Ddl Pillon e contratto prematrimoniale: i due sovranismi
di VVOX (Federico Leo Renzi)
Il primo, rappresentato dal senatore leghista, é reazionario e minoritario. Il secondo é rivoluzionario. E nasconde il progressismo dei “conservatori”
Bisogna far piazza pulita di un’etichetta-pregiudizio collegata al fronte sovranista: che questo sia essenzialmente conservatore, o ancora peggio catto-conservatore. Nel sovranismo esistono due anime, che non si intendono, non dialogano, ma non confliggono, perché parlano a frange elettorali diverse accomunate dall’odio verso le élite, l’europeismo e in generale verso il tipo antropologico del progressista radical-chic. Un’anima è quella perfettamente rappresentata da Pillon e dal suo DDL sulla famiglia: un cattolicesimo oltranzista, reazionario, che aspira ad un ritorno ad un modello di famiglia pre contestazioni del ’68, che ritiene la larga vittoria dei referendum su divorzio e aborto un accidente storico, cancellabile con un semplice decreto legge. Cosa assai interessante, questo cattolicesimo trova scarsi appoggi persino nella gerarchia ecclesiastica e nei cattolici osservanti, a cui un ritorno di forza a modelli di sessant’anni fa pare un non senso storico-sociale.
L’altra anima è perfettamente rappresentata dal M5S e da Matteo Salvini che, dietro ad una retorica di tipo conservatore in campo morale, nascondono un sostanziale disinteresse pratico per i valori che dicono di voler conservare. Questa seconda anima ha partorito un decreto rivoluzionario per quanto riguarda l’istituto matrimoniale, e l’ha inserito nel decreto semplificazioni, come se fosse un semplice aggiustamento procedurale: il contratto prematrimoniale riconosciuto dallo Stato. La rivoluzione rappresentata dal decreto sul contratto prematrimoniale non è in sé legislativa ma è di tipo etico-politico. Per comprenderlo, tuttavia, è necessario soffermarsi su come la Chiesa Cattolica pensa il matrimonio e su come lo Stato italiano abbia codificato nella sua legislazione laica questo pensiero di matrice confessionale.
La Chiesa cattolica aborre il contratto prematrimoniale, perché lo ritiene un atto di superbia umana che contrasta con la volontà di Dio. Il matrimonio, secondo la Chiesa, coinvolge tre persone: l’uomo, la donna, lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo rappresenta l’azione provvidenziale di Dio, il progetto divino nei confronti della coppia, e questo progetto divino non è di proprietà degli sposi, quindi non può essere razionalizzato né controllato da loro, ergo non può essere contrattualizzato. Facciamo un esempio pratico: nel contratto prematrimoniale si può stabilire quanti figli avere e quale educazione dovranno ricevere. Per la Chiesa cattolica, non è l’uomo ma Dio a donare la vita, e l’educazione dei figli non è pura scelta umana, ma è una mediazione fra i valori dei genitori, della collettività e la volontà divina. Il mettersi a tavolino prima di sposarsi, e decidere a priori tutto questo davanti ad un notaio, significa trasformare il matrimonio in un contratto fra due individui che scelgono di cooperare a determinate condizioni (altrimenti il contratto è invalidato e ognuno torna libero di far quel che vuole), escludendo la collettività e Dio dal loro progetto, trasformando così il matrimonio in qualcosa di molto simile alla partnership fra due aziende.
Fino ad oggi lo Stato italiano aveva riconosciuto la validità della concezione cattolica del matrimonio, eliminando ovviamente ogni riferimento propriamente religioso, e rendendo così un modello confessionale d’unione uno standard anche per chi è non credente o è diversamente credente; da oggi, invece, il matrimonio celebrato dallo Stato e quello celebrato dalla Chiesa sono completamente diversi, non tanto per la mancanza del sacramento nel primo caso, ma perché si basano su due idee diverse e contrapposte di unione. Questa silenziosa rottura fra Stato italiano e Chiesa Cattolica è stata partorita da due partiti nominalmente conservatori sul piano ideologico ma, nella prassi, perfettamente a loro agio nell’etica individualista tipica del neoliberismo: nessuna istituzione, sia essa laica o religiosa, deve mediare o peggio contrapporsi ai desideri e ai progetti degli individui.
A questo punto sorge una domanda inquietante: e allora perché la gran cassa mediatica si occupa tanto del DDL Pillon, che si basa su un progetto etico-politico esattamente opposto? La risposta è semplice: il DDL Pillon serve per dare un’immagine conservatrice (se non reazionaria) al fronte sovranista, è una sorta di marcatore d’identità politica capace di separare nettamente il sovranismo dai suoi avversari, ma nella prassi non passerà mai perché non ha alcun radicamento nei desideri e nei valori della maggioranza degli elettori di Lega e M5S. E’ un contentino mediatico dato all’ala reazionaria radunata attorno ai movimenti pro-life e tradizionalisti dell’elettorato di destra, un’esigua minoranza iper-ideologizzata il cui peso alle urne è praticamente insignificante. Fatta pulizia quindi dei proclami e dei progetti di legge buoni per lo scontro fra opposte tifoserie sui social, ciò che rimane è un decreto (quello sul contratto prematrimoniale) rivoluzionario, passato in maniera silenziosa, senza alcun dibattito pubblico, una fotografia di questa Italia in cui i “conservatori” in campo morale sono più progressisti di quanto vogliano sembrare, e di quanto possano pubblicamente ammettere.
(ph: Imagoeconomica)
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