Huawei e la Cina hanno un piano B
di LIMESONLINE.COM (Giorgio Cuscito)
Il Bollettino Imperiale è l’osservatorio settimanale di Limes dedicato all’analisi geopolitica della Cina e alle nuove vie della seta. Grazie al sostegno di TELT. Puoi seguirci su Facebook e Twitter.
BOLLETTINO IMPERIALE Cosa è successo a maggio lungo le nuove vie della seta? Da tempo, l’azienda tecnologica cinese aveva messo in conto uno scenario conflittuale con gli Stati Uniti. Per Pechino, la sospensione degli aggiornamenti di Android è la questione meno preoccupante.
MAGGIO LUNGO LE NUOVE VIE DELLA SETA
Indicatore geopolitico: 18
Pechino ha istituito un “canale rapido” di ingresso e residenza per i cittadini di paesi aderenti al progetto “Una cintura, una via” (Belt and Road Initiative, Bri, note anche come “nuove vie della seta”) che devono partecipare ad attività legate a essa quali eventi, conferenze, progetti infrastrutturali. La misura riguarderà 12 aeroporti – inclusi Pechino, Shanghai, Guangzhou e Urumqi – e 6 ingressi terrestri, la maggior parte nel Xinjiang e nella Mongolia Interna.
Il governo cerca di favorire l’interazione con i paesi stranieri per ricalibrare la narrazione della Bri, più volte criticata per la scarsa trasparenza e reciprocità.
USA CONTRO CINA
Le relazioni tra Usa e Cina sono peggiorate sul fronte economico, tecnologico, militare e culturale.
Dazi e Huawei – Il fallimento dei negoziati commerciali ha innescato le misure dell’amministrazione Trump per impedire alle aziende americane di fornire componentistica a Huawei e a quest’ultima di vendere prodotti negli Stati Uniti.
Gli obiettivi di Washington sono molteplici: dimostrare a Pechino che le sorti della prima azienda tecnologica cinese dipendono dalla filiera produttiva statunitense; strappare un accordo commerciale vantaggioso; danneggiare nel lungo periodo l’economia cinese e la sua crescita nell’intelligenza artificiale; scoraggiare gli alleati occidentali dal servirsi dei prodotti cinesi per lo sviluppo delle rispettive reti 5g.
Non è escluso che questo braccio di ferro dipenda anche dalla volontà della Casa Bianca di ottenere le backdoor ai dispositivi Huawei venduti negli Usa, utili ai fini della raccolta dati sul suolo nazionale. I provvedimenti entreranno in vigore solo a fine giugno, ma alcune aziende americane, britanniche e giapponesi come Google, Intel, Qualcomm, Arm e Panasonic hanno già iniziato ad adeguarsi. Huawei dipende fortemente dalle licenze di Arm per lo sviluppo dei suoi prodotti e alcune di esse sono di origine statunitense. Un altro potenziale bersaglio delle misure protezionistiche Usa potrebbe essere Hikvision, importante azienda cinese che opera nel campo della videosorveglianza e del riconoscimento facciale.
Il piano B di Pechino e il “sogno rosso” – Da tempo, Huawei aveva messo in conto lo scenario conflittuale con gli Usa. Il capo della sussidiaria Hisilicon, che sviluppa i chip per il colosso cinese, afferma di avere un piano di “autosufficienza tecnologica e scientifica”. Posto che slegarsi dalla filiera produttiva Usa sarebbe complesso e particolarmente costoso, Pechino intanto pensa di adottare misure più restrittive per colpire le aziende tecnologiche americane operanti in Cina, soprattutto in tema di raccolta dati.
Per il governo, la questione meno preoccupante è la sospensione degli aggiornamenti di Android sui dispositivi Huawei. L’azienda cinese sta già lavorando al proprio sistema operativo, chiamato Hongmeng (“sogno rosso” in cinese). Si vocifera che anche le Forze armate intendano utilizzare un software made in China e rinunciare ai sistemi operativi Windows per evitare attacchi cibernetici.
Terre rare – La Cina potrebbe servirsi del suo quasi-monopolio sulle terre rare come leva negoziale.
A fine maggio, il presidente Xi Jinping ha ispezionato una fabbrica di lavorazione di questa risorsa strategica nel Guangxi, nel Sud del paese. Pechino vuole ricordare a Washington che ospita i giacimenti (la maggior parte in Mongolia interna) di terre rare più grandi al mondo e che queste sono essenziali per lo sviluppo dei microchip. Questa risorsa si trova anche in altre paesi, ma a oggi il 90% della produzione mondiale avviene nella Repubblica Popolare. Inoltre, da qui proviene l’80% delle importazioni Usa. Ciò spiega perché i dazi americani non abbiano ancora colpito tale settore.
Mari cinesi e Taiwan – Gli Usa intensificano le attività di contenimento della Cina nel Mar Cinese Meridionale e a supporto di Taiwan. Non solo è stato avallato l’incremento di truppe a stelle e strisce nel teatro Pacifico, ma è stata anche proposta in Senato la reintroduzione delle sanzioni contro le aziende cinesi coinvolte nel rafforzamento delle attività militari di Pechino in queste acque. I capi della sicurezza nazionale di Usa e Taiwan (John Bolton e David Lee) si sono incontrati per la prima volta da quando i due governi hanno interrotto i rapporti diplomatici nel 1979. Gli Usa non riconoscono ufficialmente la sovranità del governo taiwanese, ma si oppongono alla volontà della Repubblica Popolare di riprendersi l’isola di Formosa in nome del risorgimento della nazione cinese. A inizio maggio, la Camera dei Rappresentanti ha anche approvato una proposta di legge (attualmente al Senato) per incoraggiare Taipei a incrementare l’acquisto di armi dagli Usa per proteggersi da una possibile invasione di Pechino. L’ufficio di rappresentanza taiwanese in America ha cambiato nome: da “Consiglio di coordinamento per le questioni nordamericane” a “Consiglio taiwanese per le questioni statunitensi”.
Queste dinamiche lasciano intendere un consolidamento dei rapporti tra i due governi contro Pechino, che fa della riunificazione con Taiwan un elemento essenziale della riunificazione nazionale.
ZTE E HUAWEI IN ITALIA
Le schermaglie sino-statunitensi non ostacolano le attività di Zte e Huawei in Italia.
Zte ha aperto a Roma il suo primo laboratorio europeo dedicato alla cibersicurezza. Il centro dovrebbe condurre attività di ricerca e fornire ai clienti valutazioni di sicurezza. L’obiettivo di lungo periodo è superare le critiche circa i potenziali rischi alla sicurezza nazionale derivanti dall’impiego delle tecnologie cinesi nelle infrastrutture critiche occidentali. A Roma, nel 2017 Zte ha lanciato con l’Università Tor Vergata un centro di formazione congiunto per professionisti nel campo delle tecnologie per l’informazione e la comunicazione (Ict).
Anche Huawei sta espandendo le proprie attività nel campo accademico. Lo conferma l’annuncio della collaborazione con l’agenzia sarda per le Politiche Attive del Lavoro (Aspal) nell’ambito della Huawei Ict Academy, che eroga corsi di certificazioni in tutto il mondo in merito alle tecnologie Ict. L’iniziativa si lega alla collaborazione tra Huawei e la regione Sardegna, di cui il centro per le smart e safe cities di Pula (Cagliari) e l’intelligent operation center sono gli esempi più rilevanti. Le loro attività non riguardano solo il miglioramento dell’efficienza urbana, ma anche lo sviluppo di misure di sicurezza (e monitoraggio) nelle città del futuro.
La collaborazione accademica consente alle aziende cinesi di attingere all’expertise nostrana e favorire il loro radicamento all’estero.
ATTENTATO A GWADAR
L’attentato rivendicato dai ribelli baluci in un hotel di lusso vicino al porto di Gwadar è un attacco indiretto al corridoio economico Cina-Pakistan, arteria essenziale della Bri. Lo scorso novembre i baluci avevano assaltato il consolato cinese di Karachi, mietendo quattro vittime. Lo sviluppo del corridoio potrebbe ridurre la dipendenza dei flussi commerciali cinesi dallo Stretto di Malacca, presidiato dagli Usa.
Data la rilevanza strategica di questo percorso, non è escluso che Pechino decida di tutelarlo direttamente con le proprie Forze armate, oltre che con i contractors già presenti.
LA CINA IN NIGERIA GUARDA L’ATLANTICO
La China Railway Construction Corporation (Crcc) investirà 250 milioni di dollari nell’interporto di Ibadan in Nigeria.
Ciò rafforzerà la presenza cinese nel paese africano, oltre a decongestionare il traffico marittimo di Lagos. In questo paese, Pechino ha contribuito a diversi progetti infrastrutturali, inclusi l’ampliamento dei quattro principali aeroporti nigeriani (in fase di sviluppo), la costruzione della linea ferroviaria tra Abuja e Kaduna, quella tra Lagos e Calabar e quella non ancora completata tra Lagos e Kano. Il governo nigeriano ha chiesto 1,8 miliardi di dollari alla Export-Import Bank of China per portare avanti la realizzazione dell’ultimo progetto, il cui costo complessivo è 2,3 miliardi di dollari.
Lo sviluppo dell’interporto di Ibadan conferma l’interesse cinese per le infrastrutture dei paesi africani affacciati sulla sponda Atlantica. Tra questi rientra la Namibia, dove l’ampliamento del terminal container della Baia di Walvis è completo “al 96%”. Tempo fa lo scalo era stato menzionato tra i potenziali siti di basi militari cinesi all’estero.
IL SENSO DELLA CINA PER L’EGITTO
La Cina incrementerà gli investimenti nelle infrastrutture egiziane.
La Export-Import Bank of China finanzierà con 1,2 miliardi di dollari la linea ferroviaria elettrica intorno al Cairo. L’Egitto è uno snodo cruciale tra Medio Oriente, Africa ed Europa. Non a caso, la Cina ha investito massicciamente in questo paese e in particolare in prossimità del Canale di Suez. In corrispondenza di questo strategico collo di bottiglia i due paesi hanno creato una zona di cooperazione commerciale ed economica, un grande parco industriale in cui operano 80 imprese.
IL SITO DELLE NAZIONI UNITE SULLA BRI
La conferenza Onu sul Commercio e lo Sviluppo (Unctad) ha creato un sito ad hoc per “trarre delle lezioni” dall’esperienza del progetto “Una cintura, una via”.
La piattaforma dovrebbe rappresentare un forum di confronto in tema di politiche macroeconomiche, finanziarie, commerciali, industriali, d’investimento, gestione del debito ed economia digitale. Inoltre, dovrebbe aiutare i paesi in via di sviluppo a formulare migliori politiche economiche.
Il sito accentua la narrazione multilaterale della Bri, malgrado questa sia plasmata direttamente da Pechino e trainata dagli investimenti cinesi.
LO SRI LANKA TRA CINA E INDIA
Lo Sri Lanka è conteso tra le potenze asiatiche.
La Cina fornirà all’isola nuovi aiuti militari per un valore di 14 milioni di dollari. Poco tempo fa, Pechino ha donato 150 veicoli alle forze di polizia cingalesi. L’obiettivo è rafforzare la capacità di risposta delle forze di sicurezza del paese, dove a Pasqua degli attentati terroristici hanno mietuto 250 vittime. Lo Sri Lanka fa parte della sfera d’influenza dell’India, ma la Cina controlla il porto meridionale di Hambantota, su cui punta quale snodo marittimo del progetto “Una cintura, una via”.
Delhi non è disposta a perdere il suo peso decisionale nell’isola e più in generale in Asia meridionale. Per questo ha deciso di investire insieme al Giappone nel porto di Colombo, il più grande e trafficato porto cingalese. I tre paesi espanderanno il terminal container orientale per aumentare il traffico delle merci. Tokyo e Delhi fanno parte dialogo di sicurezza quadrilaterale (quad) assieme a Usa e Australia, volto a contenere l’ascesa economica e militare della Cina nell’Indo-Pacifico.
Fonte: http://www.limesonline.com/rubrica/usa-e-cina-guerra-tecnologica-huawei-terre-rare-taiwan
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