L’EGITTO E IL POTENZIAMENTO DELLA MARINA NAZIONALE: LA RISPOSTA DEL CAIRO ALLE NUOVE SFIDE DEL MEDITERRANEO E DEL MAR ROSSO
da TERMOMETRO GEOPOLITICO
(Flavia Troisi)
A partire dalla vittoria elettorale del Presidente Al-Sisi nel 2014, l’Egitto ha intrapreso un lungo processo di revisione della propria politica estera e di sicurezza in tutta l’area MENA. Il Cairo ha infatti cercato di accrescere il proprio ruolo all’interno dello scenario regionale, per porsi sempre più come interlocutore strategico dell’area. La volontà di ritornare ad uno status di prestigio all’interno dell’arena internazionale si è tuttavia dovuta presto confrontare con uno scenario regionale in rapida evoluzione, popolato di nuove e complesse minacce, un livello di tensione crescente e diverse crisi, localizzate sia all’interno del Mediterraneo Orientale, che nell’area del Mar Rosso. Proprio alla luce di ciò, è sorta l’urgente necessità di intraprendere un ambizioso programma per lo sviluppo delle capacità militari egiziane, necessario a sostenere un’agenda di politica estera vivace e a tutelare gli interessi strategici del Paese.
Sul versante del Mar Mediterraneo Orientale, la scoperta di numerosi e ricchi giacimenti di gas naturale, nonché l’assenza di un attore egemonico in grado di garantire la stabilità degli equilibri di forza, hanno dato vita ad un’aspra competizione tra i Paesi costieri per l’accesso alle risorse naturali. In particolar modo, l’assertività dimostrata dalla politica estera turca, a cui ha fatto seguito un vasto programma di ammodernamento del suo strumento militare marittimo, ha riacceso la storica rivalità tra Ankara ed Il Cairo. L’innalzamento del livello di tensione nel Mediterraneo Orientale ha spinto in particolare l’Egitto a sviluppare maggiori capacità di proiezione e pattugliamento, sia a scopo di generale deterrenza, sia al fine di garantire maggiore sicurezza e controllo sui propri diritti esplorativi e sulle proprie piattaforme estrattive off-shore, vere e proprie infrastrutture strategiche. Basti pensare che il giacimento di Zohr, gestito da ENI, attualmente soddisfa circa il 40% del fabbisogno energetico egiziano.
Parallelamente, anche il quadro securitario del Mar Rosso è andato progressivamente deteriorandosi. A livello macroscopico, si nota come gli equilibri regionali siano diventati negli ultimi anni sempre più fragili, sia sul versante della Penisola arabica, che nel Corno D’africa. Si è dunque assistito ad una progressiva militarizzazione dell’area: sempre più attori esterni hanno installato ed ampliato infrastrutture militari in Paesi come Gibuti, Eritrea e Somalia, aumentando così il proprio attivismo nella regione e la proliferazione di materiale bellico nell’area. A complicare il quadro, ai fenomeni criminogeni, pirateschi e terroristici che, seppur ormai sopiti, contribuiscono da sempre alla destabilizzazione delle acque del Mar Rosso, si è intensificata, negli ultimi cinque anni, la problematica presenza iraniana. Teheran, interessata a contestare il sea control mantenuto dai principali security provider regionali e internazionali, sta utilizzando il proprio proxy, ovvero le milizie Houthi yemenite e la loro componente navale, per portare avanti azioni di disturbo, sabotaggio e naval guerrilla anche nel Mar Rosso. Tali azioni rappresentano per l’Egitto una considerevole minaccia, non solo da un punto di vista securitario, ma anche economico, dal momento che il Paese, tra le altre cose, gestisce il principale snodo per il commercio tra Europa e Asia attraverso il Mar Rosso, ovvero il canale di Suez. Attraverso il Mar Rosso transitano quotidianamente merci dirette nel Mediterraneo per un valore approssimativo di dieci miliardi dollari e, come testimoniano i recenti fatti di cronaca, un eventuale blocco del flusso commerciale potrebbe causare ingenti danni per l’intera economia mondiale.
La rinnovata instabilità del contesto regionale e la crescente necessità di difendere i propri interessi strategici all’interno del dominio marittimo, hanno posto la Marina Militare egiziana di fronte ai propri limiti strutturali. Alla luce del livello di obsolescenza del proprio naviglio militare e della generale carenza infrastrutturale, Il Cairo ha recentemente intrapreso un programma di sviluppo capacitivo, installazione di nuove basi navali e di acquisizione di nuove piattaforme. A livello macroscopico, l’Egitto vuole accrescere le proprie capacità di deterrenza e power projection, dotandosi di una flotta ‘blue water’ in grado di operare efficientemente anche al di fuori delle proprie acque territoriali, in uno spazio che si estende ipoteticamente dal Mediterraneo Occidentale allo Stretto di Bab el-Mandeb.
Un importante pilastro di questo programma riguarda l’ampliamento di alcune infrastrutture militari esistenti, nonché la costruzione di nuove basi navali in determinati punti nevralgici, così estendere il raggio operativo della Marina Militare, dunque l’influenza egiziana sull’area. Chiaro esempio è l’inaugurazione della base navale di Barnis (Berenice) sulla costa Est del Paese, avvenuta a dicembre 2020. Il sedime, già esistente, è stato ampliato per essere in grado di ospitare un maggior numero di mezzi della Marina, dell’Aeronautica e dell’Esercito egiziano. Le principali modifiche hanno riguardato la costruzione di nuovi hangar per la manutenzione dei velivoli, un ospedale militare e una terza pista d’atterraggio dalla lunghezza di 3000 metri. Inoltre, è stato costruito un nuovo molo, che raggiunge acque profonde 14 metri, che permetterà dunque di ospitare navi di grande tonnellaggio e sottomarini. L’installazione, situata in un punto strategico sulle coste meridionali dell’Egitto, diverrà una importantissima base logistica e operativa per la sorveglianza e la sicurezza delle acque del Mar Rosso a largo del Sudan, dove recentemente diversi attori stranieri, in primis la Turchia a Suakin e la Russia a Port Sudan, stanno investendo ingenti risorse per costruire nuove basi militari.
Parallelamente, sul versante del Mediterraneo, è in fase di costruzione la base di Ras Gargoub, poco distante dal confine con la Libia. La scelta del luogo rispecchia in primis l’esigenza di incrementare la sicurezza delle proprie acque territoriali vicino alla Libia, a fronte dell’ampliarsi del conflitto anche sul dominio marittimo e dei crescenti traffici illeciti che interessano la zona. In secondo luogo, la nuova base permetterà al Cairo un nuovo punto di appoggio per meglio gestire le attività di pattugliamento e di difesa dei propri interessi energetici off-shore e dei propri confini marittimi, alla luce della crescente assertività turca.
Per quanto riguarda invece le attività di procurement, l’Egitto oggi fa i conti con un significativo livello di obsolescenza della propria flotta. Occorre infatti sostituire diverse piattaforme risalenti agli anni ’70 e ‘80, come ad esempio le fregate classe Knox di fabbricazione statunitense o le corvette spagnole classe Descubierta, aumentando al contempo il naviglio d’altura necessario a dare vita ad una vera e propria flotta ‘blue water’.
Il programma di acquisizione ha ottenuto un importante risultato tra il 2014 e il 2015 con l’acquisto di due portaelicotteri da assalto anfibio (LHD) classe Mistral di produzione francese. L’acquisto delle due unità, la cui vendita fu negata alla Russia a seguito dei fatti di Crimea, ha permesso alla marina egiziana di divenire la prima marina araba a possedere tali capacità di proiezione e sbarco anfibio. Nello stesso anno, inoltre, l’Egitto ha acquistato sempre dalla Francia quattro corvette multi-missione classe Gowind. L’ultima della serie è stata consegnata quest’anno ed è stata interamente prodotta in Egitto da Alexandria Naval for Maintenance and Industry. La particolarità dell’accordo con la Francia, infatti, prevedeva che una delle navi fosse costruita localmente per favorire il trasferimento di know-how necessario ad imprimere un deciso sviluppo all’industria cantieristica egiziana. Tutte e quattro le corvette sono dotate di una discreta suite missilistica prodotta da MBDA, composta da missili antiaerei MICA e missili antinave Exocet MM40.
Negli anni, l’Egitto ha anche aumentato le commesse provenienti dalla Germania, trasformando Berlino in uno dei suoi principali partener per il settore della difesa. Secondo i dati dell’Istituto Internazionale diRicerche sulla Pace di Stoccolma (SIPRI), nel 2019 l’Egitto è stato il più grande importatore di tecnologia militare tedesca tra tutti i Paesi Arabi. Sempre nel 2019, Il Cairo ha acquistato quattro fregate di classe MEKO A-200EN. Si tratta di piattaforme in grado di espletare funzioni anti-sommergibile e di difesa aerea, andando a colmare un importante segmento all’interno della Marina egiziana e ad estendere il suo raggio operativo. Anche questo contratto, come quello precedentemente stipulato con la Francia, prevede che una delle navi commissionate venga costruita localmente con il supporto tecnologico francese. Oltre a ciò, l’Egitto si è inoltre affidato nuovamente alla Germania per l’acquisto di un nuovo pattugliatore costiero e di motovedette tipo TNC 35 e FPB 38, prodotti dall’industria Lürssen, che andranno ad accrescere ulteriormente le capacità di pattugliamento e protezione delle proprie coste.
Non da ultimo, nel corso del 2020, l’Egitto ha acquistato due FREMM italiane, prodotte da Fincantieri ed inizialmente destinate alla Marina Militare Italiana. La vendita delle fregate, in configurazione ‘General Purpose’, rappresenta non solo un’importante vetrina di lancio per la cantieristica militare italiana all’interno del mondo arabo, ma fornisce alla Marina egiziana due piattaforme che ad oggi sono generalmente considerate le più performanti e tecnologicamente avanzate presenti sul mercato. Con molta probabilità, le due FREMM forniranno un’importante capacità di deterrenza e la possibilità di un impiego rapido e flessibile dello strumento navale per la difesa dei propri interessi territoriali ed energetici, con particolare riferimento alla crescente competizione con la Turchia. L’Egitto, inoltre, si è recentemente affidato all’Italia anche per l’acquisto di 32 elicotteri utility medi, ventiquattro AW149 e otto AW189 prodotti da Leonardo. Non è ancora ben chiaro come l’Egitto disporrà di questi nuovi mezzi, ma non è da escludere un potenziale impiego sulle sue due LHD classe Mistral.
Seguendo un trend che nell’ultimo decennio ha accomunato gran parte dei Paesi della sponda Sud-Est del Mediterraneo, anche l’Egitto si sta preoccupando di rinnovare ed ampliare la propria componente sottomarina, anche a fronte di un’innegabile recrudescenza del fenomeno di proliferazione ed attività del naviglio sommergibile all’interno del bacino mediterraneo. A fronte di una flotta obsoleta composta da 4 esemplari di SSK classe Romeo di importazione cinese, risalenti agli anni ’80, Il Cairo sta acquisendo quattro sottomarini diesel-elettrici tipo 209/1400mod di fabbricazione tedesca. Dei battelli, armati di siluri pesanti SeaHake mod 4 e missili antinave Harpoon Block II UGM-84L, tre sono stati consegnati tra il 2017 e il 2020, mentre l’ultimo è previsto per la fine dell’anno corrente. La componente subacquea riveste un ruolo particolarmente rilevante per la difesa degli interessi strategici egiziani, non solo per la sicurezza del Mar Rosso e del Canale di Suez, ma soprattutto per il monitoraggio e la tutela dei cavi sottomarini. Da Suez, infatti passa tutto il traffico di dati dell’Europa diretto verso Golfo, l’Asia centrale e viceversa, che renderà il choke-point un ulteriore snodo nevralgico per l’economia globale nel prossimo futuro.
Sebbene l’Egitto vanti da tempo una rilevante tradizione militare marittima, nonché una delle principali flotte del mondo arabo, negli scorsi decenni i rivolgimenti interni al Paese, la congiuntura geopolitica e i pesanti problemi finanziari, hanno fatto sì che la Marina militare egiziana accumulasse obsolescenza e gap strutturali. Con il ritorno de Il Cairo ad una politica estera attiva e, per certi versi, espansiva, all’interno del bacino del Mediterraneo allargato, sorge oggi la necessità di una Marina in grado di operare su lunghe distanze, in un contesto sempre meno permissivo, all’interno di spazi contestati su più domini. I recenti acquisti indicano come l’Egitto non stia semplicemente ammodernando la propria flotta in un’ottica conservativa, ma stia cercando di cambiarne struttura e impostazione, per dotarsi di una flotta ‘blue water’ completa ed efficiente. Tale capacità d’altura consentirà al Paese non solo di tutelare al meglio i propri interessi strategici e le proprie rivendicazioni territoriali, ma anche di difendere i propri confini marittimi qualora il conflitto libico dovesse riaccendersi e proiettarsi sul mare, competere con la Turchia nella partita energetica del Mediterraneo Orientale, operare lungo tutto il bacino acquifero del Mar Rosso e oltre, nonché aumentare la propria influenza regionale attraverso lo strumento militare. Pertanto, la selezione di determinati interlocutori industriali lungo il processo di procurement, in particolare per le piattaforme più grandi, è spesso funzionale a tale agenda e si rivela uno strumento utile a consolidare relazioni internazionali chiave e fare dell’Egitto un interlocutore sempre più strategico all’interno dell’area MENA.
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