Asean, tensioni in Ucraina e altre notizie interessanti
di LIMES (autori vari)
MANOVRE INTORNO ALL’ASEAN [di Dario Fabbri]
Il governo britannico ha invitato i membri dell’Asean a partecipare al prossimo G7 di dicembre, mentre la Repubblica Popolare giura alle medesime nazioni di non volerle piegare alla sua volontà.
Perché conta: Anche nel Sud-est asiatico si gioca la partita tra Stati Uniti e Cina per l’egemonia sull’intero continente. Qui Pechino è impegnata a vincere la sua deficienza più grande, ovvero esistere nella regione, ingombro che storicamente consiglia alle cancellerie locali di scegliere l’egemone potenzialmente più lontano, gli Stati Uniti. Così vanno intese le parole con cui oggi Xi Jinping ha provato a tranquillizzare i suoi interlocutori «Saremo sempre amici e ottimi vicini, perché non vogliamo dominare nessuno», ha scolpito il presidente cinese. Apertura a cui ha risposto Londra, invitando i governi autoctoni a partecipare al G7, dunque allo schema statunitense. Proposta che palesa ulteriormente il ruolo di cavallo di Troia di cui si è investito il Regno Unito, nonostante le raccomandazioni di Washington a non trascendere le linee rosse, con l’obiettivo di scongiurare drammatici scontri con la Repubblica Popolare. Posizione certamente meno rilevante di quella giapponese, giacché Tokyo resta di gran lunga il principale investitore della regione, nonché la potenza imperiale di riferimento, principale alleato statunitense nel contenimento della Cina.
Per approfondire: Si fa presto a dire Asean
LA CINA DECLASSA LA LITUANIA [di Giorgio Cuscito]
La Repubblica Popolare Cinese ha declassato le relazioni diplomatiche con la Lituania, dove il 18 novembre è stato inaugurato l’ufficio di rappresentanza taiwanese. Significa che il rappresentante di Pechino a Vilnius passerà dalla funzione di ambasciatore a quella di incaricato d’affari.
Perché conta: La crisi dei rapporti sino-lituani è un successo per Taiwan. Taipei considera il faticoso potenziamento della propria proiezione diplomatica all’estero utile a scoraggiare una possibile invasione da parte di Pechino. Allo stesso tempo, la vicenda conferma il crescente scetticismo dei paesi appartenenti alla sfera d’influenza americana in Europa nei confronti della Repubblica Popolare.
Nell’ultimo anno, la Lituania ha preso marcatamente le distanze dalla Cina su molteplici dossier quali Hong Kong, Xinjiang, 5G e nuove vie della seta. Ora, Vilnius dimostra di essere contraria ai piani tracciati da Pechino per conquistare Taiwan entro il 2049 approvando l’apertura di una sede diplomatica taiwanese sul proprio territorio.
A scanso di equivoci, lo scopo della Lituania non è battersi per la causa di Taipei. Sulla postura di Vilnius incide semmai la storica necessità del paese baltico di arginare la minaccia proveniente dalla Russia. In sintesi, il governo lituano segnala agli Stati Uniti che sta contribuendo attivamente al contenimento della penetrazione cinese in Europa per assicurarsi il sostegno militare di Washington contro Mosca.
Infatti, la priorità di Vilnius è contribuire nell’ambito Nato al presidio della nuova cortina di ferro, frontiera tra la sfera d’influenza a stelle e strisce e quella russa. Di quest’ultima fanno parte anche l’exclave di Kaliningrad e la Bielorussia, adiacenti alla Lituania. Vilnius teme in particolare l’adiacenza alla Bielorussia. La crisi dei migranti al confine polacco-bielorusso architettata da Minsk quasi certamente su indirizzo di Mosca sta spingendo Varsavia a rinforzare la presenza militare lungo il confine e a costruire un muro. Il quale paradossalmente consente alla Russia di consolidare il proprio controllo sulla stessa Bielorussia, ma allo stesso tempo alimenta l’esigenza lituana e polacca di difendersi dal Cremlino.
Il fatto che Washington voglia firmare con Vilnius un accordo di credito all’esportazione di 600 milioni di dollari è un indizio dell’approvazione americana alla tattica lituana in chiave anticinese.
Per approfondire:La Lituania usa Taiwan contro la Cina per far piacere agli Usa e difendersi dalla Russia
UCRAINA ACCERCHIATA [di Mirko Mussetti]
Il capo dell’intelligence militare dell’Ucraina, generale di brigata Kyrylo Budanov, ha affermato che la Russia si appresta ad attaccare su larga scala il paese entro la fine di gennaio 2022. Per il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov è «isteria alimentata intenzionalmente», un pretesto per gli Stati Uniti di «inviare loro stessi le loro forze armate».
Perché conta: Kiev considera le vaste esercitazioni militari russe di aprile e settembre (Zapad-21) come preposizionamenti in vista di un’offensiva. Il numero di militari russi attualmente nelle prossimità del confine si attesterebbe a 92 mila, ma potrebbe essere incrementato agevolmente nel giro di pochi giorni. A differenza delle apparecchiature, gli uomini possono essere mobilitati in modo repentino, anche in borghese.
Gli Stati Uniti hanno condiviso informazioni classificate con gli alleati europei, che mostrano un concentramento di truppe russe e di artiglieria finalizzato a una rapida spinta su larga scala. Le immagini delineano uno scenario nel quale le truppe irromperebbero in Ucraina dalla Crimea a sud, dal confine russo a est e dalla Bielorussia a nord, con circa 100 gruppi tattici. Secondo l’ufficiale ucraino, una tale aggressione prevederebbe attacchi aerei, di artiglieria e corazzati, oltre ad assalti anfibi a Odessa e Mariupol, mentre l’incursione dalla Bielorussia sarebbe più contenuta e con finalità diversiva.
Il rinnovato sodalizio tra Vladimir Putin e Aljaksandr Lukašėnka preoccupa le autorità di Kiev. L’avallo di 28 programmi per l’Unione statale tra Russia e Bielorussia, corredato da una dottrina militare congiunta, permetterebbe a Mosca di schierare proprie truppe anche lungo il confine settentrionale dell’Ucraina. Di più: il sollecitato dispiegamento di batterie terra-terra Iskander-M a capacità nucleare nel cuneo bielorusso renderebbe qualsiasi lembo di terra ucraina vulnerabile alla missilistica tattica della Federazione.
L’accerchiamento a nord e il monopolio navale russo nel Mar Nero spingono i russi a ritenere improbabile una massiccia concentrazione di truppe americane nell’Ucraina centro-orientale. Nessun generale assennato sarebbe lieto di condurre o stazionare le proprie truppe in quella che si presenta come un’enorme sacca priva di elementi orografici difensivi. Ma è altrettanto consapevole dell’effetto logorante sulle forze moscovite, dato da un flusso costante di materiale bellico statunitense all’esercito di Kiev. Inoltre, l’occupazione militare produrrebbe danni d’immagine difficilmente ricomponibili sia all’interno sia all’esterno del paese invaso.
Ecco perché Putin continua a sperare in un riassorbimento glorioso – cioè senza versamento di sangue – dell’Ucraina nel russkij mir (mondo russo).
Per approfondire: L’articolo di Vladimir Putin sull’Ucraina
PROTESTE COVID [di Federico Petroni]
Il presidente francese Emmanuel Macron ha definito “molto esplosiva” la situazione in Guadalupa, dove da giorni si verificano scioperi, incendi, saccheggi e spari sulle forze di polizia contro le misure imposte dal governo per contenere l’epidemia di Covid-19. Parigi ha inviato nel dipartimento d’oltremare caraibico alcune centinaia di forze di sicurezza aggiuntive. Le autorità locali ammettono di non avere idea di quando finiranno le violenze.
Perché conta: Le proteste e gli scontri violenti in diversi paesi europei a causa delle nuove restrizioni preoccupano tutte perché testimoniano l’allentarsi della coesione interna e della legittimazione dello Stato. Tuttavia, a oggi le sole ad aver superato il livello di soglia sono quelle nell’arcipelago francese delle Antille. Perché avvengono in un territorio circoscritto. Mettono in dubbio la sua appartenenza alla République. Minacciano di espandersi alla vicina Martinica.
Benché il sentimento indipendentista non sia diffuso e le richieste abbiano natura economica e non identitaria, il virus ha acuito tensioni di vecchia data fra Guadalupa e l’Esagono. Secondo il governo, ad aizzare le violenze sono gli stessi attori responsabili dello sciopero generale che nel 2009 tenne bloccata l’isola per 44 giorni.
In queste settimane, il morbo sta mettendo a nudo la distanza fra centro e territori periferici in alcuni Stati europei. Per un paese come la Francia, la cui idea di sé si costruisce a partire dall’idea di essere mondiale, i piccoli ma diffusi possedimenti nei sette mari sono una risorsa indispensabile. La durezza della risposta sarà dovuta anche alla volontà di non mostrare crepe ad altri territori più avanti della Guadalupa nel desiderio di indipendenza. Nuova Caledonia e Guyana francese osservano attentamente.
Per approfondire: Grande potenza, ma forse più piccola: la Francia nel 2051
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