L’ipocrisia della contessa
Di INTELLETTUALE DISSIDENTE (Marco Pirillo)
Una massima presa dalla più classica filosofia spicciola del cosiddetto “uomo della strada” dice che proprio nei momenti di difficoltà, crisi o più semplicemente caratterizzati da una scelta impegnativa, viene a galla la vera natura di ogni essere umano e, da questo punto di vista, la vicenda del Covid 19, con tutti i suoi risvolti di carattere scientifico, geo-politico e sociale, ha contribuito a far affiorare rivelazioni estremamente interessanti e sorprendenti. Alcune delle quali d’immediata comprensione, come l’evidente e imperante individualismo di chi non era disposto a modificare il proprio stile di vita per la salvaguardia dell’incolumità della comunità in cui viveva, la raccapricciante ignoranza funzionale che ha portato migliaia d’individui a credere alle peggiori e becere fake news, oppure l’evidente inadeguatezza della macchina burocratica ed amministrativa dello Stato, incapace finora d’intervenire in maniera reattiva ed efficiente per sostenere ed aiutare i cittadini e le imprese colpite dagli effetti catastrofici della quarantena. Ma scavando più a fondo, osservando con una maggiore attenzione, si può scorgere un fenomeno altrettanto ricorrente, ma molto più meschino e ipocrita, specie se si considera che a compierlo non sono stati cittadini comuni, falcidiati da difficoltà economiche e restrizioni capaci di condizionare la loro psiche e la loro visione del mondo, ma coloro che, scettro in mano, dominano da Re incontrastati il pianeta, seduti su montagne di ricchezze: i Lobbisti.
Le maggiori testate giornalistiche internazionali non hanno mancato di sottolineare come durante la chiusura forzata, schiere di padroni della galassia, miliardari con interessi dai più disparati e ramificati in varie parti del globo, si siano prodigati con donazioni in denaro, cibo, beni ospedalieri e finanche strutture, destinati ad ospedali pubblici, associazioni ed Ong impegnate duramente nel contenimento e nella cura del virus. Sempre i principali organi di stampa si sono tanto impegnati nel pubblicizzare questi gesti così apparentemente carichi d’umanità e anche gli stessi benefattori si sono prodigati attraverso il mondo social per far conoscere questa loro anima così caritatevole: un’immagine talmente smielata d’apparire, ad una mente più attenta ai fatti, decisamente falsa e stucchevole.
Per comprendere ciò basterebbe solo ricordarsi, o analizzare, le carriere e il vissuto di questo gentili signori. Non si tratta certo delle biografie di monaci tibetani o padri benedettini, ma di esistenze votate ad un unico dogma: il profitto, il potere, il successo. Come fiere dantesche, cacciano lungo i sentieri del libero mercato alla ricerca di piccole prede da fagocitare per soddisfare un’ingordigia pantagruelica e non fanno distinzione tra concorrenti, leggi o lavoratori, finiscono sempre con l’inghiottire tutto, tronfi e arroganti come tutti i predatori. Adesso però hanno alzato il tiro, hanno nuovi obbiettivi da raggiungere, legati alla grande rivoluzione/cataclisma di questi primi decenni del secolo, sarebbe a dire il web e l’immagine che in essa riflettono. È scontato dirlo, ma la rete e i social network detengono una forza ed un potenziale superiore a qualsiasi altro mezzo d’informazione e d’approfondimento, questo i grandi del mercato l’hanno capito da tempo, e consapevoli di non poterne fare a meno, quasi come se fossero ispirati dalla massima del mefistofelico Gordon Gekko “Se non ci sei dentro, ne sei proprio fuori”, concentrano sforzi e azioni al fine di costruirsi una figura positiva e vincente, una maschera variopinta e rasserenante per non mostrare le piaghe del loro agire.
Non deve essergli sembrato vero quando la vicenda Covid è diventata un fenomeno globale con conseguenze così pesanti per la gente comune; un’occasione meravigliosa per impreziosire i loro travestimenti di una nuova sfaccettatura. Infatti, in precedenza l’attenzione veniva posta sul dipingere il lobbista come una grande mente prestata al business, partito da zero, che con grandi sacrifici, sobbarcandosi rischi enormi, fosse riuscito a diventare il pezzo grosso che era, la sintesi perfetta tra un guru esistenziale, un lottatore indomabile e un visionario capace di scorgere nuove stelle. Questo maquillage era riuscito così bene d’abbindolare un po’ tutti i poveri cristi in bolletta che considerano questi uomini esempi da seguire, copiare, idolatrare, i piccoli operatori economici, che pur di fare affari con loro si abbasserebbero a qualsiasi nefandezza e perfino la classe politica, che spesso ne chiede opinione e discesa in campo.
Ma adesso si passa ad un livello successivo, tutte le opere caritatevoli, fintamente orchestrate, hanno lo scopo d’elevare il privilegiato ad un livello quasi mistico, di portarlo ad essere il tenero e commosso filantropo, l’uomo molto in alto che non avendo dimenticato da dove viene, si ricorda dei meno fortunati e tende la mano, perché “La ricchezza non è tale se non è condivisa” e “Siamo tutti figli della stessa vita”, ed altre zuccherose demagogiche menzogne. Se fino a qualche decennio fa, Ennio Flaiano affermava che
L’uomo molto ricco doveva parlare sempre di poesia o di musica ed esprimere pensieri elevati, cercando di mettere a disagio le persone che vorrebbero ammirarlo per la sua ricchezza soltanto
Ennio Flaiano
ora egli ha deciso di vendere un nuovo prodotto, un se stesso candido, sensibile, generoso, da prendere come esempio di rettitudine, cercando così d’imbonire come uno scaltro mercante di sete le masse disinformate, per creare un consenso ampio sulla loro persona, tale da rendere le sue parole e le sue azioni inoppugnabili, giuste e vere, ottimo espediente per continuare a speculare impunemente. Ma per questo virus sociale esiste un vaccino, antico e benefico, capace da secoli di debellare i morbi della mistificazione tirannica, questo rimedio è chiamato conoscenza.
Attraverso una confutazione dei fatti e delle notizie è semplice mostrare al volgo la carne putrida dell’ipocrisia di questi patrizi dal forziere pieno, ma dal cuore arido. Basterebbe solo ricordare a questi garbati filantropi quanto le loro società s’impegnino ad eludere il fisco nei paesi dove fatturano cifre astronomiche spostando semplicemente la sede fiscale in paesi no tax-area, depredando la ricchezza d’interi popoli. Si potrebbe far menzione del lavoro sottopagato, a condizioni mortificanti per i lavoratori, di cui le loro aziende abusano nei paesi in via di sviluppo dell’asia e del subcontinente indiano, impedendo la nascita di diritti sociali in queste aree e distruggendo il tessuto industriale nei paesi occidentali. Bisognerebbe chiedergli perché, operando nella grande distribuzione alimentare, giocando al ribasso con i coltivatori sui prezzi dei prodotti agricoli, portando gli stessi ad ingrossare il fenomeno del caporalato, generando dolore nei braccianti chini sotto il sole a sudare per pochi spiccioli. La maggioranza silenziosa deve ridestarsi dal torpore, attivarsi e attingere ai fatti per portare a galla la truffa che questi mostruosi personaggi stanno tentando di ordire e strappare la falsa aureola di santità che indegnamente si sono posti sulla testa. Per questi lupi bramosi c’è bisogno di un establishment che sia la sintesi tra rappresentazione della collettività e il trionfo meritocratico, forte di una tempra morale che lo preservi da tentennamenti, così da far implodere quel piano criminoso che ha come obbiettivo ultimo, citando Malcom X, quello di far amare al popolo gli oppressori e odiare gli oppressi.
Fonte: https://www.lintellettualedissidente.it/controcultura/societa/beneficenza-vip-coronavirus-covid-19/
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