Kazakistan: dietro le proteste vi sarebbero radicali islamisti
di SICUREZZA INTERNAZIONALE (Anna Peverieri)
Per la prima volta da quanto hanno avuto inizio i disordini in Kazakistan, le autorità hanno annunciato, lunedì 10 gennaio, la presenza di “radicali islamisti addestrati all’estero” tra i manifestanti. Intanto, il presidente, Kassym-Jomart Tokaev, ha sottolineato che è stato “ripristinato l’ordine costituzionale” nel Paese.
Le parole del capo di Stato sono state pronunciate in apertura della riunione straordinaria dell’alleanza militare centroasiatica, l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), guidata dalla Russia. Il vertice da remoto è presieduto dall’Armenia, attualmente a capo del blocco, e anche il presidente russo, Vladimir Putin, vi prenderà parte. Quanto alla presenza di “terroristi”, il Ministero degli Esteri kazako, attraverso una nota, ha fatto sapere che dietro alle violenze vi sarebbero stati militanti estremisti. “Come hanno dimostrato gli eventi ad Almaty e in diverse altre regioni del Paese, il Kazakistan è stato oggetto di aggressioni armate da parte di gruppi terroristici ben coordinati e addestrati all’estero”, si riporta nella nota. In quest’ultima, senza nominare alcun gruppo specifico, si legge in conclusione: “Secondo i dati preliminari, gli aggressori includono individui che hanno fatto esperienza in zone di combattimento militare, tra gruppi islamisti radicali”. Tokaev ha poi approfondito, affermando che il “principale attacco dei terroristi” è stato diretto contro Almaty, la città Meridionale più densamente popolosa del Paese, al fine di attuare un vero e proprio “colpo di Stato”. “La caduta della città avrebbe aperto la strada alla presa del Sud del Kazakistan, per poi arrivare ad ottenere il controllo di tutto il territorio”, ha proseguito il leader kazako, ringraziando Russia e la CSTO per essere intervenuti militarmente e per aver riportato l’ordine. Quanto avvenuto ha rappresentato “la crisi più grande nella storia del Paese”, ha riportato il quotidiano russo Kommersant, citando le parole di Tokaev, rivelando che “Almaty e altri 9 centri regionali” erano “caduti nelle mani di terroristi”.
Intanto, l’ufficio stampa del Comitato per la Sicurezza Nazionale del Kazakistan (NSC) ha fatto sapere che nella capitale del Paese, Nur-Sultan, è stato ritrovato il corpo esanime del colonnello dell’NSC, Azamat Ibraev, nel cortile della sua abitazione. Secondo quanto rivelato dal canale Telegram Baza, il funzionario si sarebbe suicidato, buttandosi dalla finestra. Anche il capo del Dipartimento della polizia regionale di Zhambyl, Zhanat Suleimenov, si sarebbe tolto la vita. L’NSC e le autorità regionali, di conseguenza, hanno annunciato l’avvio di “indagini” per comprendere le circostanze che avrebbero portato a tali sviluppi. Per quanto riguarda il bilancio delle vittime, le autorità kazake hanno finora confermato la morte di 17 membri delle forze dell’ordine. Quanto ai civili, invece, media russi avevano rivelato, inizialmente, che i morti erano circa 164. Tuttavia, la cifra non era stata confermata e Reuters ha reso noto che il post originale in russo è stato rimosso. Al momento, l’agenzia di stampa russa TASS, citando il Ministero dell’Informazione del Kazakistan, ha riferito che sono stati smentiti i dati sulle 164 vittime. Il suddetto Dipartimento “ha definito tale cifra un errore tecnico, facendo notare di non disporre ancora dei dati precisi sul numero totale” di morti. Il numero di persone arrestate dalle Forze di sicurezza kazake, invece, è di 7.939, ha riferito Kommersant, menzionando il Ministero dell’Interno kazako. Del totale, 207 civili sono stati detenuti a Almaty. Sebbene, il 7 gennaio, Tokaev abbia dato l’ordine di “aprire il fuoco contro i rivoltosi per uccidere” per “garantire il benessere del Paese”, il capo di Stato ha negato l’uso della forza contro manifestanti pacifici. Nello specifico, il 10 gennaio, Tokaev ha tuonato: “Nella comunità internazionale, tra cui alcuni media stranieri, sono state riportate interpretazioni assolutamente errate riguardo l’uso della forza della CSTO”, aggiungendo che “nonostante tutte le prove fornite, alcune fonti stanno continuando ad affermare che le autorità kazake stanno utilizzando la forza contro civili pacifici”.
In tale cornice, è importante ricordare che la CSTO è un’alleanza militare difensiva che riunisce Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Russia e Tagikistan, ed era stata creata il 15 maggio 1992, al fine di salvaguardare il territorio dell’ex Unione Sovietica. A partire dal 2 dicembre 2004, il CSTO ha ricevuto lo status di osservatore dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con la quale ha altresì stretto un accordo di cooperazione per mantenere la pace e la stabilità nelle aree di competenza.
I disordini hanno avuto inizio il 2 gennaio nella regione Sud-occidentale di Mangystau, nella città di Aktau, e in quella petrolifera di Zhanaozen. Due giorni dopo, il 4 gennaio, le manifestazioni si sono estese ad Almaty, nel Sud-Est del Paese, dove la polizia è intervenuta con mezzi corazzati per disperdere gli oltre 5.000 manifestanti scesi in piazza, impiegando altresì granate stordenti e gas lacrimogeni. Le proteste si sono trasformate in rivolte anti-governative, alimentate da un profondo risentimento maturato durante i tre decenni di governo dell’ex presidente Nursultan Nazarbayev e del successore scelto dall’ex leader. L’81enne Nazarbayev si era dimesso nel 2019 ma godrebbe tutt’ora di grande influenza politica e si ritiene che la sua famiglia controlli gran parte dell’economia kazaka, la più grande dell’Asia centrale.
Nel tentativo di placare l’ira pubblica, Tokayev ha rimosso Nazarbayev dalla carica di capo del potente Consiglio di Sicurezza e suo nipote dalla posizione di n. 2. Anche il governo Tokayev è stato sciolto. Inoltre, su invito del presidente kazako, il 6 gennaio, Mosca ha avviato un’operazione di peacekeeping della CSTO, inviando nel Paese circa 2500 uomini. L’Unione Europea, tramite l’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera, Josep Borrell, si è detta preoccupata per i recenti sviluppi in Kazakistan e ha esortato le parti coinvolte a garantire i diritti e la sicurezza dei civili. “Gli aiuti militari esterni riportano alla memoria situazioni che vanno evitate”, ha affermato Borrell in un Tweet, aggiungendo che l’Europa “è pronta a fornire supporto per affrontare la crisi”. Anche la Casa Bianca ha fatto sapere che stava “monitorando da vicino” l’invio delle truppe russe.
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