Nella relazione destinata ai Paesi membri dell’Eurozona, il vicepresidente esecutivo della Commissione europea espone gli obiettivi della Commissione europea da raggiungere entro il 2030:
- almeno il 78% delle persone di età compresa tra 20 e 64 anni con un impiego;
- ogni anno almeno il 60% degli adulti dovrebbe prendere parte a percorsi di formazione;
- il numero di persone a rischio di povertà o esclusione sociale dovrebbe essere ridotto di almeno 15 milioni.
Come? Con una riforma del mercato del lavoro, tema tanto caro all’Eurozona quanto dannoso per i lavoratori.
L’ideologia che sottende alla riforma è sempre la stessa: il problema della disoccupazione e della povertà è rappresentato dai lavoratori e non dai pochi posti di lavoro. La soluzione è renderli maggiormente “occupabili” tramite sistemi di orientamento, assistenza e formazione, rapporti con le imprese.
I compiti per casa per gli Stati sono assegnati.
Niente di nuovo sotto il cielo. La novità, si fa per dire, è che nella conferenza stampa Dombrovskis ricorda che bisogna fare tesoro del Recovery Fund: “Al momento stiamo discutendo con il governo italiano come affrontare queste debolezze con il piano di ripresa da accompagnare con le dovute politiche”. Recovery Fund in cambio di riforme: “Il Recovery Fund rimarrà lo strumento principale per guidare le politiche degli Stati membri e monitorarne i progressi”, afferma Dombrovskis. “Garantirà inoltre che ogni paese metta in atto riforme e investimenti adeguati per raggiungere gli obiettivi sociali in tempo”.
E non a caso a gestire il Recovery Fund nel Governo Draghi sono i tecnici: i garanti della garanzia del ricatto del Recovery Fund.
Non cadiamo vittime della narrazione che ha l’obiettivo di convincere le persone che il rilancio del Paese avverrà solo tramite il Recovery Fund, sia economicamente sia moralmente.
Non esiste un problema finanziario che impedisce di soddisfare i molteplici bisogni di un Paese moderno. I bisogni sono maggiori dell’elenco dei progetti che verrà definito e gestito dai tecnici. Le priorità del sociale hanno la stessa legittimità degli investimenti sull’infrastruttura digitale. Si può far partire un piano di lavoro transitorio per far uscire immediatamente dalla povertà le fasce più deboli così come si possono realizzare importanti investimenti.
Abbiamo bisogno di lavoro e non di riforme del mercato del lavoro. Ma lo sguardo di Dombrovskis non va oltre il suo naso, come quello di un burocrate.
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