La Commissione continua ad emettere obbligazioni e continua a regalare rendimenti agli investitori.
Con quello di ieri siamo al nono episodio della saga, e gli investitori ringraziano. Infatti non gli sembra vero di comprare obbligazioni con rating tripla A ad un rendimento nettamente superiore a quello degli analoghi titoli tedeschi e perfino di pochi punti base superiore pure a quello dei titoli francesi.
Sono le distorsioni che si verificano sui mercati finanziari, quando un emittente come la Commissione è percepito come transitorio, per cui i relativi titoli sono meno liquidi e non entrano negli indici più importanti.
Ieri la Commissione ha emesso un titolo a tre anni per un valore di 5 miliardi (scadenza 6 dicembre 2027) ed ha offerto un rendimento del 2,506%, ben 45 e 3,3 punti base in più, rispettivamente, dell’equivalente titolo tedesco e francese. Stessa scena per i 6 miliardi piazzati con il titolo a 15 anni (scadenza 4 ottobre 2029): rendimento al 3,227%, che si situa 72,1 e 1,9 punti base in più del titolo tedesco e francese, rispettivamente.
Sulle due scadenze, la domanda è stata pari a 16 e 14 volte l’offerta. Fatevi una domanda e datevi una risposta, avrebbe detto Gigi Marzullo.
Dove lo trovate in giro un tale sovra-rendimento per un rischio zero, per un titolo che, anche in caso di scomparsa dell’euro è comunque coperto dalle garanzie dei bilanci nazionali, Germania in testa?
Con gli 11 miliardi di ieri la Commissione è giunta ad emettere 44 miliardi nel secondo semestre 2024, in linea col programma di raccolta di 65 miliardi.
Sono soldi che andranno – indistintamente, e qui sta il trucchetto – ad alimentare i pagamenti verso gli Stati membri per la rate del NextGenerationUE e i vari programmi di aiuti all’Ucraina. Da qualche tempo, la Commissione ha deciso che non è più conveniente fare emissioni separate per ciascuna destinazione di spesa. Si raccoglie all’ingrosso, e si distribuisce al dettaglio.
Tra i maggiori destinatari di queste somme c’è ovviamente l’Italia che ad oggi ha incassato 114 miliardi. Di cui ben 69 sono prestiti che sono andati immediatamente ad aumentare il debito pubblico (i sussidi graveranno nei prossimi anni). Resta un mistero – almeno non ne è stata data ampia divulgazione – quale sarà il tasso di interesse che pagheremo su questi prestiti. Di certo, possiamo dedurre che non potrà essere inferiore al tasso che la Commissione sta pagando ai mercati. Solo di poco inferiore a quello dei Btp, ma con l’aggiunta di tutta la burocrazia e le condizioni di cui è carico il PNRR. Ma quale costo la Commissione girerà all’Italia? Mistero.
Di certo c’è, per il momento, che ci stiamo indebitando con la Commissione, anziché direttamente con gli investitori spendendo il nome della Repubblica Italiana, per eseguire investimenti decisi da Bruxelles. Con l’aggravante che tali investimenti riguardano beni e servizi (la fuffa della transizione energetica è obbligatoriamente pari al 37% della spesa totale) prevalentemente provenienti da catene di fornitura internazionali, con dubbia ricaduta sul Pil.
Insomma, più passa il tempo e più il PNRR si conferma essere la trappola che avevamo subito intravisto: ci fanno indebitare ad un tasso sconosciuto, con condizioni accessorie onerosissime, per comprare beni prodotti da altri che, in parte, non sono quelli che servono al nostro Paese. E, alla fine, dobbiamo pure pagare il conto. Un affarone, vero?
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