Geopolitica Caucaso: un viaggio nella terra senza pace
di Report difesa (Alessandro Fanetti)
Mosca (nostro servizio particolare). Il Caucaso è un’importante regione del mondo ricompresa fra i tre mari che la circondano (Mar Nero, Mar d’Azov e Mar Caspio) e sostanzialmente suddivisa fra Russia, Georgia, Armenia e Azerbaigian.
Al massimo, se viene presa in considerazione una zona un po’ più ampia, è possibile inserire come parte della regione stessa anche il Nord – Est della Turchia e il Nord – Ovest dell’Iran.
Il suo simbolo è sicuramente la grande catena montuosa che “taglia” in due l’area, lunga circa 1.200 km e caratterizzata da vette altissime, fra le quali svetta il Monte Elbrus.
Grande montagna di più di 5.500 metri sita in Russia.
Per la sua posizione strategica, il Caucaso è stato fin dall’antichità terreno di scontro da un lato e di grandi traffici commerciali dall’altro.
Ponte fra Europa e Asia, infatti, fra le varie cose esso ha visto il suo territorio calpestato milioni di volte dai grandi mercanti della Via della Seta.
Mercanti che avevano nella città di Gyumri, una delle grandi e vecchie capitali armene, uno dei fulcri dei loro traffici.
Ma ha visto anche scontri religiosi significativi, su tutti quello fra musulmani e cristiani che purtroppo si staglia con tutta la sua forza anche ai nostri giorni.
A tal proposito, molto interessante è la “storia – leggenda” della conversione dell’Armenia dal paganesimo al cristianesimo nel 301 d.C.
Conversione avvenuta grazie all’illustre personaggio di Gregorio (oggi Santo) che salvò l’allora Re armeno da morte certa grazie alle sue preghiere.
Preghiere richieste dalla sorella del Re, la quale aveva convinto il fratello a recarsi alla Fortezza conosciuta, oggi, con il nome di Monastero di Khor Virap (sito davanti al Monte Ararat) per convincere il cristiano Gregorio ad aiutarlo.
Aiutarlo se fosse stato sempre vivo, in quanto per la sua cristianità il Re l’aveva fatto rinchiudere in una botola per 13 anni, senza cibo e con animali velenosi ad attenderlo.
Per fortuna del coronato, il buon Gregorio era vivo vegeto e riuscì a salvarlo, ottenendo anche la conversione di tutto il regno al cristianesimo.
Ma facendo un salto di qualche secolo e venendo ai giorni nostri, è importante notare come la situazione sia veramente molto tesa e complessa, in particolar modo nelle relazioni fra Armenia e Azerbaigian.
Con la Georgia che ad oggi rimane sostanzialmente equidistante fra le parti e che garantisce a Yerevan almeno un ampio confine aperto (se si esclude quello molto stretto con l’Iran) in quanto circondata da altri Paesi con i quali le relazioni sono ai minimi storici.
Una situazione tesissima esplosa con tutta la sua ferocia fra la fine dell’800 e i primi anni del’900, con il collasso dell’Impero Russo che portò alla definitiva divisione di questi territori (dopo un breve lasso di tempo che vide l’esistenza della Repubblica Federale Democratica Transcaucasica – febbraio/maggio 1918).
Divisione e ostilità che rimasero “vive e vegete” anche durante il periodo sovietico, quando entrambe le Repubbliche facevano parte dell’URSS (e fino al 1936 anche della RSSF Transcaucasica).
Il crollo dell’area comunista nel 1989 – 1991 vide il Caucaso teatro di ostilità drammatiche, figlie anche della mancata attenzione nella divisione del territorio di meno di un secolo prima.
All’interno dell’Azerbaigian vi è infatti un’enclave abitata da cristiani – armeni che non ha nessuna intenzione di cedere il territorio agli azeri e nemmeno di abbandonarlo: la Repubblica dell’Artsakh.
Un territorio sito nel Karabakh superiore (Nagorno Karabakh) e autoproclamatosi indipendente (con il sogno di ricongiungersi allo Stato armeno) il 6 gennaio 1992.
Un territorio che ha vissuto una decisa ripresa delle ostilità anche nel 2020, quando una guerra azero – armena conclusasi dopo circa un mese e mezzo di conflitto ha visto il cessate il fuoco sostenuto dall’Azerbaigian, dall’Armenia e dall’autoproclamatasi Repubblica, con la Russia da garante.
Russia che ha l’obbligo di difendere l’Armenia in quanto entrambe facenti parte del CSTO [1] (una specie di “Patto di Varsavia 2.0) ma molto attenta a mantenere un canale di dialogo aperto con l’Azerbaigian (in primis perché quest’ultimo decisamente sostenuto dalla Turchia).
Un delicato equilibrio di interessi, quello che si gioca nel Caucaso, sia fra Potenze regionali e globali (Turchia e Russia in primis) che fra Nazioni che hanno lì il proprio territorio (Georgia, Armenia, Azerbaigian).
Se il sogno della Turchia di Erdogan è infatti quello di riuscire a garantirsi un corridoio stabile e sicuro che dal suo territorio attraversi il Caucaso e riesca a proiettare stabilmente Ankara in Asia centrale (nei Paesi cosiddetto – STAN), la Russia ha invece tutto l’interesse a “contenere” questo disegno “neo -ottomano”, sia garantendosi un ruolo nell’area anche tramite l’Armenia che “difendendo” le sue posizioni in Asia centrale
Senza dimenticare le crisi che ancora si giocano nel nord della Georgia (con l’esistenza di due autoproclamatesi Repubbliche filorusse esistenti dal 2008, dopo la Guerra russo – georgiana) i contrastanti sentimenti che animano le popolazioni di questi territori (ad esempio fra chi vede con favore una presenza forte di Mosca e chi invece guarda più benevolmente verso occidente), i fondamentalisti islamici che ancora giocano un ruolo significativo in questa parte di mondo e le difficoltà economiche che attraversano grandi strati di cittadini caucasici.
Un mix “esplosivo”, in cerca di un equilibrio sempre più stabile che ancora non si riesce a scorgere all’orizzonte.
Fonte: https://www.reportdifesa.it/caucaso-un-viaggio-nella-terra-senza-pace/
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