L’intervista. Alain de Benoist: “L’ecologia ha una forza rivoluzionario-conservatrice”
di BARBADILLO (Nicolas Gauthier)
Con le dimissioni di Nicolas Hulot dal governo Macron, arriviamo a pensare che un ministro dell’ecologia sia in definitiva privo di valore, al punto da dimettersi dimettersi. Un’altra occasione mancata?
Alain de Benoist: “Possiamo incolpare di molte cose Nicolas Hulot, ma certamente non è accusabile di opportunismo. Non dirò tanto del suo successore, che mi sembra di avere una bocca ben addestrata per ingoiare i serpenti. Hulot non voleva essere un ministro, alla fine ha ceduto alle pressioni, e si p pentito. E se n’è andato. Ma lasciando ha detto la verità, e cioè che, nonostante tutte le sciocchezze che possono essere ascoltate sul “capitalismo verde” e “sviluppo sostenibile”, l’ecologia e l’economia obbediscono a logiche inconciliabili. L’ecologia non è compatibile con il capitalismo liberale né con la logica del profitto, perché è per il loro sfogo globale a cui dobbiamo tutto il degrado dell’ambiente che vediamo oggi. È qui che la parola di Bossuet dovrebbe essere citata su coloro che deplorano le conseguenze di cui amano le cause.
Da questo punto di vista, un ministro dell’Ecologia può essere solo un utile idiota dal momento che è figurativo. È lì per “rendere verde” l’immagine del governo per semplici scopi elettorali. Sono sicuro che, nel ruolo, François de Rugy farà miracoli. Infatti, finché non mettiamo in discussione l’ossessione per la crescita e il consumo, l’onnipotenza della merce, l’assiomatico dell’interesse e la follia del produttivismo, nulla fondamentalmente migliorerà”.
L’ecologia è vista male a destra mentre è conservatrice per natura, è nata proprio dalla destra. È colpa degli ambientalisti o della gente di destra?
“L’ecologia ha un lato conservatore e un lato rivoluzionario. È eminentemente conservatore in quanto cerca di salvaguardare la natura e proteggere l’equilibrio degli ecosistemi. Ma è rivoluzionaria in quanto è abbastanza lucida da osservare che non invertiremo la tendenza attuale con misure cosmetiche. E’ il paradigma generale che deve essere cambiato. Questo aspetto può solo, ovviamente, scandalizzare i liberali e, in generale, tutti quelli che pensano che il mondo possa morire finché l’esistenza umana rimane governata dai valori di mercato e noi continuiamo a obbedire alle “leggi dell’economia”. “Fiat economia, e pereat mundus”!
Tuttavia, non dobbiamo avere gli occhi aperti per non vedere ciò che vediamo oggi: l’inquinamento che continua a diffondersi, l’esaurimento delle riserve naturali, la disgregazione del clima, il avvelenamento di suolo, aria e acqua. Il dramma è che le persone di destra spesso pensano che a preoccuparsi del destino del pianeta sia il “mondialismo” (sì, l’inquinamento non si ferma ai confini!). Come amano contestare discorsi ufficiali, contestano persino quando ci sono le prove. Gli scettici climatici sono, a questo proposito, i migliori alleati delle multinazionali che distruggono la Terra. Confondono il tempo e il clima e credono che non valga la pena preoccuparsi del cambiamento climatico poiché “è naturale” (come tornado e terremoti!). Mi fanno pensare ai surrealisti, che sostenevano il “non-conformismo” che due più due potevano fare qualsiasi cosa, ma non quattro.
Gli esponenti della destra, inoltre, sanno molto poco del pensiero ambientale. Immaginano che l’ecologia sia rappresentata dai “partiti verdi” liberali-libertari, che non hanno cessato le alleanze con i partiti produttivisti e le cui affermazioni sono solo lontanamente vicine all’ecologia. Senza tornare a Haeckel, la filosofia dell’ambientalismo non ha contaminato le menti, restano distanti i pensieri degli eredi di Günther Anders e Aldo Leopold, quelli di Murray Bookchin, André Gorz e Vittorio Hösle, dell’ecologia profonda di Arnes Naess o i grandi teorici come Holmes Rolston III o John Baird Callicott. In Francia, molti hanno persino dimenticato la vena che, da Giono, Bernard Charbonneau e Jacques Ellul, conduce a François Partant e Serge Latouche”.
Per alcuni ambientalisti, tutte le specie viventi hanno il diritto di vivere in un ambiente naturale, con l’eccezione della persone sulla Terra, che devono accettare l’occupazione del proprio territorio da parte di persone da altrove. L’ecologia non è in grado di comprendere gli effetti dell’immigrazione di massa?
“Gli altermondialisti sono per la maggior parte incapaci, ma sono lontani dal rappresentare tutta l’ecologia politica. Leggi, ad esempio, il bellissimo libro di Antoine Waechter e Fabien Niezgoda, The Meaning of Political Ecology. Una visione oltre la destra e la sinistra (Sang de la Terre Publishing, 2018) che fa parte della tradizione naturalistica di Robert Hainard. Ma di contro, coloro che credono che la questione dell’identità releghi l’ecologia sullo sfondo (come se non si potesse essere preoccupati per l’ecologia e l’immigrazione allo stesso tempo!) si sbagliano di grosso. Tanto più che bisogna essere davvero ingenui per immaginare che il cambiamento climatico, la scomparsa di colture alimentari, la deforestazione, l’esaurimento del suolo e delle falde acquifere non avranno alcun effetto sulle ondate migratorie. Quando il pianeta diventa inabitabile per tutti, e gli oceani contengono più plastica del pesce, le dichiarazioni di identità non avranno più molto senso. L’ecologia non è un discorso decorativo più di quanto la natura sia la semplice impostazione delle nostre vite. È la condizione sistemica del mantenimento della vita”.
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