Politica. Siamo sicuri che il taglio dei parlamentari sia davvero un affare?
di BARBADILLO
Il taglio dei parlamentari è una priorità, dicono. Che, forse, ora vedrà la luce. I cittadini lo chiedono a gran voce da almeno trent’anni, dai tempi di Tangentopoli. Forse, in Italia, il sentimento antipolitica arriva ancora più da lontano: “piove, governo ladro!”.
L’elenco di malefatte dei “politici” è lungo, smisurato, immenso. Spesso e volentieri riporta accuse vere, figuracce, tradimenti, voltafaccia. Atti di incoerenza, prima che politica, umana. Gente bestiale, talora, assurta al titolo di onorevole senza nessuna qualifica, sensibilità, idea, storia. Sì, c’è stato tutto questo. E liberarsi di questi personaggi – il cui volto stinge, lento e inesorabile, nel calderone della generalizzazione – è l’urlo catartico delle folle che si assiepano nelle piazze virtuali del web.
Negli effetti, però, tagliare deputati e senatori non sarà un grandissimo affare. La politica, per di più a livelli così alti, non dovrebbe essere una lista della spesa, un conto da ragionieri, specialmente nel luogo che – in teoria – dovrebbe rappresentare il cuore pulsante della legislazione e quindi di una delle funzioni fondatamentali dello Stato.
Al di là degli slogan, dei luoghi comuni: quanto risparmierà, effettivamente, la disgraziatissima Repubblica italiana se sottoporrà a dieta dimagrante i suoi organi elettivi? E, oltre a questo, a che scopo verranno utilizzati i danari risparmiati? Per pagare il debito pubblico, mostro autorigenerantesi che si divora da sé?
Il costo, in termini politici, sarebbe alto. Per quanto resta dei partiti sarebbe un suicidio, un’eutanasia. Tanti territori rimarrebbero scoperti, senza rappresentanza. Così tante comunità, tanti luoghi fisici, politici e culturali del nostro Paese. Rimarrebbero in pochi, non partiti ma candidati e personaggi, capaci di far fronte ai costi di una campagna elettorale sempre più costosa. E, dunque, graditi ai finanziatori – grandi e piccoli – della politica. Entrare in Parlamento, partendo dalla militanza, sarebbe un’impresa impossibile.
Spingendo il discorso oltre e viaggiando sul terreno della fantapolitica, dimezzare i parlamentari oggi potrebbe legittimare domani, sulla scorta degli stessi cogenti argomenti di risparmio pubblico e moralizzazione dei costumi, l’abolizione del Parlamento stesso. Basterebbe, a tenere le fila di uno Stato, un governo che risponda ai sondaggi e agli enti sovranazionali in cui è inserito. Un po’ come ha teorizzato Alain de Benoist. E non è uno scenario bellissimo.
Ma in termini di democrazia, intesa come sistema di governo, sarebbe un costo insostenibile. Alla politica, dunque, non rimane che la sfida più grande di tutte. Quella di rendersi conto che non si cava nulla a cavalcare i luoghi comuni delle masse. Che, seppur talora sagge, spesso prendono delle topiche immani di cui si pentono amaramente anni dopo: ricordate – o avete già rimosso – la stagione delle privatizzazioni selvagge a furor di popolo?
complimenti, hai scritto un articolo molto bello, che ho letto con interesse e piacere, l’unica cosa che hai omesso di valutare e scrivere, se posso permettermi questa osservazione, è la fredda e inesorabile legge matematica dei numeri, forse non sai che l’Italia ha 55 milioni di cittadini + 5 milioni di stranieri o ex stranieri per il totale di 60 milioni di anime più o meno, mentre per es. gli stati uniti d’America di abitanti ne hanno almeno 200 milioni più i migranti messicani, bene… il parlamento degli USA ha meno onorevoli di quello italiano se non erro, se invece ho sbagliato chiedo scusa e allora hai ragione tu, possiamo continuare a mantenere 1000 persone che non servono diciamo a molto perché parlano troppo , sono troppo pagati, fanno poco e quel poco di solito sono danni ai cittadini ciao