Cosa ci dice la vicenda USA?
da PAGINA FACEBOOK (Ugo Boghetta)
Basta guardare l’andamento delle borse per capire dove batte il portafoglio della turbofinanza a proposito della crisi americana. Tuttavia questo non deve portare alla semplificazione di una vicenda che deve essere analizzata su livelli diversi.
Alcune analisi e commenti, anche non del mainstream, hanno il difetto di leggere quanto accade negli Usa in modo schematico e con i parametri italiani che prescindono dalla storia di quel paese. Ciò può portare a sbagliare la lettura degli avvenimenti americani e le conclusioni che ci riguardano. E’ quanto accade anche nei confronti della Cina. Sono, questi due mondi diversi da noi, dalla nostra storia e cultura, anche se gli Stati Uniti sono una costola della vecchia Europa. Bisogna anche fare attenzione allo spappolamento culturale e ideologico prodotto dal combinato disposto di liberismo e social. Non si crede alle fake mainstream, ma per reazione si tende a prendere per buone tutte le critiche, alimentando le contro-fakenews. Il prodotto è sovente un inutile tifo bipartisan.
Gli Stati Uniti sono nati e sono pervasi da sette religiose in forte concorrenza fra loro. Sono nati fautori di un individualismo esasperato e da un antistalismo ideologico. Sono nati da un genocidio e convissuti lungamente con la schiavitù. Hanno combattuto una guerra civile sanguinosa per il modello economico: liberal-liberista- industrialista quello del nord, conservatore e agricolo quello del sud; di cui la questione degli schiavi era solo un corollario. Uno scontro mai del tutto ricomposto. Violenta è stata anche la risposta al nascente movimento operaio del primo ‘900 fino all’uso della mafia. Guarda caso! Violenta è stata la risposta ai movimenti del ‘68. La violenza è un fatto fondante tanto all’interno quanto all’esterno. Come sappiamo il possesso di armi e diffusissimo e tutelato dalla Costituzione. A sua volta l’articolazione del sistema istituzionale ed elettorale è complicata all’inverosimile.
Le politiche liberiste a trazione turbo-finanziaria degli ultimi cinquant’anni hanno moltiplicato divergenze e frammentazione. Divergenze e frammentazione che negli Usa nascono e diventano immediatamente razziali. La questione razziale, per alcuni studiosi, è la causa della mancanza dello stato sociale: nessuno vuol dare soldi a comunità di altro colore. Il tutto amplificato dall’ideologia dell’individualismo e dal “farsi da se”. Ma in pochi decenni si è passati dall’edonismo reaganiano all’individualismo triste e implosivo dei giorni nostri.
La crisi del liberismo globalizzante del 2007, e l’ascesa della Cina causata dalle esternalizzazioni delle imprese occidentali, ha poi impedito di scaricare fuori le tensioni interne. E la maionese è impazzita. Le élite si sono divise nettamente e lo scontro sociale in basso si è fatto sempre più vasto e profondo. Trump ha dato voce ad una parte di tutto ciò. Come, sul lato opposto, è nato il movimento Black Lives Matter. Il tutto con estremismi su entrambi i fronti. Ciò mette in mostra tutti i limiti di una democrazia sempre elitaria, difficilmente inclusiva. Altro che modello!
Nelle ultime tornate elettorali, l’unica potenziale alternativa a tutto ciò è apparso Sanders. Ma unificare gli strati popolari non è facile e forse impossibile. Difficile è impostare un terzo polo e sganciarsi dal partito Democratico anche a causa di un sistema elettorale maggioritario e diversificato Stato per Stato.
Stando così le cose, è possibile che la crisi interna non abbia soluzioni e ciò non potrà che accelerare il declino statunitense nel mondo.
Trump ha dunque perso. E ha perso non per i brogli (del resto aveva vinto sulla Clinton pur prendendo 1.5 milioni di voti in meno) ma perché non è andato oltre il proprio recinto senza un cambio di registro che era possibile una volta eletto.
A ben vedere è stato lo stesso errore commesso da altri populisti, ad esempio Salvini. Quel Salvini che, invece di tentare di unificare il blocco sociale del governo gialloverde, ha puntato a difendere il proprio orticello finendo poi nel fosso. È questo una problematica ricorrente di un certo populismo più massmediatico e “comunicazionista” che sociale e politico.
Anche da noi diseguaglianze e frammentazione sociale, prima o poi, possono portare alla violenza. La violenza non è sempre eludibile. A volte è auspicabile quando anche la forma democratica non regge o copre privilegi inaccettabili. Ma tutte le violenze non sono uguali. Dipende da chi e per cosa viene praticata. Bisogna distinguere i soggetti sociali da sette quali i suprematisti bianchi: ad esempio. L’esperienza Usa ci dimostra che una democrazia di massa regge ed ha senso solo se c’è uguaglianza, se c’è uno stato sociale che quantomeno protegge ad un livello dignitoso. E che ciò è possibile se un popolo è sostanzialmente unitario. Ed è per questo motivo che l’immigrazione deve essere attentamente valutata. È una questione di democrazia.
La conclusione porta alla necessità di cancellare la cosiddetta seconda repubblica che, del modello americano, è una scopiazzatura: per l’ideologica liberista; per l’individualismo sempre più esasperato o l’essere imprenditori di se stessi, cosa a cui molti hanno creduto e che oggi sono lì nell’inferno delle partite IVA; per la distruzione progressiva dello stato sociale (scuola, sanità, pensioni ecc ecc) avente come obiettivo la mercificazione dei diritti e l’assicurazione personale per tutto (ora anche contro il covid-19); per la frammentazione regionale, o federalismo che dir si voglia, che il Covid ha sprofondato; per il sistema elettorale variamente maggioritario che ha avuto come corollario la trasformazione dei partiti ideologici di massa in comitati elettorali simili fra loro. Il tutto peggiorato dalla perdita di sovranità monetaria e politica. Una seconda repubblica dove ha perso senso la dicotomia destra/sinistra, non perché non esistano differenze ideologiche e pratiche, ma per l’asservimento al pensiero unico. Al contrario, le polarizzazioni sociali si sono estese, radicalizzate, ma anche confuse. Ed ora, la situazione è gravissima per il sovrapporsi della crisi del 2008 con quella indotta dal Covid. Poiché, prima o poi, il Covid finirà, tutti i problemi, non solo verranno a galla contemporaneamente, ma si aggraveranno per quella distruzione delle aziende più deboli di cui Draghi ha già tracciato le linee. Servono, dunque, anche altri termini, altre politiche che identifichino lo scontro alto/basso, dentro/fuori altrimenti siamo ciechi e muti. Infatti il rischio è sempre quello di ricadere nella melassa ideologica e politica del sistema liberista. Purtroppo non c’è vaccino che immunizzi da questo pericolo. M5S docet.
La differenza dagli Usa è che noi, forse, ci possiamo ancora salvare. Ma serve una svolta radicale!
FONTE: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=3597056263664248&id=100000797283987
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