patria degli studi di genere, sull’omosessualità ed il lesbismo maturati nell’ambito del postmodernismo francese, della sociologia decostruzionista, del post-strutturalismo e del pensiero neo-femminista sessantottino. Il mondo scientifico e accademico ha gradualmente abbandonato l’approccio anti-omosessualista, di cui Joseph Nicolosi con le sue ricerche sulle terapie di riorientamento sessuale è stato senza dubbio uno dei più importanti esponenti, per sposare tout court le teorie sul genere.
Gli studi di genere rappresentano oggi un importante e accreditato campo di ricerca nelle principali università occidentali, ed il loro costante approfondimento ha portato alla coniazione di neologismi come cisessualità, metrosessualità, polisessualità, pansessualità, pangender, binarismo di genere, agender e tanti altri. L’approccio della psichiatria e della psicologia alle questioni di genere non presenta però pareri unanimi in tutto l’Occidente. Mentre negli Stati Uniti avanza a gran velocità l’implementazione nella società e nella terapia delle scoperte effettuate dagli studiosi delle teorie gender e queer, in altri paesi i disturbi dell’identità di genere continuano ad essere trattati come dei problemi psichiatrici della sfera comportamentale necessari di cure e non di accondiscendenza.
Nel mondo occidentale è in corso una vera e propria battaglia che vede coinvolti in vari fronti studiosi e lobby della galassia liberal-progressista; i fautori dell’educazione alla sessualità e alla sensibilizzazione di genere sin dalla prima infanzia e i sostenitori dell’esistenza di una hidden agenda mirante all’omosessualizzazione e alla femminilizzazione dell’uomo occidentale, alla distruzione della famiglia tradizionale e alla trasformazione degli individui in semplici produttori/consumatori privi d’identità sessuali definite: in poche parole degli automi immersi in un contesto postcristiano e postumanista, edonisti schiavi del capitale. Le teorie del complotto sull’omosessualizzazione della società occidentale maturano durante gli anni ’90 nell’ambiente della destra religiosa, sia protestante che cattolica, e conservatrice americana, in reazione a pubblicazioni controverse come After the Ball di Marshall Kirk, The Homosexual Matrix di Clarence Tripp o The Homosexualization of America di Dennis Altman, sullo sfondo delle prime aperture del governo federale all’omosessualità, accompagnate da alcune sentenze della Corte Suprema.
La battaglia per la supremazia ideologica nell’impero americano è stata definita una guerra culturale, apparentemente vinta dal fronte lgbt+ con la sentenza Obergefell vs Hodges della Corte Suprema che ha elevato a diritto fondamentale il matrimonio tra persone dello stesso sesso, il cui riconoscimento è stato reso obbligatorio in ognuno degli stati federati; ma in occasione delle ultime elezioni presidenziali, la destra alternativa e quella religiosa si sono coalizzate fornendo un vastissimo bacino elettorale favorevole all’insediamento di Donald Trump, sotto la cui amministrazione sono state adottate alcune iniziative anti-gender tra cui l’annullamento di una direttiva della presidenza Obama riguardante la possibilità per gli studenti transgender delle scuole pubbliche di poter accedere a bagni e spogliatoi in base alla propria identificazione di genere – pena la privazione di fondi pubblici agli istituti trasgressori, e il divieto dell’arruolamento nelle forze armate per persone con disforia di genere.
Se le leggi adottate dai governi occidentali per favorire l’inclusione e l’accettazione sociale delle persone con disturbi d’identità di genere siano da intendere come una semplice estensione dei diritti più basilari a chi soffre di queste patologie o come parte di un complotto mirante agli obiettivi suscritti non è dato sapere, ma è impossibile ignorare quanto la propaganda genderista martelli in maniera costante ed assidua l’opinione pubblica e goda di ampio supporto nel mondo dello spettacolo e dell’intrattenimento – basti pensare alle recenti produzioni hollywoodiane e disneyane, additando di oscurantismo e bigottismo chiunque manifesti opinioni contrarie. Forse non esiste nessun complotto orchestrato da lobby liberali e gay transnazionali e la direzione naturale di una società avente come pilastro l’individuo e non la comunità dev’essere l’accettazione di ogni pretesa e desiderio rivendicato come diritto, ma alcuni recenti sviluppi danno adito a riflessioni.
In Canada, sotto la presidenza del progressista Justin Trudeau, la voce sesso sui passaporti è stata sostituita da genere e ai due generi tradizionali è stata affiancata la possibilità di sceglierne uno neutro; un passaggio dell’inno nazionale accusato di connotazioni maschiliste è stato cambiato, sostituendo “paese in cui tutti i tuoi figli comandano” in “paese in cui tutti noi comandiamo” e sono state fornite linee guida obbligatorie alle scuole pubbliche dell’Alberta da parte del governo federato riguardo l’educazione al genere e alla diversità sessuale che hanno spinto il vescovo Fred Henry a denunciare l’imposizione dell’ideologia di genere ai cittadini in una lettera intitolata Totalitarianism in Alberta; lettera che ha fatto il giro del mondo, mettendo in luce la deriva autoritaria di un governo ultraliberale a parole e dittatoriale a fatti.
La legge denunciata da don Henry poggia su un passaggio preciso: l’autoidentificazione quale unico metro dell’orientamento sessuale, dell’identità di genere e dell’espressione di genere individuale, pertanto agli studenti viene consentito di indossare indumenti del genere in cui si identificano, di utilizzare bagni e spogliatoi in base al proprio genere, è previsto il divieto di attività ricreative e sportive prevedenti separazioni in base al genere, i professori vengono obbligati a chiamare gli studenti con il nome o con il pronome preferito dallo studente transgender, facendo uso di pronomi neutri come ze, zir, hir, they, them.
Il progetto del governo Trudeau è di fare del Canada il primo paese totalmente gender neutral del mondo, e dell’inglese una lingua gender free. Il mese scorso, il primo ministro durante un comizio a Nanaimo (Columbia britannica) con i giovani dell’associazione di volontariato di stampo cattolico World Mission Society of God ha corretto una giovane che ha utilizzato il termine mankind per riferirsi all’umanità, spiegandole come fosse meglio dire peoplekind, poiché più inclusivo, ricevendo un grande applauso dai presenti.
Restando in Canada, è emblematico quanto accaduto allo psicologo Jordan Peterson, detrattore della proposta di modifica alla legge C-16 inerente la criminalizzazione delle discriminazioni di genere e dell’utilizzo di pronomi gender neutral come zhe, divenuto ostaggio di una feroce campagna denigratoria da parte dei colleghi e la cui libertà di espressione è continuamente minacciata da contro-comizi indetti da manifestanti lgbt+ per impedirgli di parlare e che spesso sfociano in violenze e scontri con le forze dell’ordine. L’mposizione di un’agenda gender-friendly non è solo una realtà del Nord America, riguarda l’intero Occidente, inteso come Europa continentale ed America Latina, e la guerra culturale – lungi dall’essere terminata, è in pieno svolgimento.
Fonte: http://www.lintellettualedissidente.it/societa/ideologia-gender-mito-realta/
Commenti recenti