Piccolo elogio di Orsini
da CONFLITTI E STRATEGIE (Gianfranco La Grassa)
Una cosiddetta politologa, durante una trasmissione televisiva, ha dichiarato che prima della guerra in Ucraina non aveva mai sentito parlare di Orsini (vi invito a leggere i suoi ultimi due testi) e che, all’interno della “Comunità di studi internazionali” cui appartiene, egli sarebbe del tutto sconosciuto. Non è chiaro cosa sia realmente questa fantomatica “Comunità”, né perché essa dovrebbe attribuire maggiore autorevolezza a uno studioso rispetto a un altro. Quello che appare evidente, invece, è che tra lei e Orsini esiste un abisso in termini di competenza, capacità analitica e originalità. Sulla guerra in Ucraina, ad esempio, non ne ha azzeccata una, mentre le analisi di Orsini, per chi osserva gli eventi con uno sguardo scientifico, si sono rivelate precise come un missile russo di ultima generazione. Eppure, la signora in questione si sente superiore, forte della sua appartenenza alla “Comunità”.
Ma cos’è davvero una “Comunità” in questo contesto? Nient’altro che una costruzione artificiale, un ambiente autoreferenziale composto spesso da zelanti servitori del pensiero dominante, dietro ai quali si nasconde un diffuso conformismo intellettuale. In questi ambienti ci si rafforza a vicenda, protetti dal potere costituito che garantisce risorse e strumenti per produrre teorie funzionali al mantenimento dello status quo e delle cricche che lo alimentano. Da qui derivano le cosiddette comunità scientifiche, politiche, accademiche, internazionali. Ma queste non sono reali entità di sapere: sono piuttosto camere di compensazione degli interessi delle élite dominanti e della loro intellighenzia di servizio.
L’affermazione della presunta esperta, dunque, non getta discredito su Orsini: qualifica semmai la sua stessa ignoranza. Personalmente non condivido tutte le sue posizioni, ma riconosco nei suoi riferimenti culturali (che sono anche i miei) una solidità di pensiero e una notevole originalità. Al contrario, quando ascolto certi membri della “Comunità”, sento solo propaganda e assenza di autentico pensiero critico. Eppure, la loro appartenenza al “circolo ufficiale” sembra bastare a proteggerli da ogni contestazione, che liquidano con sufficienza, squalificando l’interlocutore solo perché “esterno” al sistema.
Io credo, invece, che siano le opere a parlare per una persona, molto più dei giudizi superficiali su di essa. Ho avuto la fortuna, per quasi vent’anni, di collaborare con Gianfranco La Grassa, da cui ho imparato molto e con cui ho anche scritto. La Grassa è un autentico genio, autore di decine di saggi fondamentali, ma non appartiene alla “Comunità”. Per questo, nonostante i suoi meriti accademici e le collaborazioni con alcuni dei più importanti pensatori del Novecento, persino Wikipedia mette in discussione la sua rilevanza enciclopedica, evidentemente su segnalazione di qualche zelante custode dell’ortodossia. È probabile che la sedicente esperta non conosca nemmeno lui: ma anche in questo caso, la mancanza non ricade certo su La Grassa, bensì su chi ignora ciò che meriterebbe di essere conosciuto.
Questa ostentata ignoranza, tuttavia, viene vissuta come un vanto, come se l’appartenenza a una cerchia chiusa fosse di per sé una medaglia al valore. In un mondo normale, persone così svolgerebbero mestieri comuni, invece ce le ritroviamo nei salotti televisivi a pontificare su questioni che non comprendono, protette da un’aura di falsa autorevolezza.
Veniamo ora ai fatti, quelli verosimili, che la Comunità ignora o nasconde, perché smaschererebbero la sua sudditanza ideologica. L’Occidente si trova oggi su un piano inclinato: scende inesorabilmente, mentre ciò che sale è solo la sua illusione. Il mondo si sta progressivamente disaccoppiando da un ordine internazionale che non riesce più a contenere l’avanzata di paesi emergenti e riemergenti. Russia e Cina non temono più gli Stati Uniti e rispondono con sempre maggiore fermezza a provocazioni e minacce.
In una recente intervista, Vladimir Putin ha affermato:
“Gli Stati Uniti sono in ritardo di 15 anni. Non potranno fermare lo sviluppo della Cina. È come dire al sole di non sorgere: sorgerà comunque. Esistono processi oggettivi di sviluppo economico, legati a milioni di fattori. Il tentativo di bloccare la Cina ha avuto ripercussioni negative anche sull’economia statunitense. Cercano di produrre alcuni beni autonomamente, ma non ci riescono: non sono competitivi. Se continueranno così, perderanno competitività in interi settori. La cooperazione economica tra Cina e Stati Uniti, costruita in decenni, ha generato una forte interdipendenza. Tutti lo sanno, ma le mosse attuali di Washington appaiono controproducenti.”
Oggi, Cina e Russia sono alleate. Dove la prima non è ancora arrivata, arriva la seconda che ha dimostrato, con i fatti, di poter fronteggiare quasi da sola l’intera NATO. L’accoppiata della potenza economica cinese e della forza militare russa rappresenta una sfida diretta a un Occidente in declino, che continua a proclamarsi superiore mentre in realtà è competitivo solo in pochi settori anch’essi ormai a rischio sorpasso.
Putin sostiene che la Cina sia avanti 15 anni rispetto agli USA in diversi ambiti economici, e che la Russia superi gli Stati Uniti in certe tecnologie militari. Questa tendenza al sorpasso sembra oggi inevitabile. Inoltre, Cina e Russia non si relazionano come fanno Stati Uniti ed Europa, dove uno comanda e l’altra esegue (azzeccata la definizione di Orsini quando dice che Italia e Usa, per esempio, stanno nello stesso rapporto di sudditanza di Russia e Bielorussia. La verità fa male, lo so, altro che rinato protagonismo internazionale dello Stivale). Al contrario, la loro è una alleanza competitiva e proprio in questa originalità sta la sua forza. È una sfida geopolitica destinata a cambiare radicalmente il mondo.
E intanto, le “donnine” della Comunità continuano a ridicolizzare chi cerca di far luce su tutto ciò, bollando come “sconosciuti” quegli studiosi che non fanno parte del loro ristretto circuito. Sono loro, in realtà, i veri nemici dell’Occidente: coloro che delegittimano chi prova a mettere in guardia da cambiamenti epocali ormai in atto.
Personalmente, mi fido molto di più di chi si rifà a Machiavelli, Marx, Nietzsche, Pareto, Michels – espressione del miglior pensiero europeo – che non dei “comunitari” affascinati dagli intellettuali delle accademie statunitensi. Alcuni tra loro sono validi, certo, ma solo quando attingono anch’essi a quel patrimonio di pensiero europeo che rischia di andare perduto.
Ecco: forse è proprio a quell’Europa che dovremmo tornare, almeno intellettualmente, per invertire la rotta. Abbandonando finalmente l’idolatria per “comunità” che producono solo pubblicità e autocelebrazione.
FONTE: http://www.conflittiestrategie.it/piccolo-elogio-di-orsini
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