L’Italia tutta intera
’Italia tutta intera è il titolo della mostra delle mappe di Limes che presenterò a Genova durante il VI Festival di Limes (Palazzo Ducale, 8-10 marzo).
Il simbolo è un’Italia cucita a maglia, molto colorata per sottolineare le diversitàe le origini delle diversità che contraddistinguono la storia del nostro paese. Ed è proprio questo insieme eterogeneo che la rende unica al mondo.
Nel testo che segue ho “cucito” Genova e Venezia, due città diversissime tra loro ma che, grazie alla feroce rivalità durante il periodo delle Repubbliche marinare, hanno dato origine a una storia molto particolare e molto importante per secoli a venire
Esiste un momento preciso in cui un fatto storico viene condito da qualche tocco di magia. Nella storia di Genova, la magia ha illuminato una cella che nel 1298 ha recluso Marco Polo insieme allo scrittore Rustichello da Pisa.
Marco Polo era stato fatto prigioniero in seguito alla sconfitta della Serenissima nella feroce Battaglia di Curzola. Questo scontro fu l’ultimo di una lunga serie di guerre e di atti feroci, che ebbero luogo lungo tutta la costa medio orientale del Mar Mediterraneo, a partire da Costantinopoli, passando per il Mar Nero e finendo sulle coste dell’attuale Siria.
La battaglia di Curzola (Korčula in croato) iniziò il 7 settembre del 1298. Il vento era favorevole alla flotta genovese, che riuscì a rompere i ranghi degli avversari: solo 11 galee su 95 riuscirono a rientrare a Venezia. Ma le perdite furono gravi anche per i genovesi, che non riuscirono ad arrivare a Venezia.
Tra i prigionieri c’era proprio Marco Polo, da poco rientrato nella sua città dal suo lunghissimo viaggio in Oriente, durato 24 anni. Era stato premiato dal doge di Venezia e reso capitano di una delle galee che affrontarono la flotta genovese al largo dell’isola dalmata di Korčula, oggi in Croazia.
Naturalmente la prigionia di Marco Polo fu una prigionia dorata. Egli ebbe il tempo di raccontare a Rustichello da Pisa molte cose del suo viaggio in Cina. Rustichello era abbastanza noto come romanziere e parlava in francese di Lombardia. Molto probabilmente l’esploratore si esprimeva in franco-veneto; è così che forse si saranno potuti capire.
Oltre al racconto orale, sicuramente Marco Polo aveva degli appunti perché molti dati sono precisi e riportano, ad esempio, le distanze descritte in giornate di viaggio o in miglia e spesso associate a indicazioni astronomiche, utili per l’orientamento. Inoltre ci sono molte notizie sulle lingue, le religioni, la politica e l’organizzazione burocratica dei vari territori attraversati. Marco Polo descrive anche le provviste necessarie sia ai viaggiatori che agli animali per il tragitto da fare e ha delle precise conoscenze del valore delle monete dei luoghi in confronto al valore di quelle occidentali. L’aspetto economico era la stella polare del viaggio, mentre l’aspetto intellettuale era molto carente. Questo probabilmente era dovuto alla natura di Marco Polo stesso, molto interessato al commercio e all’economia.
Le origini del Milione sono difficili da stabilire con esattezza, perché manca il testo originale manoscritto. I manoscritti esistenti sono tutti lacunosi e incompleti. Sicuramente il testo è stato interpretato più volte, come testimonia anche il cambio del titolo, Le divisament dou monde e poi De mirabilibus mundi. Ma per fortuna quel libro ha attraversato la storia ed è arrivato fino al grande navigatore Cristoforo Colombo, il quale, affascinato dal racconto di Marco Polo, intraprende il viaggio per raggiungere l’Oriente passando per l’Occidente. Approdato nel Mar dei Caraibi, scambia l’sola di Cuba per il Cipango, nome che l’esploratore veneziano aveva dato al Giappone.
Le vite, le città, i luoghi si incrociano e danno vita ad altre storie, forse più importanti delle battaglie stesse perché lasciano in eredità un’apertura sul mondo unica. Un giro di boa come è stato per la scoperta delle Americhe.
Venezia e Genova, due centri italiani che hanno aperto le due strade più importanti al mondo, una verso oriente e l’altra verso occidente.
Venezia, città nata su isole limacciose, quasi zolle d’erba alla deriva, aperta ai piaceri, al divertimento, in continuo contatto con l’Oriente in una ragnatela di rapporti marittimi e terrestri che la legano da sempre e per sempre alle ricchezze colorate e profumate dell’Impero Ottomano. Sembra naturale pensare, mentre si percorre in vaporetto il Canal Grande, che con una semplice sterzata e senza più fermarsi si possa raggiungere la Grecia e la Turchia, senza nessun ostacolo. Come i viaggi sul tappeto volante descritti da Le mille e una notte.
Gli scambi commerciali tra Venezia, l’Occidente, l’Impero Ottomano e l’Oriente sono sempre stati molto intensi. Anche all’alba di grandi guerre. Ad esempio, fino a poco prima della guerra di Lepanto, nel 1571, il capitan pascià, capitano della flotta ottomana, ordinava alle vetrerie di Venezia i fanali per le sue galee. Anche l’acquisto dei cannoni veniva effettuato con la consulenza di tecnici occidentali. La tecnologia europea serviva in Medio Oriente come in Occidente. Tra gli altri oggetti indispensabili gli occhiali, ordinati dai sultani e dai gran visir sempre a Venezia, come anche le grandi lampade in vetro per le Moschee. Potrebbe sembrare un rapporto schizofrenico: guerra e commercio, flussi ininterrotti che rispecchiano e anticipano la realtà attuale. Un esempio tra tutti: le armi. Oggi i primi cinque paesi esportatori di armamenti sono nell’ordine Stati Uniti, Russia, Francia, Germania e Cina, per un 74,2% del totale mondiale. India a parte, il maggior compratore è il Medio Oriente, a causa delle guerre (Siria, Yemen, Libia) e dell’instabilità di tutta l’area.
Ma risaliamo il tempo e la geografia e torniamo a Genova. Al contrario di Venezia, Genova non nasce su un territorio/zattera ma è circondata da montagne che la spingono al mare. Il territorio tra il mare e la montagna è stato conquistato dai genovesi palmo a palmo. Bonifiche, coltivazioni, terrazzamenti hanno scavato una nicchia stretta che finisce su spiagge piccole, di ciottoli. Ogni centimetro guadagnato è merito degli uomini che lo hanno voluto per sé. Ma non basta. Serve lo spazio del mare e i genovesi, guidati dal loro faro, la Lanterna, hanno seguito i raggi della sua luce oltre ogni aspettativa, disegnando rotte indelebili tra il Mediterraneo e l’Atlantico.
La Lanterna nasce come torre di avvistamento nel 1128. All’avvicinarsi d’imbarcazioni veniva acceso un fuoco con steli secchi di edera o di ginestra. Non ci sono documenti ufficiali per avere la certezza storica della data di costruzione. L’esigenza di segnalare imbarcazioni in arrivo nasceva sia dalle necessità di sicurezza sia per il pagamento di una tassa per l’approdo. Alle spalle della Lanterna c’era la Via Francigena che collegava Genova alla costa di ponente, una versione archeologica della tanto discussa Tav Torino-Lione. I fuochi dei fari medioevali servivano anche per cercare di impedire i naufragi a causa degli scogli. I briganti che si muovevano lungo la costa cercavano di spegnere i fuochi di segnalazione, per poter depredare i vascelli che si sarebbero più facilmente schiantati. Gli oggetti trascinati a riva dal mare appartenevano a chi li trovava secondo il diritto del mare medioevale, lo ius naufragii (I ragazzi che amavano il vento – Universale economica Feltrinelli/Classici, 2016 – a cura di Roberto Mussapi, pag. 5).
L’importanza strategica di Genova era notevole già in epoca romana, subito dopo la definitiva sconfitta di Cartagine. I romani usarono Genova come approdo per raggiungere più rapidamente Tortona e Piacenza. Inoltre introdussero la coltivazione degli ulivi e delle viti. Così questa regione cominciò a produrre merce di scambio come il prezioso olio e il vino. L’olio arrivò come combustibile anche in cima ai 77 metri della Lanterna, nel 1326. Venne allora installata la prima lanterna ad olio di oliva prodotta da maestri vetrai liguri e veneziani.
Venezia e Genova, di nuovo intrecciate. La Serenissima e la Superba erano e sono tutt’ora due città molto diverse ma diventate potentissime grosso modo nello stesso periodo storico. La battaglia di Curzola, seppur vinta da Genova, apre le porte alla fine di entrambe le Repubbliche marinare. L’impegno economico per fronteggiarsi e le perdite umane hanno segnato il nuovo confine che nessuna delle due è più riuscita a superare.
Qualche secolo più tardi un viaggiatore illustre, il grande poeta George Gordon Byron, passeggerà accompagnato dalla giovane scrittrice Mary Shelley sulla collina di Albaro, proprio a Genova. Veniva da Venezia dove aveva trascorso tre anni accompagnato da quattordici servi, due scimmie, una volpe e due mastini. Stava organizzando il suo viaggio per la Grecia e sarebbe partito da Genova stessa.
Mary Shelley era da poco rimasta vedova del poeta Percy Shelley, annegato nel golfo di Spezia a bordo della sua barca Ariel, così battezzata in onore dello spirito dell’aria della Tempesta di Shakespeare. I due poeti romantici erano stati molto amici e si erano conosciuti a Ginevra nel 1816. Mary Shelley è l’autrice del romanzo gotico Frankenstein, precursore dello stile odierno horror e fantascientifico. Fu pubblicato nel 1818 in Inghilterra, ma fu scritto tra il 1816 e il 1817. Il 1816 fu definito “l’anno senza estate” per l’Europa settentrionale e gli Stati americani del Nord. Si manifestarono gravi anomalie climatiche a causa di diversi eventi.
Il primo fra tutti fu l’eruzione del vulcano Tambora, avvenuta nell’aprile del 1815, nell’attuale Indonesia, che proiettò negli strati superiori dell’atmosfera moltissima cenere. Già nel 1812 e nel 1814 c’erano state due grandi eruzioni da altri vulcani, il Soufrière nei Caraibi e il Mayon nelle Filippine. Probabilmente le tre eruzioni avevano creato una coltre molto importante che impediva al sole di scaldare bene le zone settentrionali del globo. Era in corso però un altro fenomeno che riguardava proprio il sole: a questo ulteriore fenomeno venne dato il nome di Minimo di Dalton, dal cognome dal meteorologo inglese che lo notò. Il sole era in un periodo di bassa attività. Tutti questi eventi produssero un anno senza estate e forse crearono un’atmosfera piuttosto angosciosa e buia, tanto da influire sulla creatività di Mary Shelley, che scrisse, in pieno romanticismo, il suo celebre romanzo Frankenstein.
Anche l’Italia è un paese pieno di vulcani. Sicuramente, durante le navigazioni dei Fenici, sono serviti per l’orientamento, proprio come la Lanterna nel Medioevo, forse costruita a imitazione di quei fari naturali.
La mostra cartografica L’Italia tutta intera sarà inaugurata da Laura Canali venerdì 8 marzo h17.30 al Palazzo Ducale di Genova e sarà visitabile gratuitamente durante tutta la durata del VI Festival di Limes. Visite guidate gratuite con l’autrice sabato h11.30 e h17.30, domenica h11.30 e h17.
Fonte: http://www.limesonline.com/rubrica/litalia-tutta-intera
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