Un soffio che vale una presidenza. 49,10 per Jair Bolsonaro, 50,90 per Luiz Inácio Lula da Silva. Neanche un punto percentuale li divide. Il primo va a casa -se non decide di mettere in atto quanto da mesi minaccia, ovvero un 6 gennaio brasiliano, in queste ore i gruppi bolsonaristi denunciano ‘frodi elettorali’ e chiedono un colpo di Stato-, il secondo va alla presidenza del più grande Paese dell’America Latina, il Brasile, forte di più di 60 milioni di voti, il massimo nella storia brasiliana, battendo il suo stesso record dal 2006.
Anche in questo caso i sondaggi lasciano un po’ a desiderare: per quanto avessero previsto la vittoria di Lula, il margine di distacco tra i due candidati era leggermente maggiore. Invece è stata una corsa sul filo di lana, e alla fine l’ha spuntata il vecchio sindacalista, immagine della democrazia, della sinistra latinoamericana e del riscatto. Riscatto da false accuse -quelle che erano piombate addosso all’ex Presidente, vittima della corruzione del suo partito e del sistema Paese- riscatto degli ultimi, quelli ai margini del sistema economico liberista. E nel Brasile che lascia Bolsonaro i cittadini al margine sono circa 9,6 milioni, caduti sotto la soglia di povertà tra il 2019 e il 2021.
La terza presidenza Lula non sarà una passeggiata. Non solo perchè si tratta di una vittoria che più di misura non si può che lascia un Paese spaccato, soprattutto perchè si troverà un Congresso in mano ai bolsonaristi.
Il 1° gennaio 2023, Lula si troverà a capo di un Paese diviso. I principali quotidiani del Paese gettano acqua sul fuoco delle divisioni. Dopo una campagna elettorale divisiva, costellata di omicidi politici, un voto molto teso, è tempo di conciliazione, di pacificare il Paese, di calmare gli animi e di rimboccarsi le maniche per scaldare l’economia, con l’inclusione sociale e il benessere generale, affermano i maggiori opinionisti brasiliani. Molti dei quali riconoscono che la sua sfida più difficile sarà unire il Paese. Dovrà ricostruire il dialogo, le relazioni, tra le due metà del Paese, per altro con Bolsonaro e i bolsonaristi che gli giocheranno contro.
«Bolsonaro è ora il primo Presidente nella storia democratica del Brasile a non vincere la rielezione. Il rifiuto di un Presidente in carica, sebbene con margini inferiori al previsto, mostra la chiara frustrazione nella società brasiliana per lo status quo, che continua a manifestarsi nelle democrazie di tutto il mondo», commenta Jason Marczak, direttore senior dell’Adrienne Arsht Latin America Center. Malessere interessante da indagare a tutte le latitudini, in effetti, e però nel caso di Bolsonaro non si può non considerare quello che è stato un «mandato in un’escalation autoritaria culminata in attacchi contro lo stesso sistema elettorale che lo aveva eletto». Il «cambiamento è un segno che le persone vogliono leader che pensano e governino con un interesse più profondo a migliorare la vita della persona media, soprattutto quando l’inflazione e gli alti prezzi di cibo ed energia prendono piede», prosegue Marczak. Secondo il quale «caratterizzare l’elezione di Lula come parte di uno spostamento a sinistra nella regione semplifica eccessivamente lo stato della politica regionale». Certo è che la vittoria di Lula è stata l’ultima di un’ondata politica in America Latina, che ha visto la vittoria della sinistra in Argentina, Colombia e Cile, dove al momento la sinistra è al governo.
I bolsonaristi al Congresso renderanno difficile l’attività di Lula. Anche se il Presidente non è del tutto scoperto su questo punto debole. Ha costruito un’ampia alleanza che include diversi politici del centro e del centrodestra, sottolineano gli osservatori, inclusi gli storici oppositori del PSDB, il Partito socialdemocratico brasiliano. Tra questi politici c’è il suo vicepresidente, l’ex governatore di San Paolo Geraldo Alckmin, considerato una ‘garanzia di moderazione’ nella futura Amministrazione. Lula dovrà stringere ‘alleanze pragmatiche‘ con parti del centro e della destra che hanno aderito alla politica del suo predecessore, spiega Thiago Amparo, professore di diritto e diritti umani presso la business school FGV di San Paolo. Potrebbe scoprire che mettere in atto la sua agenda è una battaglia in salita, avverte Amparo, specialmente con un Congresso ostile. I seggi che erano della destra tradizionale sono ora occupati dall’estrema destra, che non è aperta alla trattativa e non è facile da affrontare.
Il fatto che il Congresso abbia una maggioranza conservatrice richiederà a Lula la disponibilità ad alcuni compromessi, sottolinea Camila Rocha, politologa del think tank Cebrap, a partire dalla negoziazione di posizioni apicali nel governo, ministeri in testa.
Lo spostamento a sinistra è comunque evidente in quanto Marczak traccia in fatto di politica estera. Diversi esperti hanno dichiarato di ritenere che la sua posizione sull’ambiente e sulla questione climatica possa rappresentare un nuovo inizio nelle relazioni internazionali del Brasile. «Il terzo mandato di Lula segnalerà un probabile ritorno alla diplomazia Sud-Sud che ha caratterizzato i suoi precedenti mandati, in cui Lula si è presentato come il leader del Sud globale. Si prevede che aumenterà la collaborazione tra il Brasile e altri governi con prospettive simili come quelli in Argentina, Cile,Messico e Colombia». E: «Lula ha chiarito che vede gli Stati Uniti e l’Europa come partner preziosi per il Brasile, soprattutto nei settori del commercio e della cooperazione ambientale. Nella prossima Amministrazione, l’impegno del Brasile con l’America Latina e i Caraibi dipenderà da affinità ideologiche, ma anche da aree pragmatiche di collaborazione».
Secondo Abrão Neto, senior fellow non residente presso l’Adrienne Arsht Latin America Center, vicepresidente esecutivo di Amcham Brasil ed ex Segretario al commercio estero del Brasile: «L’elezione di Lula a Presidente per un terzo mandato porterà, tra l’altro, a un cambiamento sostanziale nell’agenda ambientale del Brasile. Di conseguenza, è probabile che ciò andrà a beneficio dell’immagine esterna del Brasile e migliorerà le sue relazioni con diversi Paesi, inclusi gli Stati Uniti. Le relazioni economiche USA-Brasile continueranno a essere guidate da interessi reciproci pragmatici. Il fatto che i flussi commerciali e di investimento bilaterali siano così importanti per ciascuno dei Paesi è favorevole a un impegno continuo e costruttivo. Una rinnovata posizione del governo brasiliano sui cambiamenti climatici e altre questioni ambientali potrebbe offrire un’ampia strada per la cooperazione bilaterale, con ricadute positive per le relazioni politiche ed economiche complessive tra Stati Uniti e Brasile»
Tatiana Prazeres, direttrice del commercio e delle relazioni internazionali per la Federazione delle industrie dello Stato di San Paolo e editorialista del quotidiano ‘Folha de São Paulo‘, punta l’attenzione proprio sulla politica estera applicata all’economia. «Sotto Lula, è probabile che emergano due nuove priorità nella politica estera del Brasile: la sostenibilità, da un punto di vista sostanziale, e il Sud America, da quello geografico. Entrambe le priorità segnano un allontanamento dalla visione del mondo di Bolsonaro; entrambi riflettono la comprensione di Lula secondo cui il Brasile ha bisogno di ricostruire la sua reputazione internazionale e la sua capacità di influenzare le discussioni globali e regionali. È probabile che la narrazione di Lula ponga un accento significativo sul ripristino della credibilità del Brasile all’estero.
Inoltre, Lula dovrebbe adottare un approccio diverso alle relazioni Cina-Brasile, approfondendo le relazioni bilaterali in aree al di fuori dell’economia.
Nonostante la retorica negativa contro la Cina durante l’Amministrazione Bolsonaro, il commercio e gli investimenti tra i due Paesi si sono evoluti in gran parte indisturbati. Tuttavia, il ‘rumore‘ politico generato dal discorso anti-cinese ha impedito l’approfondimento delle relazioni bilaterali in altri ambiti politici, come la scienza e la tecnologia. Il forte rapporto economico tra i due Paesi non corrisponde al loro rapporto politico meno intenso; questo si approfondisce negli anni di Bolsonaro. Sotto Lula, possiamo aspettarci che Brasile e Cina esplorino altre aree di cooperazione».
L’altro fronte di reale interesse sia in termini di politica estera che di politica economica è il gruppo dei Paesi BRICS. Il futuro di queste economie in via di sviluppo, sostiene Prazeres, «potrebbeprendere una piega diversa sotto Lula. Sebbene Bolsonaro non abbia mai rifiutato gli altri Paesi BRICS, le sue priorità si sono concentrate altrove, in particolare sulla promozione dell’adesione del Brasile all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Non è chiaro come la nuova Amministrazione vedrà la spinta della Cina per espandere i BRICS e modellarli come contrappeso all’Occidente».
Qui il problema politico è soverchiante. Nel gruppo la fanno da padroni Russia e Cina. Molto dipenderà da come, nel 2023, evolveranno la crisi Russia – Stati Uniti e la crisi Cina – Russia. L’Amministrazione Biden si è spinta in avanti, e per tutta la campagna elettorale brasiliana si è fatta sentire vicina a Lula, ieri sera il Presidente USA si è poi immediatamente congratulato con Lula per la vittoria. Lula dovrà gestire questo rapporto senza mettere in gioco la relazione con Pechino piuttosto che con Mosca. «È chiaro tuttavia che l’Amministrazione Lula vedrà nei BRICS una piattaforma importante non solo per migliorare il dialogo tra i suoi partecipanti, ma anche per influenzare le discussioni globali», afferma Tatiana Prazeres.
«Alcuni analisti scommettono che, sotto Lula, il Brasile si unirà alla Belt and Road Initiative (BRI). Resta da vedere fino a che punto si spingerebbe Lula in tal senso. Può darsi che il Brasile adotti un approccio più positivo nei confronti dell’iniziativa cinese. Detto questo, il Brasile potrebbe prendere in considerazione la possibilità di collaborare o sostenere progetti BRI, anche in altri Paesi, senza aderire formalmente all’iniziativa, in un supporto alquanto coperto», per non rischiare cattivi umori da parte di Washington.
«Gli sforzi di Lula per promuovere la reindustrializzazione del Brasile potrebbero causare qualche attrito con la Cina ma, in generale, ciò non dovrebbe far deragliare le relazioni bilaterali, in parte a causa del potente settore dell’agrobusiness. Una sfida chiave per Lula è sfruttare gli investimenti e le tecnologie cinesi per aiutare a rinvigorire l’industria brasiliana. La sostenibilità offre anche nuove opportunità di cooperazione con la Cina, che Lula vorrebbe esplorare».
L’ambiente e l’emergenza ambiente, la protezione dell’ambiente potrebbe essere un trampolino di lancio per la leadership mondiale del Brasile, un cambiamento importante dopo che Bolsonaro ha messo in guardia il mondo dall’intervenire nella distruzione dell’Amazzonia. «Lula cercherà di riposizionare, quasi come un rebranding, il Brasile sulla scena internazionale come una potenza da tenere in considerazione», ha detto Amparo.
Durante la campagna elettorale, Lula aveva a chiesto «una nuova governance mondiale» per affrontare il cambiamento climatico, sostenendo che il Brasile, in questo quadro, dovrebbe assumere un ruolo centrale nella governance», in considerazione delle sue risorse naturali.
Secondo il capo del piano di governo di Lula da Silva, Aloizio Mercadante, in questa ottica di ‘governance mondiale’, si potrebbe creare un gruppo che comprenda Brasile, Indonesia e Congo in vista della Conferenza delle parti del novembre 2022 guidata dalle Nazioni Unite. Il gruppo mirerebbe a fare pressione sui Paesi più ricchi affinché finanzino la protezione delle foreste e a definire strategie per il mercato globale del carbonio.
Commenti recenti