Come Renzi, più di Renzi: Salvini sta facendo gli stessi identici errori (e rischia di finire uguale)
di LINKIESTA (Alberto Quaranta)
Tieni la foto di Renzi sulla scrivania, gli aveva intimato di fare Giorgetti. Niente da fare: Salvini ha snaturato il suo partito, gioca contro tutti e imbarca chiunque gli porti voti. Chieda a Renzi che fine ha fatto così
Si prepara a scalare le cime dell’Europa, a strapazzare gli avversari, e ad incassare un risultato che fino a poco tempo fa nessuno avrebbe mai immaginato a via Bellerio. Ecco perché l’azione politica di Matteo Salvini ricorda per certi aspetti la parabola dell’altro Matteo, Renzi, che, all’indomani delle Europee del maggio 2014, conquistò il 40,8% alle elezioni per il rinnovo di Strasburgo. All’epoca Renzi sembrava potesse dominare la scena per i successivi vent’anni almeno, poi sappiamo tutti come andò a finire. Game over.
E allora non è un caso se Giancarlo Giorgetti, deus ex machina del leghismo di governo, primo consigliere di Salvini, gli ricorda sempre le performance dell’ex segretario del Pd. E per farlo, all’inizio della legislatura, gli avrebbe sussurrato: «Tieni la foto di Renzi sulla scrivania». Salvini ascolta sì i consigli di Giancarlo, considera il sottosegretario alla presidenza del Consiglio un vecchio maestro che possiede gli strumenti, i toni e la ricetta corretta per fare la cosa giusta. Poi, però, nel corso delle lunghe giornate a suon di tweet e storie su instagram sembra dimenticarsene. E si lascia andare come se niente fosse.
Travolto dalla folla che lo acclama e lo fa sentire un vero e proprio Re. Ma la politica deve viaggiare su altre onde. Ad oggi sono infatti diversi gli errori del vicepremier in quota Carroccio. Al netto di alcune rare eccezioni, ad esempio il prode Giorgetti, Salvini ricalca la parabola renziana quando seleziona per posti di sottogoverno seconde e terze file del leghismo, veri e proprio yesman che non hanno mai la forza di incidere e soprattutto di dissuadere il Capitano quando quest’ultimo esagera o commette un errore.
Nel mezzogiorno il Carroccio ha reclutato personale politico che un tempo non molto lontana militava fra le file dell’Udc di Totò Cuffaro o dell’Ncd di Angelino Alfano. Una classe dirigente chiacchierata che balza, a secondo dalle stagioni, dal centrodestra al centrosinistra
Per non parlare dell’operazione Lega senza più la parola Nord. Nel mezzogiorno il Carroccio ha reclutato personale politico che un tempo non molto lontana militava fra le file dell’Udc di Totò Cuffaro o dell’Ncd di Angelino Alfano. Una classe dirigente chiacchierata che balza, a secondo dalle stagioni, dal centrodestra al centrosinistra. Basti pensare che uno dei punti di riferimento del leghismo nell’isola è quell’Alessandro Pagano, lo stesso che ha militato in Forza Italia, nel Pdl, nell’Ncd, sostenendo esecutivi di centrodestra e centrosinistra, fino all’approdo finale nella Lega di rito salviniano. Insomma, al sud Salvini e i suoi hanno seguito più la raccolta indifferenziata che la selezione meritocratica. Ogni riferimento alle imbarcate meridionali renziane e a operazioni discusse come l’ingresso in maggioranza di Denis Verdini non è per nulla casuale.
Ecco poi l’altro errore. Il Capitano, lo chiamano così i suoi fedelissimi, ha abbandonato il partito al suo destino. Il triplo ruolo di vicepremier, ministro e segretario lo induce a trascurare le sorti di via Bellerio. Sì, è vero: gira in lungo e largo lo Stivale, ma la sua è una narrazione che ruota attorno al Viminale al grido di “Meno immigrati, più sicurezza”. Perdendo di vista la base, il territorio e il tessuto sociale di stampo leghista, che mal digerisce reddito di cittadinanza e No Tav allo stesso modo in cui il popolo del Pd maldigeriva l’abolizione dell’articolo 18 e il Sì alle trivelle.
A sostituire le storiche parole d’ordine, una politica ad alzo zero su tutto e tutti. Una volta inveisce contro i vertici della Chiesa, un’altra contro Confindustria, e un’altra ancora contro Juncker e Macron. Anche in questo caso qualcuno in Transatlantico ironizza: «Sembra esser stato contagiato dalla sindrome Renzi», pure nel farsi un nemico al giorno. Scherzi a parte, sorge una domanda che in queste ore si pongono tanti a via Bellerio: fino a quando può funzionare questo schema di gioco? L’impressione è che il leader del Carroccio voglia ancora tirare la corda, accrescere il consenso ma non abbia affatto una mission di legislatura. Ma se continua così, rottura dopo rottura, errore dopo errore, la luna di miele potrebbe presto finire. E così nel giro di poco tempo potrebbe diventare l’ennesima meteora della politica italiana. Ed eguagliare la perfomance di Matteo Renzi.
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