Orbán rompe col Ppe: nei suoi piani c’è l’uscita dall’Unione europea?
Di: Striscia rossa (Paolo Soldini)
È stata una corsa tra chi si preparava a cacciarlo e chi voleva andarsene. Alla fine ha vinto lui, Viktor Orbán che ieri ha annunciato con una lettera al presidente del gruppo popolare al Parlamento europeo, il tedesco Manfred Weber, che il suo partito Fidesz lascia il PPE. Per andare dove, per ora, non si sa. Si sa però che la sua cacciata era praticamente scontata da quando, pochi giorni fa, gli europarlamentari popolari avevano approvato una modifica al regolamento in base alla quale per l’espulsione di una componente nazionale basta una maggioranza semplice e non più l’unanimità che, finora, aveva protetto la formazione ungherese che contava su una minoranza di deputati “amici” costituita, quasi esclusivamente, da esponenti di Forza Italia. Era sulla base di questo appoggio che i deputati di Fidesz avevano potuto continuare a sedere sui banchi riservati ai popolari nonostante il “congelamento”, ovvero la sospensione in attesa di ravvedimenti, mai avvenuti, che era stata decisa ormai più di un anno fa.
Non è, l’appoggio di Berlusconi e dei suoi, l’unico intreccio dei casi del partito di Orbán con le vicende politiche italiane. L’autocrate ungherese, come si sa, ha una sua affezionata platea nella destra di casa nostra, dove Matteo Salvini e Giorgia Meloni non hanno certo nascosto le loro simpatie per la “democrazia illiberale”, l’ossimoro politico di moda a Budapest e dintorni elevato a sistema di potere dall’”amico Viktor”. E infatti la leader di Fratelli d’Italia ha esultato per la “mossa coraggiosa” mentre Salvini, visibilmente impacciato nella sua improbabile versione europeista, è parso un po’ più prudente, quasi a voler dar ragione a certi commentatori che immaginano per lui un cammino specularmente inverso all’ungherese: lui se ne va dal PPE sbattendo la porta, mentre al capo della Lega viene accreditata l’intenzione di avvicinarsi al gruppo popolare per autosdoganarsi ed entrare nel gioco parlamentare (cariche istituzionali comprese) dal quale sono esclusi da sempre i componenti di Identità e Democrazia (ID), il gruppo in cui la Lega milita insieme con lepenisti, tedeschi ultranazionalisti e vagamente nazisteggianti, indipendentisti belgi, fondamentalisti antitasse scandinavi e varia altra umanità di estrema destra.
Dove approderà Fidesz?
Non è chiaro, al momento, dove Orbán pensi di far approdare il suo Fidesz, se in ID, dove magari i suoi 12 deputati potrebbero sostituire i leghisti in partenza, oppure nel gruppo in cui militano i suoi amici e sodali polacchi del PiS dell’ultraconservatore Jarosław Kaczyński e la sua entusiasta seguace italiana Meloni, quello dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR in sigla, con il solito gusto per l’ossimoro caro alle destre).
Ma forse agli occhi di Orbán e dei suoi fedelissimi la scelta del gruppo in cui andare non è poi importantissima. È diffusa infatti tra gli osservatori della politica magiare l’idea che il clamoroso addio al PPE sia in realtà il primo passo verso un divorzio molto più radicale: quello dall’Unione europea.
Molti segnali indicano che c’è una percepibile propensione di Orbán a portare alle estreme conseguenza di una exit magiara i contrasti, le insofferenze e le indiscipline che caratterizzano ormai da molto tempo l’atteggiamento dei governanti di Budapest verso le istituzioni e le politiche dell’Unione europea. Lo si è visto nelle vicende che hanno preceduto il varo del Recovery Fund, quando gli ungheresi, spalleggiati dai polacchi, hanno cercato in tutti i modi di respingere la condizionalità del rispetto dello stato di diritto che la Commissione e quasi tutti gli altri paesi volevano imporre a Budapest e Varsavia. Se ne è usciti, alla fine, con un compromesso abbastanza discutibile, ma i contrasti sui concetti fondamentali del rispetto dei diritti umani e delle prassi democratiche sono rimasti tutti.
La prospettiva di un’exit magiara
Se l’uscita dall’Unione è davvero il disegno di Orbán e la rottura con il partito popolare ne è stato un passo meditato, va detto però che non è affatto detto che l’autocrate di Budapest sia in grado di condurlo in porto. Tutti i sondaggi dicono che una sensibile maggioranza degli ungheresi, anche di quelli orientati a destra, è contrario all’idea di uscire dall’Europa per ritrovarsi cittadini di un piccolo paese isolato e fragile. Non fosse che perché è abbastanza diffusa la consapevolezza che senza i cospicui fondi che l’Ungheria riceve dall’Europa e con i quali, per inciso, è stata finanziata la flat tax introdotta dalla destra, il paese si troverebbe in gravissime difficoltà. Proprio la certezza che la maggioranza degli ungheresi voterebbe per restare in Europa ha ispirato il veto opposto dal governo e dal parlamento dominato da Fidesz a un referendum sull’Europa che vari gruppi di opposizione vorrebbero che si tenesse.
Insomma, per Orbán si annunciano tempi politicamente duri. I sondaggi danno in vantaggio per le elezioni dell’anno prossimo l’alleanza elettorale ad hoc che si è formata nel dicembre scorso con tutti i partiti democratici, dai socialisti ai liberali e cui si è associato anche Jobbik, una formazione che contesta Fidesz da posizioni di estrema destra. L’accordo tra i partiti prevede che si tengano le primarie per scegliere il candidato alla guida del governo, ma l’opposizione pare aver già trovato la sua stella nel sindaco di Budapest Gergely Karácsony.
Fonte: https://www.strisciarossa.it/orban-rompe-con-il-ppe-nei-suoi-piani-ce-luscita-dallunione-europea/
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