È importante non perdere di vista la forte relazione tra l’Ucraina e la Turchia, che ha fornito a Kyiv i più avanzati droni TB2 “Bayraktar” e ha chiuso il suo spazio aereo, il Bosforo e i Dardanelli all’esercito russo. La Turchia spera che la Russia non vinca facilmente questa guerra e che questa duri a lungo, in modo che la Russia non si dedichi all’accordo di “Astana” e torni a chiedere il ritiro della Turchia dalla Siria per preservare la sua integrità territoriale. L’intenzione turca di avviare una manovra militare ai confini con la Siria indica che Erdogan vuole annettere le città siriane settentrionali lungo i confini turchi meridionali come parte del suo piano di espansione mentre la Russia è impegnata in Ucraina. Tuttavia, le forze statunitensi sono dislocate nella stessa area e qualsiasi avanzata turca costringerebbe Washington ad adottare un nuovo piano per la Siria e a rinunciare agli alleati curdi. Questa non è una mossa gradita per gli Stati Uniti e Biden preferirebbe non affrontarla a livello nazionale in questo momento storico cosi’ critico.
La Russia non ritirerà le sue forze dispiegate in molte zone del nord-est della Siria e non permetterà a Erdogan di espandersi anche se la guerra in Ucraina è la sua priorità assoluta. Inoltre, la Russia ha trovato un’alternativa allo spazio aereo turco utilizzando lo spazio aereo iraniano per trasportare e rimpiazzare le sue truppe e trasportare attrezzature militari attraverso l’aeroporto militare iraniano di Hamedan. Pertanto, la decisione del presidente turco non modificherà i piani della Russia in Siria né la costringerà a rinunciare ai suoi interessi vitali e strategici nell’area, soprattutto dopo la guerra in Ucraina e con la necessità della Russia di mantenere la sua presenza nel Levante.
Le decisioni del Presidente Erdogan non sono separate dalla politica e dalle dinamiche interne turche. Si prevede che la ricollocazione dei rifugiati siriani, se sarà portata a compimento, sarà sfruttata nelle elezioni del prossimo anno, soprattutto dopo che la popolazione turca ha manifestato il proprio disagio e malcontento per la presenza e il peso degli sfollati siriani.
Per quanto riguarda l’Europa, spingere i profughi siriani verso la Siria e la parte più critica del Levante non preoccupa i leader europei, che benedicono qualsiasi passo che li allontani dal ricatto turco, che altrimenti invierebbe altri profughi verso l’Europa. Dopo gli oltre cinque milioni di immigrati ucraini nelle nazioni europee, c’è poca voglia di ospitare altri rifugiati mediorientali o africani in quel continente.
Informazioni di intelligence indicano che funzionari dei servizi segreti dell’UE (e degli Stati Uniti) hanno incontrato Abu Muhammad al-Julani (ex emiro dell’ISIS ed ex emiro di al-Qaeda nel Levante) per porre fine alla sua collaborazione con al-Qaeda e rimanere sotto la tutela di Ankara. Questo coordinamento tra l’Europa e al-Julani non sorprende, soprattutto perché la divisione della Siria serve gli interessi di diversi Paesi: Turchia, Israele, Stati Uniti ed Europa.
Questi Paesi ritengono che mantenere un alto livello di povertà in Siria possa danneggiare l’Iran. Infatti, permettere al governo di Damasco di risanare il Paese e ricostituire la sua forza potrebbe portare la leadership siriana a lottare per la liberazione delle terre occupate (il Golan) e imporre una forza di dissuasione su Israele, che effettua centinaia di raid senza alcun deterrente. Inoltre, una Siria debole comporta un salasso di risorse per l’Iran e impedisce alla Russia di agire in modo rilassato in un Paese di importanza vitale, costringendola ad interagire con un Paese in difficoltà economica.
L’impossibilità di Mosca di operare in uno Stato prospero, dove si trovano le sue truppe e che dovrebbe giustamente essere considerato sotto la sua influenza, è un handicap per la leadership russa. Inoltre, mantenere la Siria povera e bisognosa impedisce la presenza di Paesi potenti all’interno dell’”asse della resistenza”. Pertanto, gli Stati Uniti e i loro alleati (Israele e Turchia) beneficerebbero di molte delle richieste turche, ad eccezione della presenza del ramo curdo del PKK siriano che è devoto agli Stati Uniti e collabora con gli israeliani per attaccare obiettivi in Siria.
In uno sviluppo correlato, la Turchia ha iniziato a rinsaldare le sue relazioni con i Paesi arabi più ricchi (Arabia Saudita ed Emirati). Il presidente Erdogan ha bisogno di sostegno finanziario per realizzare il suo obiettivo di “impedire l’espansione iraniana”. Tuttavia, i Paesi del Golfo ricchi di petrolio sanno che questi obiettivi contribuiranno ad aumentare il potere turco in Siria senza indebolire l’Iran e la sua influenza nella regione. Inoltre, diversi Paesi arabi si stanno preparando al ritorno di fiamma nelle relazioni con Teheran e non hanno più bisogno di confrontarsi con l’Iran come in passato.
La situazione del presidente Assad e la leadership della maggior parte della “Siria utile” non cambieranno, per quanto la Russia sia impegnata in Ucraina e per quanto il presidente Erdogan ne addenti alcune parti. Damasco ha condannato “gli spregevoli accordi di Ankara e le dichiarazioni del presidente Erdogan sulla zona cuscinetto, che rivelano i suoi stratagemmi contro l’unità dei territori siriani e del suo popolo, e che l’obiettivo è la pulizia etnica”.
Tuttavia, l’atteggiamento ufficiale siriano non cambierà le regole del gioco turche, che si prepara a imporre le proprie condizioni, con la consapevolezza che la Turchia ha il coltello più affilato. Questo potrebbe dare al presidente Erdogan il via libera e permettergli di raggiungere alcuni dei suoi obiettivi, o almeno la maggior parte, con il consenso seppur riluttante della comunità internazionale. L’America, ufficialmente, ha espresso parere contrario alla decisione della Turchia di condurre un’operazione militare per creare una zona cuscinetto a 30 km di profondità all’interno del territorio siriano. Tuttavia, anche una versione ridotta delle richieste della Turchia permetterebbe al Presidente Erdogan e alla NATO di uscirne vincitori.
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