La Sinistra che tradisce
di QELSI (Leonardo Giordano)
Nell’attuale dibattito sulla crisi economica e sulle possibili soluzioni, spesso si è fatto riferimento al New Deal roosveltiano ma nella storia europea è possibile rinvenire analogie e similitudini con situazioni e contesti meno distanti e più prossimi alla storia del vecchio continente.
Nei primi anni ’30 l’Inghilterra, governata dal primo gabinetto a guida laburista (con Mac Donald premier) versava in una crisi economica grave quanto la nostra attuale crisi con una disoccupazione che nel dicembre 1929 era di 1.164.000 unità e che, nel dicembre 1930, giunse a 2.500.000 lavoratori. L’export britannico era repentinamente crollato, gli investimenti esteri, anche a causa del crollo di Wall Street e del “Venerdì Nero”, tendevano rapidamente a dissolversi.
Il governo a guida laburista cercava di fronteggiare questa crisi mutuando dal liberismo monetarista e “classico” sistemi e metodi che si rilevarono del tutto inadeguati mirando ad un astratto ed austero pareggio di bilancio; un po’ come fa l’attuale sinistra italiana. Il Cancelliere dello Scacchiere Snowden, dice il celebre storico britannico Alan John Percival Taylor, “credeva ciecamente che un bilancio equilibrato fosse il più gran contributo che un governo potesse dare al superamento della crisi.”
In questo contesto, tra le fila del partito laburista emergeva la figura di Sir Oswald Mosley il quale si fece latore di proposte radicalmente opposte a quelle di Snowden e poco digerite dal leader del suo partito Mac Donald. Tra queste proposte le più significative consistevano in un uso sistematico del credito per promuovere l’espansione, nel controllo pubblico sulle banche, in un intervento sulle pensioni per indurre un maggior numero di lavoratori a lasciare l’impiego a favore dei giovani disoccupati, in un commercio estero da tenere sotto controllo con l’uso di dazi doganali finalizzati a proteggere il mercato interno, nella direzione della politica industriale da parte dello stato, in forti incentivazioni ed innovazioni nell’agricoltura. Tutta questa serie di provvedimenti erano raggruppati in un documento che venne chiamato “Memorandum Mosley”. Charles Loch Mowat, autore di una ricca monografia sulla Gran Bretagna fra le due guerre così definiva Sir Oswald Mosley:<< Era ambizioso ma di idee chiare.>>
Alan J.P. Taylor invece così si esprimeva sulle idee contenute nel “Memorandum”:<< Queste idee erano al di là delle possibilità di comprensione di Thomas (il Ministro del Lavoro n.d.r). Esse erano un oltraggio a Snowden e ai sentimenti liberoscambisti che ancora indugiavano nel movimento laburista, un oltraggio quasi pari ai socialisti ortodossi […] E’ impossibile dire da dove Mosley derivasse le sue idee. Forse le inventò da sé. Se così , esse costituirono una realizzazione sorprendente, prova di un talento superlativo, destinato più tardi ad essere sprecato.>>
Mosley portò ai Comuni il suo “Memorandum” e, nonostante un discorso di grande respiro oratorio e di grande lucidità programmatica accompagnato da un’autentica ovazione, egli fu sconfitto. Rassegnò le dimissioni da Sottosegretario al Lavoro e dal Partito Laburista e successivamente con uno sparuto gruppo di 4 deputati (compresa la moglie) fondò il New Party da cui ebbe origine poi il Partito Fascista Britannico. Ancora Taylor chiosa:<< Il rifiuto del programma di Mosley da parte del partito laburista fu un evento decisivo, anche se negativo, nella storia inglese: fu il momento in cui il popolo britannico decise senza avvedersene, di rimanere nella via tradizionale. Le stesse forze che avevano reso la Gran Bretagna pacifica e stabile le impedirono di diventare il paese del New Deal.>>
Chiariamo: sia Mowat che Taylor erano due storici di rilievo, di ispirazione chiaramente laburista e di sinistra, quindi insospettabili di simpatie fasciste. La loro disamina di quelle vicende però, non solo rende giustizia ad una forte personalità del dibattito politico-economico di quegli anni nel paese della “perfida Albione”, anticipatore del New Deal roosveltiano; rivela altresì come la sinistra così detta democratica, di fronte alle grandi scelte cui talvolta è stata chiamata dalla Storia, preferisce accomodarsi nel salotto attiguo a quello dei liberisti e delle élites rinunciando alla tutela di quella che oggi noi definiamo “Sovranità popolare”.
Fonte: https://www.qelsi.it/2018/la-sinistra-che-tradisce/
Commenti recenti