L’arresto di Naval’nyj e la strategia di radicalizzare le proteste in Russia
di Limes (Orietta Moscatelli)
Aleksej Naval’nyj torna in Russia per sfidare frontalmente Vladimir Putin. E la prima mossa della partita a scacchi è a suo favore.
Da mesi al centro di tensioni internazionali per il suo avvelenamento e liquidato come “irrilevante” in patria, l’oppositore è stato arrestato domenica 17 gennaio, appena rimesso un piede nella terra d’origine.
Il fermo, avvenuto al controllo dei passaporti, era scontato. L’aereo della compagnia Pobeda (Vittoria) che lo stava riportando a casa è stato fatto atterrare all’aeroporto di Seremetevo e non a Vnukovo. Lo scopo era evitare che s’incontrasse con quanti avevano raccolto l’invito ad accoglierlo – dalle 300 alle 1600 persone secondo i conteggi, raduno comunque ingigantito dalla decisione di dirottare il volo proveniente da Berlino.
Naval’nyj è stato portato al commissariato di Khimki, nei pressi dell’aeroporto, con l’accusa di aver violato le condizioni di esecuzione di una condanna risalente al 2014 e in scadenza a fine 2020. Accusa che serve a tenere “il paziente berlinese” (come lo chiama Putin) in carcere fino a pronunciamento del giudice.
La richiesta di immediata scarcerazione è arrivata immediatamente tramite Jake Sullivan, già nelle vesti del consigliere per la sicurezza nazionale del presidente degli Usa Joe Biden. Si segnala anche l’indignazione dei vertici dell’Unione Europea e dei vari paesi membri, Italia compresa. A tutti il ministero degli Esteri russo ha risposto consigliando di rispettare la sovranità della Federazione e che ciascuno si occupi dei propri problemi interni.
La dimensione internazionale del “problema-Naval’nyj” dopo l’avvelenamento in Siberia di quest’estate è nota, ma il Cremlino è ormai da quasi sette anni abituato a un isolamento cronico e la vicenda non lo intacca più di tanto.
Il ritorno dell’oppositore segnala l’intento di radicalizzare le proteste contro il sistema-Putin. Il suo rientro avviene in vista delle elezioni per la Duma e nel contesto generale della successione al Cremlino, dai tempi e dalle modalità incerte. Non a caso da mesi l’assemblea parlamentare produce leggi per blindare la scena elettorale. Il tutto in piena pandemia (con utile risvolto del divieto di assembramento) e in attesa di capire quanto profonda sarà la crisi economica post-Covid.
La minaccia non è imminente, ma c’è. Naval’nyj ha poco seguito in Russia, fatta moderata eccezione per Mosca e San Pietroburgo. C’è stato tuttavia un balzo del “tasso di approvazione” dal 9 al 20% dopo l’avvelenamento da Novičok, a cui una maggioranza di russi continua tra l’altro a non credere.
L’intraprendente avvocato-blogger, 44 anni, torna da unico leader di un’opposizione che, in sostanza, non esiste. Né quella extraparlamentare né quella che fa parte del sistema di potere, perché siede alla Duma ad uso e consumo delle richieste del regime.
Questo relega Naval’nyj alla dimensione di dissidente, affascinante e di scarso peso elettorale. Eppure questo è il vero problema anche per il Cremlino e per chi vorrebbe un reale contrappeso al regime. Nei circoli “liberal” di Mosca da settimane si discute la necessità di far emergere una figura alternativa. Si parla dell’ex ministro delle Finanze Aleksej Kudrin. E si conviene, sconsolatamente, che non c’è nessuno all’orizzonte per opporsi al “paziente berlinese”.
Fonte: https://www.limesonline.com/arresto-navalnyj-motivi-putin-reazioni/121921
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