Non è poi così difficile
di ALESSANDRO GILIOLI
Non essendo l’economia una scienza esatta, nessuno può dire con certezza quali saranno gli effetti reali della manovra, ammesso che il documento appena presentato poi diventi davvero legge finanziaria, e che passi senza stravolgimenti attraverso il Quirinale e l’Europa.
Voglio dire: considero con eguale stima – non necessariamente altissima, ma eguale – gli economisti che in questi giorni hanno previsto cataclismi con annessa miseria, carestia e sterilità; e quelli che invece hanno elogiato il documento per le possibili conseguenze in termini di ripresa dei consumi e di coesione sociale.
Certo è che una manovra così attenta ai ceti più bassi non si vedeva da decenni, forse da mai; il che qualche dubbio a sinistra dovrebbe porlo. Altrettanto certo è che non è una manovra redistributiva perché non redistribuisce un bel niente, non attacca i grandi patrimoni né le rendite finanziarie né le spese militari né semplicemente i redditi più alti, limitandosi a cercare di reintegrare un po’ dei “penultimi” facendo più debito.
E sia chiaro, fare debito non è un tabù (a parte che per Monti e i vessilliferi dell’austerità) ma (se non accompagnato da altre misure distributive) non è neppure una scelta per l’uno o l’altro blocco sociale. Si cerca di non scontentare nessuno, rinviando il problema ai posteri pur di non colpire nessuno, di tenersi buoni tutti. E non è un caso che, alla fine, Confindustria abbia festeggiato lo scampato pericolo, ringraziando la Lega.
Se promettete di non fraintendere, aggiungo che è una manovra che richiama alla mente molti pezzi dell’ideologia economica del fascismo, quello che riteneva superato lo scontro di classe in nome dell’unione produttiva e nazionale delle classi già contrapposte. Il fascismo che portò all’Inail e all’Inps, per capirci e per dirla a sommi capi. E anche allora la sinistra storica accoglieva con imbarazzo o difficoltà di lettura delle riforme sociali. Queste riforme sociali peraltro andarono sempre più diluendosi negli anni in una sostanziale perpetuazione o accentuazione dei privilegi delle classi dominanti.
Altrettanto complessa – se ci mettiamo fuori dalle tifoserie partitiche – è la lettura di questa politica economica, di questo cocktail emerso dal connubio di un partito che nasce a difesa dei giovani, dei precari e dei dimenticati con un altro partito che invece rappresenta limpidamente il laissez-faire dei detentori di capitali e gli interessi antisociali dei forti. Tendenza che in assenza di vere scelte probabilmente nel tempo prevarrà – come impostazione economica – proprio come avvenuto nel Ventennio.
È una lettura complessa ma non così complessa da non poter essere compresa, metabolizzata e spiegata.
Non così complessa da dover ridurre la sinistra alla difesa incondizionata dei dogmi a cui nei decenni si è piegata. E che una sinistra seria proporrebbe di superare più sistematicamente – altro che trincea accanto ai teoreti dell’austerità – e con una chiara visione degli obiettivi sociali complessivi, visione che dal connubio politico di cui sopra viene accuratamente evitata.
Fonte: http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2018/09/30/non-e-poi-cosi-difficile/
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