Cina, quella forza militare che spaventa gli USA
di L’INDRO (Redazione)
Il report pubblicato dalla DIA fornisce i dettagli della potenza militare cinese
Nella giornata di ieri, la DIA (Defense Intelligence Agency), l’agenzia militare d’intelligence americana, ha pubblicato un report, ‘China Military Power. Modernizing a Force to Fight and Win’, nel quale – come si può ben evincere dal titolo – fornisce i dettagli sulla capacità militare della Cina, analizzandone gli obiettivi, la strategia, i piani, ma prendendo anche in considerazione l’organizzazione e la struttura.
Ciò è sintomatico delle inquietudini che affliggono il Pentagono, e più in generale la Casa Bianca, sul rapido sviluppo in questi ultimi anni della Cina su più fronti e, come riporta il ‘The Washington Post’, riflette la preoccupazione all’interno del Governo americano che gli Stati Uniti non si muovano abbastanza rapidamente per rispondere all’ascesa militare di Pechino o ai suoi sforzi per dominare il Pacifico.
Nonostante l’esponenziale crescita economica cinese sia, nell’ultimo anno, in evidente rallentamento, il Dragone ha, comunque, varato e finanziato diversi piani quinquennali di modernizzazione della Difesa, spostando fondi e sforzandosi ad acquisire tecnologia con ogni mezzo disponibile (da qui anche, forse, i timori a stelle strisce nei confronti di Huawei). Secondo il report, infatti, le leggi nazionali hanno costretto i partner stranieri di joint venture con sede in Cina a rilasciare la loro tecnologia in cambio dell’ingresso nel mercato cinese. Così facendo, il PLA (People’s Liberation Army), l’Esercito cinese, braccio armato del PCC – la cui posizione di chairman spetta al Presidente Xi Jinping, anche Segretario generale del partito – ha potuto facilmente acquisire alta tecnologia e, quindi, mettere in campo alcuni dei più moderni sistemi militari del mondo, che coprono aria, mare e spazio, ed in alcuni settori sta già primeggiando: non dimentichiamo che, proprio all’inizio di quest’anno, l’agenzia spaziale cinese è riuscita a mandare una sonda (Chang’e-4) sulla faccia nascosta della Luna.
L’obiettivo militare della Cina è quello di costruire una forza in grado di combattere i conflitti regionali e impiegare reti di comando e controllo integrate e in tempo reale. Ciò passa anche attraverso la sua strategia militare. Come spiega il report, la Cina utilizza uno stratagemma definito ‘difesa attiva’, un concetto che descrive come il carattere militare cinese sia strategicamente difensivo, ma operativamente offensivo. Infatti, tale strategia consente a Pechino, una volta stabilito che un avversario ha danneggiato o intende danneggiare gli interessi della Cina, di rispondere difensivamente a livello operativo o tattico, anche se il nemico di turno non ha ancora condotto operazioni militari offensive.
Il rafforzamento della capacità militare è stato possibile perché, alle porte del XXI secolo, i leader cinesi hanno notato la confluenza di diversi fattori – come i crescenti interessi economici e politici della Cina; i rapidi cambiamenti tecnologici nella guerra moderna; le percezioni di aumento delle minacce esterne a livello strategico – e ciò li ha portati ad accelerare lo sviluppo del PLA: tra le misure adottate per andare incontro a questo scopo vi è l’aumentato del budget per l’Esercito ad una media del 10% all’anno dal 2000 al 2016; la creazione di un dipartimento di armamenti generale per razionalizzare la modernizzazione e l’acquisizione delle attrezzature; l’istituzione di diversi programmi scientifici e tecnologici per migliorare la base di difesa industriale e ridurre la dipendenza del PLA da acquisizioni di armi straniere. Pechino, inoltre, ha implementato cambiamenti di personale per professionalizzare il PLA, iniziando a reclutare laureati, tecnicamente più competenti, per la gestione e il funzionamento delle armi moderne.
L’installazione della sua prima base militare all’estero, esattamente in Gibuti nel 2017, non è altro che il risultato di un programma di sviluppo preciso – all’interno del quale vi sono anche le riforme del PLA presentate da Xi alla fine del 2015 – ed un altro passo verso l’espansione della potenza militare cinese. E sempre a proposito di espansione, è di ieri poi la notizia, riportata dal ‘The New York Times’, che la Cina stia cooperando con il Pakistan – che già possiede armi nucleari – su progetti legati alla difesa, nei quali è compreso un piano segreto per costruire nuovi caccia: questo è importante perché, così facendo, Pechino legherebbe le sue ambizioni al progetto BRI (Belt&Road Iniziative), la Nuova Via della Seta, di cui il Pakistan è uno dei più ferventi sostenitori.
La BRI si estende praticamente in tutto il mondo e non è escluso che, dati gli interessi crescenti della Cina in molte aree del pianeta, questo comporti un dispiegamento più ampio delle forze del PLA nei Paesi coinvolti in questo corridoio commerciale. Tramite la BRI, la Cina sta puntando ai porti internazionali, snodi cruciali dei suoi commerci e allo stesso tempo sta conducendo un forte rafforzamento della Marina in tutte le sue componenti. La Marina del PLA, infatti, è la flotta più grande dell’Asia, con oltre 300 combattenti di superficie, sottomarini, navi anfibie, motovedette e unità specializzate. Inoltre, la Cina sta costruendo la sua prima portaerei progettata e prodotta a livello nazionale. Lo scopo principale di questa portaerei – le cui prime prove in mare risalgono al maggio 2018 e, dunque, dovrebbe entrare in servizio entro quest’anno – sarà di servire una missione di difesa regionale, ma è probabile che il Dragone utilizzerà il vettore per proiettare la sua potenza in tutto il Mar Cinese Meridionale e nell’Oceano Indiano.
Oltre al rafforzamento della Marina – per cui Xi e il suo predecessore Hu Jintao si sono impegnati a enfatizzarne l’importanza – gli investimenti hanno ampliato le capacità militari della Cina in tutti i campi della Difesa. Sebbene il PLA, ad oggi, non sia ancora in grado di dispiegare un gran numero di forze convenzionali a livello globale, la Cina ha sviluppato ottime capacità nucleari, spaziali e cyberspaziali.
Pechino investe considerevoli risorse per mantenere una forza nucleare limitata e persegue la politica del ‘no first use’, affermando che userebbe le forze nucleari solo in risposta a un attacco nucleare. La China Academy of Engineering Physics è l’organizzazione deputata allo sviluppo nucleare del Paese ed è in grado di condurre tutti gli aspetti della ricerca progettuale per quanto riguarda armi nucleari. Inoltre, la Cina ha la capacità industriale necessaria per arricchire l’uranio e produrre plutonio per esigenze militari.
Fronte aereo. L’Air Force del PLA è la terza aviazione militare più grande al mondo, potendo contare su 2.500 aerei totali e 1.700 aerei da combattimento, tra cui caccia, bombardieri strategici, bombardieri tattici e aerei multimissione.
Anche l’artiglieria cinese non è da meno. La PLA Rocket Force, infatti, ha in dotazione dozzine di missili balistici intercontinentali e centinaia di missili a raggio-corto per attacchi di precisione. Proprio nel settore delle armi ipersoniche la Cina ha superato gli Stati Uniti, con la produzione di veicoli di in grado di andare a Mach 5 o più velocemente. Su questo punto, lo scorso anno, il Sottosegretario della Difesa per la Ricerca e la Progettazione americano, Michael Douglas Griffin, ha ammesso che «gli Stati Uniti non stanno ancora facendo tutto ciò che dobbiamo fare per rispondere alle minacce missilistiche ipersoniche». Più in generale, la Cina rimane un leader nelle capacità di attacco di precisione, in particolare con missili balistici a medio raggio, ma sta eccellendo anche nello sviluppo di capacità anti-satellite.
Ma perché la Cina ha sentito il bisogno di rafforzarsi militarmente? La motivazione principale sta nell’interesse di lunga data di Pechino nel costringere Taiwan alla riunificazione con la terraferma e scoraggiare qualsiasi tentativo da parte delle autorità di Taipei di dichiarare l’indipendenza. L’eventuale scenario secondo il quale forze straniere sarebbero intervenute militarmente in favore di Taiwan ha portato il PCC ha impegnarsi nella riforma del PLA e nella modernizzazione delle apparecchiature in dotazione alle forze schierate su più fronti. Nonostante Pechino si sforzi ad affermare che il suo intento è quello di servire come forza stabilizzatrice a livello regionale – spiega la DIA – in pratica le azioni del PLA spesso provocano un aumento delle tensioni.
Infine, la domanda che sorge spontanea è: come ha fatto la Cina a potersi permettere tutto questo? Quanto ha speso? La risposta viene data direttamente dal report. Purtroppo, stimare le spese militari è arduo a causa della scarsa trasparenza della contabilità cinese. Il bilancio per la Difesa, infatti, non include i finanziamenti per gli appalti di armi straniere, gli incentivi per operazioni di ricerca e sviluppo e i benefici per il personale. Tuttavia – spiega il report – prendendo in considerazione i prezzi e i tassi di cambio del 2018, la spesa totale militare della Cina, relativa allo scorso anno, ha probabilmente superato i 200 miliardi di dollari. Nonostante ciò, la spesa per la Difesa della Cina è di molto inferiore a quella degli Stati Uniti: questo perché Pechino non ha dovuto investire in costose attività di ricerca e sviluppo così come Washington, anzi, ha adottato abitualmente le migliori e più efficaci piattaforme che si trovano negli Eserciti stranieri attraverso l’acquisto diretto o il furto di proprietà intellettuale. In tal modo – conclude il report sull’analisi dei costi – la Cina è stata in grado di concentrarsi sull’espansione della sua modernizzazione militare.
Fonte: https://www.lindro.it/cinaquella-forza-militareche-spaventa-gliusa/
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