L’impazienza finanziaria è un comportamento umano globale
di SCIENZA IN RETE (Chiara Sabelli)
Nel campo dell’economia comportamentale, confrontare ricompense future con ricompense presenti è noto come problema della “scelta intertemporale”. I ricercatori concordano che in genere preferiamo una somma di denaro più piccola nell’immediato rispetto a una più grande nel futuro. Saremmo insomma affetti da una sorta di “impazienza finanziaria”. «Gli economisti chiamano questo effetto “sconto temporale”, mentre gli psicologi lo definiscono “bias del presente”», commenta Enrico Rubaltelli, psicologo dell’Università di Padova dove dirige il Judgement and Decision Making Lab.
«Questa propensione dipende dal modo in cui percepiamo le conseguenze emotive delle nostre decisioni», continua Rubaltelli. «Siamo più o meno in grado di ricordare le emozioni provate in seguito a scelte fatte in passato, molto bravi a percepire le conseguenze emotive di una decisione che stiamo per prendere ora, siamo molto scarsi nell’anticipare le emozioni future».
Finora, però, i ricercatori hanno testato questa ipotesi solo nei cosiddetti paesi WEIRD (Western Educated Industrialized Rich and Democratic), cioè paesi occidentali, istruiti, industrializzati, ricchi e democratici. Si è formata poi l’idea che le persone più povere tendano a scontare maggiormente le ricompense future, perché sono più incerte su ciò che accadrà e più bisognose nell’immediato. Insomma, sarebbero meno affidabili e lungimiranti nelle decisioni. Questa idea ha avuto un impatto sulle politiche di governi e istituzioni. Si pensi ai requisiti eccessivi di risparmio per l’accesso ai mutui, alle condizioni di prestito meno favorevoli per chi guadagna poco o alla concentrazione delle imposte sul reddito senza considerare il patrimonio.
Un nuovo studio, pubblicato la scorsa settimana sulla rivista Nature Human Behaviour e coordinato da Kai Ruggieri della Columbia University, ha scoperto che l’impazienza finanziaria è effettivamente una caratteristica globale del comportamento umano.
Un’indagine condotta su oltre 13 000 partecipanti da 61 paesi, alcuni dei quali in regioni, come Asia e Africa, normalmente escluse da queste analisi, ha rilevato che tutti, anche se con gradi diversi, preferiamo una quantità di denaro minore oggi rispetto a una maggiore tra un anno. I ricercatori hanno infatti osservato che la variabilità di questa impazienza all’interno dei singoli paesi è maggiore di quella tra le medie dei paesi.
Lo studio ha anche rivelato che più che il reddito sono le condizioni economiche e finanziarie del paese, misurate ad esempio attraverso l’inflazione e i livelli di disuguaglianza, a influenzare il modo in cui ragioniamo sul futuro e la nostra tendenza a scontare le ricompense future. Scrivono gli autori che i «risultati mettono in discussione l’assunzione che le persone con redditi bassi prendono decisioni meno lungimiranti. I dati indicano invece che chi si trova ad affrontare un contesto finanziario negativo, anche se ha un reddito migliore (della media, ndr), è probabile che prenda decisioni che privilegiano il presente rispetto al futuro».
«Lo studio affronta la crisi di riproducibilità con cui il campo della psicologia ha dovuto fare i conti negli ultimi decenni», commenta Rubaltelli. «Inoltre, gli autori hanno coinvolto partecipanti più rappresentativi delle popolazioni che volevano studiare, piuttosto che ricorrere a studenti universitari, una pratica comune in psicologia comportamentale, ma che ha dimostrato di avere molti limiti», aggiunge.
Il progetto di ricerca è stato realizzato grazie a un’ampia rete di ricercatori (l’articolo conta 170 autori) reclutati attraverso il Junior Research Programme. I gruppi dei diversi paesi si sono assicurati che le trenta domande del questionario fossero tradotte correttamente nella lingua locale, che i partecipanti fossero rappresentativi della popolazione per quanto riguarda età, sesso, reddito e livello di istruzione. Gli autori locali sono stati anche responsabili dell’adeguamento delle cifre in base al potere d’acquisto e ai livelli salariali medi dei diversi paesi.
«L’indagine è stata condotta online reclutando i partecipanti tra la nostra rete di contatti, e anche rintracciando gruppi tematici sui social media interessati a questi argomenti», spiega Martina Benvenuti, ricercatrice dell’Università di Bologna e tra gli autori italiani che hanno preso parte allo studio.
La domanda iniziale del sondaggio offriva due opzioni: ricevere subito una somma pari a circa il 10% del reddito annuale medio del paese, per gli Stati Uniti questa corrisponde a 500 dollari, oppure aspettare un anno per ricevere il 10% in più, cioè 550 dollari. Ai partecipanti che sceglievano la prima opzione, veniva riproposta la stessa domanda ma offrendo 600 dollari a distanza di un anno, invece di 550. Se continuavano a preferire 500 dollari subito, gli veniva proposta un’ultima possibilità: 500 dollari subito o 750 dopo un anno. Al contrario, per i partecipanti che fin dall’inizio preferivano aspettare per avere più soldi, nelle domande successive veniva offerta la possibilità di scegliere tra 500 dollari subito oppure 510 dopo un anno. E così via. Questo ha permesso ai ricercatori di stimare il cosiddetto “punto di indifferenza”, cioè la differenza tra la somma presente e quella futura sufficiente a far preferire la ricompensa futura a quella immediata.
Sono state poi misurate alcune altre anomalie nel problema della scelta intertemporale. Per esempio i ricercatori hanno cercato di capire quanto conti la cifra di base offerta, 500 dollari nel caso degli Stati Uniti. Per farlo hanno chiesto ai partecipanti cosa preferissero tra 5000 dollari subito e 5050, 5100 o 5250, a seconda del punto di indifferenza del singolo individuo, dopo un anno. Hanno poi valutato la capacità di distinguere tra diversi momenti nel futuro, chiedendo ai partecipanti se preferissero 500 dollari dopo un anno o 550 dopo due, sempre considerando i punti di indifferenza individuali. Le persone normalmente preferiscono 500 dollari oggi piuttosto che 550 dollari domani, ma preferiscono 550 dollari tra due anni piuttosto che 500 dollari tra un anno.
Alla fine del questionario ai partecipanti venivano chieste informazioni sulla loro condizione finanziaria, propensione al rischio, demografia e livello di istruzione.
I ricercatori hanno poi aggregato i dati individuali per paese e li hanno confrontati.
Per quanto riguarda il fattore di sconto temporale, cioè quanto deprezziamo le ricompense future per confrontarle con quelle presenti, il valore minore si osserva in Giappone e quello maggiore in Argentina. L’Italia si piazza a metà classifica, e sconta le ricompense future meno di quanto non facciano in media francesi e spagnoli. Gli italiani si mostrano decisori “più lungimiranti” anche di tedeschi, britannici e scandinavi per quel che riguarda un’altra anomalia misurata dallo studio e chiamata ‘gain-loss asymmetry’. In media, rispetto a queste altre popolazioni europee, siamo più disposti a pagare subito una certa somma rispetto a rimandare ma pagando di più.
«Questo è dovuto al fatto che gli italiani sono più propensi a risparmiare e quindi sono più capaci di affrontare spese impreviste», dice Martina Benvenuti «per esempio, gli italiani hanno più probabilità di possedere una casa di proprietà rispetto a tedeschi e francesi, e questo influenza la loro percezione di stabilità».
Ma il risultato importante è che In tutti i paesi si osserva impazienza finanziaria, anche se con diversi gradi. Il prodotto interno lordo, il livello di disuguaglianza e l’inflazione sono in grado di spiegare gran parte della differenza tra paesi. Maggiore stabilità finanziaria dell’ambiente circostante migliori sono associati a sconti temporali più bassi, mentre livelli più elevati di disuguaglianza e inflazione sono associati a sconti più elevati.
Al contrario, le caratteristiche individuali spiegano solo una piccola parte delle differenze osservate all’interno dei singoli paesi. Inoltre, guardando alle risposte individuali si vedono ampie sovrapposizioni tra paesi diversi, a indicare che questo atteggiamento verso le scelte intertemporali è globale. «In altre parole, il peggioramento del contesto economico – e non il semplice “essere poveri” – è associato a una tendenza più forte e coerente ad attualizzare i valori futuri», scrivono gli autori in un commento che accompagna la pubblicazione.
Gli autori sperano che le conclusioni dello studio informino le politiche di governi e istituzioni volte a ridurre le disuguaglianze sia economiche che di salute. Uno studio pubblicato pochi giorni dopo sulla rivista Scientific Reports ha infatti mostrato che la miopia nelle decisioni finanziarie influenza la decisione di vaccinarsi o meno contro il SARS-CoV-2. Lo studio ha coinvolto quasi 5 000 partecipanti di 13 paesi con diversa gravità della pandemia e adesione alla vaccinazione.
Come valore aggiunto e come impegno ad affrontare la crisi della riproducibilità che colpisce così gravemente la psicologia sperimentale, gli autori hanno pre-registrato il loro studio sulla piattaforma OSF. La piattaforma offre l’opportunità di condividere con altri ricercatori le ipotesi dello studio e il suo disegno e di ottenere feedback che possono portare ad aggiustamenti prima che lo studio abbia luogo. Inoltre, contrasta la pratica chiamata HARKING, ovvero la tendenza a formulare ipotesi dopo che i risultati sono noti. Questa pratica è in parte motivata dal fatto che le riviste scientifiche preferiscono pubblicare risultati “positivi” piuttosto che “negativi”.
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