La scuola secondo il Corriere: insulti al sud e studenti come pollame da batteria
di CRITICA SCIENTIFICA (Enzo Pennetta)
Sul Corriere un articolo del bocconiano Andrea Ichino che insulta i docenti del meridione e propone un sistema scolastico da zootecnia.
Il concetto di economia e quello di scuola vanno insieme, ed entrambi dipendono dal concetto di essere umano.
Se ce ne fosse stato bisogno abbiamo ancora un esempio di come la visione antropologica detti quella economica e queste due insieme tutte gli altri aspetti della società. Non a caso è un economista (bocconiano) che sulle colonne del Corriere del 28 novembre in “L’esame di maturità? Capire chi è bravo aiuta il Paese a crescere” detta al mondo della scuola le condizioni in cui questa dovrebbe funzionare ma ancor prima stabilisce cosa essa dovrebbe essere. L’oggetto dell’articolo è l’esame di maturità che, con il pretesto delle buone intenzioni, su una ovvia richiesta di equità, secondo l’articolista dovrebbe essere snaturato e con esso il concetto di formazione, per fare questo il primo passo indicato nell’articolo è quello di mostrare un sistema iniquo gettando fango indistintamente su tutte le scuole del sud Italia:
Dalla nuova maturità il governo gialloverde ha rimosso, anche solo come requisito per l’ammissione, ogni prova Invalsi. Il motivo è chiaro: conquistare il supporto politico dei bacini d’utenza delle scuole italiane che, soprattutto al sud, regalano i voti ai loro studenti
Si parte dunque dal presupposto che al sud esista la pratica di “regalare” i voti, come se le università del nord non avessero tra i loro studenti una forte componente di meridionali che, nel caso avessero avuto i voti regalati, non dovrebbero riuscire a compiere gli studi.
Ma andiamo a vedere quale sarebbe secondo l’autore il modo per rendere più eque le valutazioni:
L’esame di maturità cambia ancora, purtroppo sempre in peggio. È un esame che dovrebbe consentire di confrontare tra loro gli studenti indipendentemente dalla scuola frequentata e separatamente per ciascuna delle materie. Così accade all’estero ma non in Italia.
E non accadrà con la nuova maturità dalla quale il governo gialloverde ha rimosso, anche solo come requisito per l’ammissione, ogni prova Invalsi.
Il motivo è chiaro: conquistare il supporto politico dei bacini d’utenza delle scuole italiane che, soprattutto al sud, regalano i voti ai loro studenti. Non si capisce come mai non protestino gli elettori della Lega nel Nordest, i cui figli hanno i migliori risultati del Paese nelle prove standardizzate Invalsi e Pisa, ma voti di maturità mediamente inferiori a quelli dei ragazzi di altre regioni.
Dopo un immancabile accenno di esterofilia o meglio di autorazzismo (che è la stessa cosa vista meglio) Ichino ribadisce che al sud (dove vivono i terroni ndr) si regalano i voti e quindi non si vogliono fare i test INVALSI. Ma davvero i test invalsi e pisa garantiscono l’equità di valutazione scolastica? E soprattutto, cosa misurano ammesso che misurino qualcosa?
Il punto è proprio che i test in questione non si sa cosa valutino, le cose che un esame può valutare sono lo svolgimento di un programma e il relativo grado di apprendimento (cioè le conoscenze inserite nel programma sono effettivamente in possesso del candidato?) e le eventuali competenze, specifiche e delimitate, acquisite nel caso le materie esaminate comportino l’esecuzione di esercizi. Niente di questo viene valutato nei test invalsi che finiscono per diventare una “materia” a sé che ruba tempo alle altre materie.
Poi l’autore si contraddice facendo propria la proposta di esami svolti col solito metodo che si è usato per decenni:
Servirebbe invece un esame che, indipendentemente dal curriculum classico, scientifico o tecnico frequentato al nord, al centro o al sud, assegni ad ogni studente un punteggio da 0 a 100 sulle sue competenze in matematica.
Lo stesso per italiano, una lingua straniera e per ogni altra materia opzionale nella quale lo studente voglia dimostrare le sue capacità.
Questo richiede che tutti gli studenti sostengano lo stesso esame, a seconda della materia, con domande a diverso contenuto di difficoltà. Quasi tutti risponderanno correttamente a quelle facili e solo alcuni a quelle difficili.
Ma soprattutto è necessario che l’esame sia valutato con criteri uguali per tutti e non dagli insegnanti «interni».
Bene, dunque si finisce col chiedere una prova uguale al nord, al centro e al sud (in tutta Italia si può dire?) per valutare le competenze in matematica, italiano e lingue, esattamente quello che si fa da sempre con la tracci nazionale per la prima e seconda materia scritte…
Chiunque sia stato studente e a maggior ragione poi docente (anche alla Bocconi) sa che una standardizzazione del genere nelle prove orali non avrebbe invece senso, quindi o si aboliscono gli orali o ce li teniamo come sono da tempo immemorabile.
Riguardo la commissione, abbiamo già raggiunto da tempo una soluzione ottimale con metà commissione interna e metà esterna più Presidente esterno, la miglior possibilità di unire imparzialità di valutazione con la conoscenza delle situazioni specifiche e del curriculum di ogni studente.
Cosa resta alla fine dell’articolo della proposta di Ichino? Solo le offese a docenti e studenti del sud e una notevole montagna di parole in libertà. Il problema della scuola non è un metodo per capire chi sia bravo o no, rassicuriamo Ichino sul fatto che noi docenti ci riusciamo benissimo, inoltre non esiste regolamento o griglia che possano impedire manipolazioni sui voti da parte di persone in malafede, il problema è che la scuola deve tornare ad orientarsi verso la persona e la cultura e ritornare su quei passi che da anni la stanno dirigendo verso un destino di allevamento in serie di teste non pensanti, ubbidienti e passivamente operose.
Volendo fare un articolo sarebbe stato opportuno denunciare invece la scomparsa della terza prova, del tema storico e della tesina, ma questo evidentemente all’impostazione scolastica della società mediocratica, non importa, anzi, va nella giusta direzione.
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