Ma quanto può durare il governo Conte?
In attesa di commentare i risultati umbri (scriviamo nel pomeriggio di domenica e ne parleremo martedì a mente fredda) facciamo alcune valutazioni di carattere generale sulle prospettive del governo. Peraltro, difficilmente il risultato umbro sarà tale da causare una crisi di governo, a meno di sfracelli di particolare gravità, per cui, è probabile che occorrerà attendere quantomeno i risultati di Calabria ed Emilia. Dunque, a maggior ragione è utile una considerazione generale prima dei risultati di questa tornata.
Va detto che il governo sta spendendo che peggio non potrebbe i suoi primi 100 giorni: le tasse non diminuiscono di un centesimo –come se fosse normale una pressione di questo livello- anzi ci aggiungiamo un po’ di tasse indirette, i decreti sicurezza di Salvini sono lì fermi e non si sa se saranno sostituiti, integrati, aboliti, inaspriti né niente, non si registra nessuna iniziativa di rilievo del governo (ad esempio, una qualche manovra sul tema degli infortuni sul lavoro ce la saremmo aspettata da un governo in cui militano Pd e Leu). Quanto alla politica estera non ne parliamo per non ridere in un momento di tragedie.
Di fronte ad un bilancio del genere, anche uno zampognaro come Salvini fa la figura dello statista. E, infatti i sondaggi segnalano il calo di consensi al governo che non gode neppure della solita luna di miele con gli elettori. Semmai sorprende il gradimento nonostante tutto in ascesa di Conte personalmente.
E qui veniamo ad un altro punto critico: la tenaglia Renzi-Di Maio contro il Presidente del Consiglio. Non ci vuole nessun indovino per capire le ragioni dell’intesa di questa strana coppia: Renzi teme che Conte possa prendere troppo slancio e fare un suo partito che peschi in parte anche nell’elettorato cui aspira lui, Di Maio teme che Conte gli soffi la leadership del movimento.
In teoria, Di Maio dovrebbe essere sulla via dell’uscita, essendo quasi alla metà del secondo mandato, per cui Conte dovrebbe essere il suo successore naturale. Ma, va da sé che Di Maio non pensi lontanamente a farsi da parte alla fine del secondo mandato e sta già pensando a come aggirare o togliere di mezzo l’infausta prescrizione dei due mandati.
Il guaio è che con un possibile successore che ti soffia sul collo, questa nuova deroga al non statuto (chissà se qualcuno ricorda ancora il suo nome) diventa difficile e quasi impossibile.
Per cui la soluzione radicale è tagliare le gambe al rivale con qualsiasi pretesto e va bene anche l’accordo con Renzi anche se i due si strangolerebbero reciprocamente. Comunque la cosa va bene per indebolire ulteriormente questa simulazione di governo. Ed un eventuale rovescio in Umbria andrebbe benissimo.
Allora ci prepariamo ad elezioni a primavera? Non è affatto detto. Il più esplicito è stato Renzi: la legislatura è blindata, il governo no. Insomma c’è vita per la legislatura anche dopo Conte. E infatti già si parla di un governo Draghi.
In effetti ci sono diverse ragioni per bloccare le elezioni: la riforma del taglio dei parlamentari implica il ridisegno dei collegi e, con esso, una probabile nuova legge elettorale; siccome la riforma è operativa già nelle prossime politiche, queste non si possono fare se prima non si modifica la legge elettorale il che, fra una cosa e l’altra, chiede più di un anno. Per cui, intanto un governo dobbiamo farlo e c’è a disposizione un nome come quello di Draghi…
Ma, allora, Renzi e Di Maio non potrebbero temere una nuova concorrenza da parte di Draghi? No, perché l’idea è quella di eleggere Draghi Presidente nel gennaio 2022 (il presidente europeista di cui ha detto Renzi). Questo è un calcolo di Renzi, mentre Di Maio non è capace di progetti di così lungo periodo.
Ad esempio, lui non considera che Conte non scomparirà per questo. Certo, non sarà Presidente del consiglio, in questo caso, ma potrebbe benissimo essere il Ministro degli Esteri, anche perché è uno che sa da che parte si legge la carta geografica e parla inglese. Ed il rischio è quello di accelerare la scissione del M5s, ma non corriamo troppo avanti.
In tutto questo è determinante quello che pensa Mattarella al quale, peraltro, un governo Draghi non dovrebbe dispiacere. Intanto stiamo attenti ad un segnale: se fra qualche settimana nomina Draghi senatore a vita.
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