Quelle incertezze dell’Italia tra l’Egitto e l’Arabia Saudita
di GLI OCCHI DELLA GUERRA (Andrea Muratore)
L’approccio del governo Conte al Mediterraneo e al Medio Oriente è destinato a conoscere nelle prossime settimane delle sfide chiave, dovendo misurarsi con il nodo delle relazioni con l’Egitto e l’Arabia Saudita.
Con i due Paesi arabi, infatti, sono sorti nelle ultime settimane diversi motivi di contenzioso. Tra Roma e Il Cairo continua a pesare fortemente il caso dell’omicidio di Giulio Regeni. Il Parlamento egiziano ha espresso – in una nota – “grande sorpresa e rammarico” per la “scelta ingiustificata” del Presidente della Camera dei deputati, Roberto Fico, di interrompere le relazioni con l’Egitto a causa delle accuse di “scarsa collaborazione” nella ricerca della verità.
“Una scelta ingiustificata ancora di più se si considera che arriva dopo l’incontro tra le magistrature dei due Paesi, in cui è stata confermare la collaborazione sul caso”. I deputati egiziani sottolineano che “le indagini procedono in modo costruttivo, così come la collaborazione tra i due Paesi”, scrive Rai News, e che la mossa di Fico rischia di essere un boomerang per i rapporti tra i due Paesi.
Un Paese può avere una e una sola politica estera, ed è compito del governo dettarne l’indirizzo ma, come vedremo, la mossa di Fico ha rappresentato una fuga in avanti non indifferente. Nel governo Conte agita le acque anche la questione saudita: i Cinque Stelle presentare martedì prossimo alla Commissione Affari Esteri della Camera una risoluzione sulla guerra in Yemen che chiede un embargo europeo contro l’Arabia Saudita e i Paesi della coalizione. Una posizione che da mesi trova il favore del Partito democratico e in Commissione può dar vita a un’inedita maggioranza Pd-M5S contro la Lega, che complice anche il riavvicinamento israelo-saudita non vuole tagliare la faccia all’alleato del Golfo (esprimendosi addirittura a favore dello svolgimento in Arabia Saudita della Supercoppa italiana di calcio).
La relazione a tutto campo tra Italia e Egitto
Nei mesi scorsi l’Egitto è stato centrale nella strategia diplomatica italiana nel Mediterraneo: Matteo Salvini, Enzo Moavero Milanesi e Luigi Di Maio si sono recati in visita nel Paese, mentre in seguito Giuseppe Conte ha ricevuto una sponda di grande valore dal presidente al-Sisi, che ha presenziato alla conferenza di Palermo sulla Libia.
La verità sul caso Regeni rappresenta un obiettivo imprescindibile per il nostro Paese, ma essa potrà essere ottenuta solo nel contesto di una piena sintonia diplomatica con Il Cairo, e non a seguito di rotture unilaterali. Perché le relazioni italo-egiziane, inoltre, coprono uno spettro ben più ampio e includono, tra le altre cose, un interscambio da 3 miliardi di dollari.
“L’Italia non può realmente sospendere le relazioni con l’Egitto, perché in questo momento i nostri interessi comuni sono piuttosto sovrapposti. C’è per esempio l’Eni che opera sui pozzi egiziani nel Mediterraneo orientale, o ancora la Libia: noi ci stiamo muovendo piano piano, senza mai mollare i progetti onusiani, verso il generale dell’Est libico Khalifa Haftar, che è un uomo dell’Egitto”, ha spiegato a Formiche l’ex Capo di Stato Maggiore Mario Arpino. I dossier sul terreno sono numerosi, e in questo contesto Eni ha un ruolo fondamentale: basti pensare alle prospettive che apre all’Italia la scoperta del megagiacimento di gas offshore Zohr.
E ad Arpino fa eco il collega generale Carlo Jean, che individua con precisione l’attore che più potrebbe sfruttare le incertezze italiane: ““Dobbiamo ricordarci che queste debolezze creano dei vuoti, e ogni volta che creiamo dei vuoti nel Mediterraneo, la Francia, alleata, amica e concorrente spietata, cerca di occuparli”.
Il braccio di ferro nella maggioranza sulle relazioni coi sauditi
Alla questione dei rapporti con l’Egitto si sovrappone quella delle relazioni italo-saudite. Arpino avverte che non si può giocare contemporaneamente contro Il Cairo e Riad per precise ragioni geopolitiche: “L’Egitto è un paese che ha problemi con l’Arabia Saudita in questo momento. Il Cairo compete con Riad per diventare il principale polo d’attrazione per il mondo arabo, e forse cerca sponde: se l’Italia dovesse decidere pubblicamente sull’interruzione delle forniture militari ai sauditi, allora gli egiziani avrebbe quella sponda contro il regno del Golfo”.
Una prospettiva per ora non realizzabile a causa delle tensioni italo-egiziane, ma che apre a una chiave di lettura interessante: ogni scostamento da Riad per motivazioni di etica politica dovrà trovare un bilanciamento geopolitico per risultare sostenibile sul lungo periodo. Una media potenza come l’Italia deve pesare attentamente tutte le variabili. Bettino Craxi, ad esempio, nel 1985 non ebbe remore nel denunciare davanti al Congresso di Washington i crimini della dittatura di Augusto Pinochet in Cile, ma potè permettersi di farlo a causa del radicamento dell’influenza italiana in America Latina e, al tempo stesso, della sintonia con gli Usa su altri dossier rilevanti.
E toccando casa Saud l’Italia si infilerebbe in un ginepraio intricato, cozzando con uno dei principali alleati degli Stati Uniti in Medio Oriente in una fase che non ha ancora visto Roma definire la sua posizione verso l’Iran. Paradossalmente, principale ambasciatore della causa saudita in Italia è la Lega, partito che a più riprese ha definito l’islam una minaccia per l’Occidente ma non ha remore a definire alleato dell’Italia lo Stato che più di ogni altro si è reso promotore della diffusione del radicalismo islamista nel mondo. Se questo sia frutto di un calcolo strategico o mero prodotto dell’inerzia, non è dato sapersi. Il primo, del resto, è necessariamente legato a una lucida visione delle relazioni internazionali che è merce rara nelle classi dirigenti italiane contemporanee.
Fonte: http://www.occhidellaguerra.it/quelle-incertezze-dellitalia-legitto-larabia-saudita/
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