Moldavia, Georgia, Lituania: tre voti e una sola lezione. Con o senza Russia
di TERMOMETRO GEOPOLITICO (Fulvio Scaglione)
Nelle ultime settimane si sono tenute elezioni di grande importanza in tre Paesi molto diversi tra loro ma, come vedremo, con qualche tratto non secondario in comune: Moldavia, Georgia e Lituania. In Moldavia erano due le chiamate elettorali: una per scegliere il nuovo presidente (o confermare quello in carica, la cinquantaduenne Maia Sandu), l’altra per accettare, via referendum, le modifiche alla Costituzione necessarie per proseguire il cammino di adesione all’Unione Europea che peraltro ha segnato una tappa importante nel giugno del 2022, quando la Moldavia ha ottenuto lo status di “Paese candidato”. In Georgia per rinnovare il Parlamento. E così pure in Lituania.
Paesi molto diversi tra loro, dicevamo. Tutti, però, titolari di una posizione geografica ad alto tasso strategico e di una relazione a dir poco controversa con la Russia. La Moldavia vive dai primi anni Novanta la (pseudo) secessione della Transnistria e, dal 2022, un lungo confine con l’Ucraina in guerra con Mosca. La Georgia, che con la Russia ha un confine lungo 723 chilometri, ha interrotto le relazioni diplomatiche con Mosca dalla guerra del 2008 ed è tuttora amputata del 10% del suo territorio delle (pseudo)secessioni dei filorussi dell’Abkhazia e dell’Ossetia del Nord. La Lituania si trova su un fronte che, in caso di escalation del conflitto in Ucraina o di un suo allargamento ai Paesi occidentali, potrebbe diventare caldissimo: quello dell’exclave russa di Kaliningrad. Senza dimenticare che proprio nella capitale Vilnius, tra l’11 e il 13 gennaio del 1991, le truppe sovietiche (era l’Urss di Gorbaciov) fecero 15 morti dopo la dichiarazione con cui il Paese proclamava la propria indipendenza. La prima strage del crollo sovietico.
Che cosa dunque è successo in questi tre Paesi? In Moldavia, per quanto riguarda le elezioni presidenziali, la presidente in carica Maia Sandu ha ottenuto il 42% dei voti ed è costretta ad andare al ballottaggio (che probabilmente vincerà) contro il candidato socialista Alexandr Stoianoglo (26%). Per quanto invece riguarda il referendum sull’Europa: è passato con il 50,31%, ovvero 13 mila voti di maggioranza. Dal punto di vista politico, una spaccatura netta: a far passare il referendum sono stati i voti dei moldavi che vivono all’estero, perché in tre delle quattro regioni della Moldavia vera e propria ha prevalso il no. In un caso, quello della ribelle Gagauzia, il voto pro-Europa ha raccolto solo il 5% dei consensi.
Veniamo alla Georgia: qui il partito di governo, Sogno georgiano, ha ottenuto il 54% dei voti mentre la coalizione delle opposizioni si è fermata al 37%. Le opposizioni, però, parlano di brogli (non confermati dagli osservatori dell’Ocse, che pure segnalano molti problemi) e rifiutano di riconoscere l’esito del voto, in questo spalleggiati dalla presidente Salome Zourabichvili (che ha parlato di “manovra della Russia” e ha convocato la piazza) e d molti Paesi occidentali. Anche qui l’analisi del voto è interessante: Sogno georgiano ha ottenuto solo il 17% del voto dei georgiani all’estero e non ha vinto in nessuna delle maggiori città del Paese, a partire dalla capitale Tbilisi. Però ha fatto incetta dei voti nelle periferie e nelle campagne.
Terzo caso, la Lituania: sui 141 seggi del Parlamento, 54 sono andati al Partito socialdemocratico lituano, che era all’opposizione, e solo 28 al partito finora di Governo, Unione della Patria – Democratici Cristiani di Lituania. In più, ottima performance di Alba di Nemunas, partito nazional-populista apertamente euroscettico. Anche qui, Parlamento frammentato e Paese spaccato: sia i socialdemocratici sia i populisti hanno raccolto i maggiori consensi nelle province, con un mandato a governare con maggiore attenzione verso i problemi interni e le questioni sociali.
Come si vede, una lezione unica da tre voti assai diversi: nessun Paese esprime un consenso unanime per le politiche finora attuate. E semmai, il maggior tasso di consenso si è avuto, in Georgia, per il partito, Sogno georgiano, che ha sempre espresso un forte sentimento europeista (e infatti la Georgia ha ottenuto lo status di “Paese candidato” alla Ue nel dicembre del 2023) ma che negli ultimi tempi, preoccupato per la possibilità di uno scenario di tipo ucraino, ha cercato di frenare la spinta verso Occidente. Naturalmente in questi casi la stampa nostrana, e molti politici locali, suonano la sirena del complotto russo. È certo possibile, anzi probabile, che il Cremlino sfrutti appoggi in loco per implementare politiche di sua convenienza. Però proviamo a guardarci intorno. La presidente moldava Maia Sandu è un’economista che ha studiato a Harvard e poi ha lavorato alla Banca Mondiale a Washington. Com’è come non è, appena tornata in patria (2012) è diventata ministro (Pubblica Istruzione, peraltro) e nel 2016 già candidata alla presidenza. A chi pare, questa, una carriera “normale”?
Ancor più clamoroso il caso della presidente georgiana Zourabishvili. Nata a Parigi, ha fatto carriera nel ministero degli Esteri e nei servizi d’intelligence francesi. Ha messo piede per la prima volta in Georgia, terra d’origine della sua famiglia, nel 1986, quando aveva 34 anni. Nel 2003 è stata nominata ambasciatrice di Francia in Georgia e nel 2004, dopo un super-rapido processo di naturalizzazione a opera dell’allora presidente Mikheil Saakashvili, diventa ministro degli Esteri della Georgia. Nel 2018, con il forte appoggio di Sogno georgiano, viene eletta alla presidenza. Vi pare che una presidente così possa fare la morale ad altri sulle influenze legittime o illegittime? Aggiungiamo un particolare: Saakashvili, il suo mentore, si era laureato a Kiev avendo come compagno di corso Petro Poroshenko, poi presidente dell’Ucraina, e aveva fatto lunghi studi negli Usa con una borsa di studio del Dipartimento di Stato americano.
Naturalmente ora per la Georgia si parla di brogli a favore di Sogno georgiano, per prima la Zourabishvili. Mentre non se ne parla proprio per la Moldavia dove, al referendum, i primi exit poll davano i pro-Europa indietro di 7 punti percentuali, risultato poi rovesciato dall’arrivo dei voti dall’estero. Per quelli tutto regolare? Tutto perfetto? Non doveva poi essere troppo difficile racimolare i 13 mila voti che hanno fatto la maggioranza… Anzi: è la stessa Sandu, che alle presidenziali non ha raccolto quanto si aspettava, a parlare di brogli e di 300 mila voti spariti. In un Paese dove lei è presidente e dove le elezioni le hanno organizzate i suoi uomini!
Al di là delle polemiche e dei sospetti, resta un fatto, evidente: in nessuno di questi Paesi il corso pro-Nato e pro-Europa raccoglie un consenso unanime. Esattamente come succedeva in Ucraina ai tempi dell’Euromaidan. Saranno le difficoltà economiche, le nostalgie del bel (brutto) tempo che fu, le spinte di questo o di quello. Ma la realtà è questa. Al posto di continuare a farfugliare di congiure e complotti, sarebbe intelligente chiedersi che cosa sta succedendo. Perché ciò che noi diamo per evidente, anzi scontato, e cioè che vivere nella Ue sia meglio che vivere nell’orbita russa, non è né evidente né scontato per milioni di persone. anche se abbiamo investito miliardi di euro per convincerli. Forse c’è qualcosa che non abbiamo capito, o qualcosa che dovremmo studiare meglio. Forse ci sono differenze che non possono essere superate, almeno per ora, solo sulla base di promesse di un futuro benessere. Chissà. La spiegazione è certo complessa. Ma colpisce la voglia di accontentarsi dei soliti discorsi, triti ritriti e pure ipocriti, e la scarsa voglia di studiare per capire. D’altra parte viviamo in un’Europa dove, a dar retta ai commentatori, l’ondata della destra si spiega con la coglioneria delle persone (milioni di persone), mentre le politiche di Von Der Leyen & C. non centrano nulla. quindi…
#TGP #Moldavia #Georgia
[Fonte: https://it.insideover.com/politica/moldavia-georgia-lituania-tre-voti-e-una-sola-lezione-con-o-senza-russia.html]
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