Georgia: le opposizioni non riconoscono il voto e chiedono aiuto a USA e UE
di L’INDIPENDENTE (Giorgia Audiello)
Non si placano le tensioni dopo le elezioni di domenica in Georgia, che hanno visto il partito di governo “Sogno Georgiano” riconfermarsi al potere con il 54% delle preferenze. Le opposizioni filo-europee contestano i risultati e ieri sera hanno chiamato a raccolta i propri sostenitori per contestare la rielezione del premier Irakli Kobakhidze. La manifestazione ha avuto ampia risonanza sui media occidentali, seppur non particolarmente di massa, mentre la presidente della Georgia, Salomé Zourabichvili, che fa capo all’opposizione, ha arringato la folla: «Non avete perso le elezioni. Il vostro voto è stato rubato e hanno cercato di rubare anche il vostro futuro». Dopo la richiesta di aiuto da parte delle opposizioni a USA e UE, quest’ultime insieme alla NATO hanno chiesto un’indagine completa su presunti brogli e irregolarità nel processo di voto e oggi la commissione elettorale centrale della Georgia ha dichiarato che riconterà le schede in circa il 14% dei seggi elettorali. Allo stesso tempo, Washington ha fatto sapere che prenderà provvedimenti più seri per rimettere Tbilisi sul sentiero “euro-atlantico” senza però specificare ulteriori dettagli.
I quattro principali partiti di opposizione (“Forte Georgia”, “Movimento Nazionale Unito”, “Coalizione per il cambiamento” e “Per la Georgia”) che hanno ottenuto seggi in parlamento, invece, hanno dichiarato di non riconoscere i risultati e che avrebbero boicottato l’aula.
Nonostante i media e i vertici delle istituzioni occidentali abbiano tentato di ritrarre le proteste come proteste di massa prospettando addirittura l’idea di una “rivolta europeista”, la presenza di alcune migliaia di persone alla manifestazione svoltasi ieri nella capitale georgiana, su una popolazione complessiva che conta più di tre milioni di abitanti, non mostra la compattezza del sentimento filoccidentale della Georgia, bensì conferma la profonda spaccatura del Paese, attestata anche dalla missione di osservazione congiunta dell’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell’OSCE, che parla di “divisioni politiche sempre più profonde”. Il piccolo Paese caucasico, infatti, è diviso tra una parte della popolazione che per tradizione storica, linguistica e culturale guarda alla Russia, e una parte, invece, che vede nell’Ue la speranza di un futuro migliore, all’insegna del benessere economico e del “progressismo culturale”.
Soffiare eccessivamente sul fuoco delle proteste, dunque, potrebbe essere il segnale di un tentativo di destabilizzazione della politica dell’ex Stato sovietico, essenziale per gli equilibri geopolitici nell’area del Caucaso. Ue e Stati Uniti, infatti, hanno come obiettivo quello di sottrare Tbilisi dalla sfera d’influenza russa, in una dinamica che richiama molto da vicino la strategia attuata in Ucraina e sfociata nelle proteste di Maidan del febbraio 2014. Del resto, come si legge in un articolo di Limes, «l’ex ambasciatrice di Francia a Tbilisi e discente di Zbigniew Brzezinski alla Columbia University [Salomé Zourabichvili, n.d.r] non è nuova al supporto morale di rivolte colorate», avendo ottenuto la cittadinanza georgiana in concomitanza alla rivoluzione delle rose del 2004. In questo contesto, non manca di certo il sostegno degli Stati Uniti con esplicite ingerenze nella politica dell’ex Stato sovietico: il portavoce del Dipartimento di Stato americano Matthew Miller ha asserito che Washington potrebbe prendere provvedimenti se il governo non ascolterà gli appelli a «tornare indietro dalle sue azioni antidemocratiche e a seguire il suo percorso euro-atlantico».
Più caute, invece, si sono mostrate inizialmente le cancellerie europee, invitando alla moderazione. Anche perché, lo stesso rapporto degli osservatori dell’Osce, pur denunciando il clima di tensione, lo squilibrio di risorse finanziarie tra i partiti e alcuni atti di intimidazione, non ha denunciato apertamente brogli sistematici. Né tantomeno vengono citate nel documento interferenze da parte dei servizi segreti russi (l’FSB) per modificare l’esito delle elezioni, come sostenuto, invece, dalla presidente Zourabichvili. Quest’ultima, infatti, ha definito il risultato una «operazione speciale russa». Da parte sua, il Cremlino ha respinto le accuse di interferenza elettorale, dichiarando che parti esterne stanno cercando di destabilizzare la Georgia. L’unico capo europeo ad aver riconosciuto la correttezza del voto è stato il primo ministro ungherese Viktor Orban, che si è recato oggi in Georgia congratulandosi con il suo omologo Irakli Kobakhidze e suscitando la reazione irritata degli altri Paesi europei.
Nella Nazione si erano già registrate negli scorsi mesi tensioni con Bruxelles che avevano rallentato il processo di adesione di Tbilisi all’Ue. Il governo dello Stato caucasico, infatti, è accusato dalle istituzioni europee di «tendenze autoritarie» per avere approvato la legge sugli agenti stranieri e una legge anti-LGBT. Nonostante l’esito delle elezioni e le controversie con Bruxelles, il partito al governo, “Sogno Georgiano” ha sempre sostenuto di voler aderire all’UE. Tuttavia, le politiche non in linea con il “valori europei” e i recenti risultati elettorali turbano non poco i vertici occidentali che non esitano a cavalcare l’onda delle proteste nella speranza di avvicinare sempre di più la Georgia alla sfera euroatlantica, allontanandola da Mosca. Una strategia collaudata che in passato ha portato alla destabilizzazione di Paesi strategici per l’egemonia atlantica.
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