Tutti i danni macroeconomici dell’autonomia differenziata
di IL MEDITERRANEO (Luca Pinasco)
La prima cosa che Bonaccini dice dopo aver vinto le elezioni è: “e ora avanti con l’autonomia differenziata”. Proprio quello che avrebbe detto la Borgonzoni se avesse vinto. Ma che cos’è esattamente questa autonomia differenziata? Cerchiamo di capire perché procurerebbe al nostro paese danni macroeconomici molto simili a quelli che hanno provocato Maastricht e l’euro messi insieme.
Autonomia differenziata vuol dire che una parte consistente dei tributi prodotti da aziende e cittadini di una specifica regione, rimangano in quella regione anziché andare all’amministrazione centrale dello Stato. In tal modo quella regione potrà finanziare autonomamente scuola, sanità e altre spese attualmente gestite dallo Stato italiano. Apparentemente ragionevole, l’autonomia differenziata nasconde in realtà una colossale bomba macroeconomica per le seguenti ragioni:
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Il sistema tributario italiano per decidere come tassare i profitti delle imprese usa un criterio semplice, una ponderazione tra il luogo in cui sono stati conseguiti i ricavi e quello dove sono stati sostenuti i costi. L’autonomia regionale vorrebbe invece far prevalere soltanto il secondo criterio, ovvero se un impresa del nord sostiene i costi (salari, materie prime, capitale) al nord, le sue imposte rimarranno al nord. È assurdo quanto illogico perché, considerando che le imprese del nord fanno gran parte dei loro ricavi a sud, se prevalesse il primo criterio le tasse pagate dalle imprese del nord dovrebbero rimanere tutte al sud, trasferendo una quantità immensa di ricchezza verso il Mezzogiorno. È lo stesso discorso che a livello internazionale fanno un po’ tutti: perché se una multinazionale fa profitti in Italia deve pagare le tasse in chissà quale paradiso fiscale? Con l’autonomia differenziata questo sistema folle diventerebbe legge in Italia.
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Con l’autonomia differenziata allo Stato verranno a mancare tutte quelle entrate che le regioni tratterranno. Questo creerebbe deficit perché le entrate si ridurranno rispetto alla spesa pubblica. Ma ciò non è fattibile per il rispetto del pareggio di bilancio e dei trattati europei. Quindi lo Stato dovrà necessariamente tagliare la spesa pubblica per mantenere stabile il deficit. Ma quale spesa pubblica? Quella diretta alle regioni che trattengono i tributi? In parte, ma in altra parte dovrà tagliare spesa pubblica diffusa in tutto il territorio nazionale. Chiamasi austerità, che si aggiunge a quella europea e che graverà sulle regioni già penalizzate, le quali al contrario richiederebbero aumenti di spesa pubblica per sostenerne la domanda aggregata e farne ripartire l’economia.
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L’autonomia differenziata così come ben descritta dal vincitore delle elezioni in Emilia-Romagna Bonaccini, vuole costruire un sistema scolastico interamente gestito dalla regione parallelo rispetto al sistema scolastico nazionale. In tal modo, come hanno ben evidenziato i sindacati scolastici, la scuola, simbolo di unità nazionale si scinde. Meno soldi per la scuola nazionale, più soldi per la scuola regionale con implicazioni gravissime evidenziate nel quarto punto. E la sanità? La sanità sarà prima regionalizzata, in modo che le tasse che le regioni versano allo Stato per la sanità rimangano all’interno della regione. Poi privatizzata, in modo che i soldi che rimangono alla regione per la sanità, potranno essere utilizzati per altri scopi. E chi paga allora? Ovvio, pagheranno i cittadini dell’Emilia-Romagna e italiani che andranno a farsi curare lì a causa dell’incremento esponenziale che subiranno i prezzi della sanità una volta privatizzata.
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Si aggraverà in modo irrimediabile il processo di migrazione di cittadini dal sud al nord Italia, a discapito della già debole unità nazionale. Le famiglie benestanti del Mezzogiorno manderanno i figli a scuola al nord e andranno a farsi curare al nord. Le famiglie più povere del sud si trasferiranno al nord per lavorare o manderanno i loro figli a lavorare nelle sempre più ricche regioni del nord. Le regioni del sud continueranno ad impoverirsi perdendo i loro giovani e le loro risorse. Le imprese del nord avranno manodopera a più basso costo, le imprese sanitarie private avranno più “clienti” e le scuole più studenti.
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Con l’autonomia differenziata, per quanto “solidale” si possa fare, il sud si impoverisce e il nord si arricchisce. Ma a livello nazionale? A livello nazionale il nostro paese sarà più povero. Come evidenzia bene Fazi si avvia quel processo tanto ambito dall’Unione Europea di svuotamento degli Stati dalle loro principali funzioni, e di trasferimento di questi compiti alle regioni, le quali avranno un rapporto diretto non più con lo Stato, ma proprio con l’amministrazione UE. Niente più politiche di redistribuzione, niente più politica economica o industriale, niente più solidarietà o unità nazionale.
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Se l’effetto politico sarà un passaggio dalla linea decisionale Stato-regioni a quello UE-regioni, l’effetto macroeconomico dell’autonomia differenziata sarà un mix tra Euro e parametri di Maastricht, ovvero un mix tra riduzione dei salari e austerità interna. Il sogno liberista di Bruxelles finalmente si realizza. Le regioni che sanno resistere al libero mercato globalizzato sopravviveranno, le altre invece si sbrighino a perire definitivamente che a Bruxelles non hanno bisogno di voi, ma solo del vostro lavoro a basso costo. Fonte:https://www.ilmediterraneo.org/02/02/2020/tutti-i-danni-macroeconomici-dellautonomia-differenziata/
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