L’idea che Ron DeSantis -rieletto governatore della Florida- sia il grande vincitore repubblicano del Midterm 2022 -e Trump il grande perdente– e cheda qui, da DeSantis e da Trump, si debba partire per guardare alle presidenziali 2024 dei repubblicani, è l’analisi condivisa dalla maggioranza degli osservatori americani e internazionali.
Se Ron DeSantis lancia il suo cappello sul ring per la presidenza nel 2024, i repubblicani dovranno prepararsi alla guerra civile. La pensano così a Washington e dintorni, dopo che martedì 8 novembre, il giovane DeSantis ha stupito repubblicani e democratici andando a vincere la corsa a governatore della Florida con quasi 19 punti di vantaggio sull’avversario democratico, in uno ‘Stato oscillante’ e in un’elezione che ha visto il suo partito sottoperformare a livello nazionale. «DeSantis è stato l’anomalia spettacolare, ottenendo una performance dominante», «che ha fatto girare la testa tra amici e nemici allo stesso modo», afferma Thomas Gift, professore Associato di Scienze Politiche presso la School of Public Policy dell’UCL e direttore fondatore dell’UCL Center on US Politics (CUSP), centro di ricerca sulla politica statunitense da una prospettiva globale.
Sarà ‘guerra civile‘ nelle fila repubblicane perchè il suo oramai ex mentore Donald Trump, che probabilmente martedì 15 novembre annuncerà ufficialmente la sua candidatura -nello stesso giorno in cui uscirà ‘So Help Me God‘, del suo ex vice Presidente Mike Pence, che già si preannuncia come un ulteriore colpo alla credibilità di Donald-, farà di tutto per abbattere l’avversario prima ancora che possa arrivare alla convention repubblicana di Milwaukee, in Wisconsin.
Subito dopo la vittoria di martedì, lo ha preso in giro chiamandolo ‘Ron DeSanctimonious‘ (qualcosa come ‘Ron il bigotto’), e lo ha minacciato pubblicamente. Trump, infatti, attraverso la ‘Fox News‘ ha avvertito DeSantis di rimanere fuori dalle elezioni presidenziali del 2024, ha detto: «Non so se sta correndo. Penso che se corre, potrebbe farsi molto male. Credo davvero che potrebbe ferirsi gravemente». Minaccia praticamente in stile mafioso, come sua abitudine. E qualche ora prima, ai giornalisti al seguito aveva dichiarato: «Se si candida, ti dirò cose su di lui che non sarebbero molto lusinghiere. So di lui più di chiunque altro, tranne forse sua moglie». Poche ore prima, Trump, ufficialmente residente in Florida, nella sua oramai famosa ‘bella villa’ a Mar-a-Lago, aveva dichiarato di aver votato per DeSantis.
Lo scontro è personale, certo, ma non solo una questione personale, investe tutto il partito, perchè DeSantis è in poco tempo diventato il portabandiera dell’ala dell’elefantino che non si riconosce in Trump e spera e lavora perchè la nomination per le presidenziali 2024 non vada al tycoon.
Una guerra civile che potrebbe devastare il Partito Repubblicano almeno per tre ragioni. Donald Trump: ha ancora un forte seguito nella base repubblicana, e questa sacca che lo sostiene è la componente più violenta (bastino i fatti del 6 dicembre 2021) che potrebbe rivoltarsi contro l’establishment repubblicano, oltre a incendiare il clima politico del Paese; nel Midterm dello scorso martedì è riuscito far eleggere un numero non indifferente di candidati da lui approvati e sostenuti, anche se alcuni di quelli di maggiore spicco non sono riusciti a spuntarla, per tanto ha ancora una significativa pattuglia di congressisti e governatori pronti a obbedire; secondo alcuni analisti, Trump, in caso di candidatura di DeSantis, potrebbe decidere di ‘bombardare‘ il Partito repubblicano.
Quest’ultimo punto è forse il più pericoloso per DeSantis e per il partito. Per dirla con Jon Lieber, analista politico di Eurasia Group, «il rischio per la corsa di DeSantis, il rischio più grande per il Partito Repubblicano nel 2024, è che Trump perda alle primarie, corra come indipendente e divida il voto repubblicano», facendo vincere i Democratici, bruciando forse definitivamente DeSantis e riducendo in macerie (politiche e numeriche) il Partito Repubblicano. Un Trump candidato indipendente potrebbe rubare il 30% della base di voto repubblicana. Una batosta dalla quale i repubblicani ci metterebbero anni per rimettersi in piedi.
Ma perchè DeSantis è dirimente per il futuro del Partito Repubblicano? Essenzialmente perchè ha molte più chance di riportare i repubblicani alla Casa Bianca rispetto a Trump. Lo si visto in questo voto di Midterm 2022.
DeSantis, martedì, ha dimostrato di saper portare a casa senza sforzo l’elettorato repubblicano tradizionale, quello che è a disagio difronte alle ‘trumpate’, e, soprattutto, conquistare il voto della comunità latina, capovolgere le precedenti roccaforti democratiche, eclissare la quota di voti raggiunta dai repubblicani nel 2020 con un risultato, in alcuni distretti, a doppia cifra, come sottolinea Gift.
Joe Biden aveva conquistato il voto latino in Florida «di sette punti nel 2020, e ora DeSantis lo ha portato a 15 punti. Questi risultati daranno forma alla politica della Florida negli anni a venire». Non per caso nel suo discorso di martedì notte, il governatore ha dichiarato di aver «riscritto la mappa politica» dello Stato.
Ian Bremmer, noto politologo americano, Presidente di Eurasia Group, ha dichiarato a ‘HuffPost‘ «Se i repubblicani vogliono vincere devono scaricare Trump». Gli fa eco Yuval Levin, direttore degli studi sociali, culturali e costituzionali presso l’American Enterprise Institute (AEI): «Repubblicani: Trump è il tuo problema. Svegliati!».
E proprio questo sarà il tema al centro di lunghi mesi di travaglio dei repubblicani, e la battaglia all’interno del partito potrebbe lasciare molti cadaveri sul terreno, ma anche altrettanti elettori. I repubblicani saranno probabilmente consumati dalle lotte intestine. E’ già partito il «gioco delle colpe», «che prende forma nei circoli del GOP», «dopo le previsioni rialziste di un’ondata rossa che non si è concretizzata», racconta ‘CNN‘. E tra i repubblicani c’è chi si espone: «C’è una correlazione molto alta tra i candidati MAGA e le grandi sconfitte», afferma all’emittente un ex senatore repubblicano della Pennsylvania, Pat Toomey, facendo riferimento allo slogan di Trump con il quale vengono oramai identificati i suoi candidati negazionisti, ‘Make America Great Again’. «Penso che il mio partito debba affrontare il fatto che se la fedeltà a Donald Trump è il criterio principale per selezionare i candidati, probabilmente non andremo molto bene», conclude Toomey.
Ken Griffin, CEO della società di investimento Citadel e uno dei maggiori donatori del Partito Repubblicano, ha detto a ‘Politico‘ che è tempo «di andare avanti»da Trump. E l’impero mediatico di Rupert Murdoch lo ha già fatto: ha mollato brutalmente Trump e abbracciato DeSantis.
I midterm «hanno inferto un duro colpo a Trump». «Il danno che Trump e i suoi candidati hanno inflitto al GOP creerà una significativa preoccupazione per il suo essere ancora una volta in cima alla classifica», ha commentato Julian Zelizer, analista politico di ‘CNN‘, è docente di storia e affari pubblici all’Università di Princeton. «più repubblicani staranno pensando con chi schierarsi alle prossime elezioni presidenziali».
Ron DeSantis non è certo spuntato dal nulla. E’ statoeletto governatore della Florida nel 2018, con la benedizione di Trump -il tycoon ora dice che è un repubblicano mediocre con buone pubbliche relazioni, privo di lealtà, che si è rivolto a lui «in condizioni disperate» quando, nel 2017, si candidava per questo suo primo mandato da governatore, per ottenerne l’appoggio, «era una politico morto, che è venuto a chiedermi aiuto disperato»-, dopo aver servito per sei anni alla Camera dei rappresentanti.
Laureato alla Yale e alla Harvard Law School, ha lavorato come avvocato per la Marina degli Stati Uniti, prestando servizio presso la base di Guantánamo Bay e dispiegandosi in Iraq. Al ritorno ha lavorato come procuratore federale prima di essere eletto alla Camera. DeSantis «combina una reputazione di intellettualismo bizzarro con una forte propensione a spingere un’agenda conservatrice intransigente», afferma Thomas Gift.
Il curriculum di DeSantis è più quello di «un semplice funzionario repubblicano che il burrascoso uomo d’affari diventato politico piromane Trump. In un certo senso, il passato di DeSantis lo fa sembrare più vicino all’ex Segretario di Stato Mike Pompeo, le cui tendenze più interventiste a volte erano in contrasto con Trump», annota Adam Taylor, reporter di affari esteri del ‘Washington Post‘. Un «percorso di carriera abbastanza tipico per un politico americano».
DeSantis si è concentrato in gran parte sulla politica interna, sia alla Camera e poi successivamente come governatore, «ma la maggior parte di ciò che ha detto sulla politica estera si adatta bene alle norme preesistenti, piuttosto che allo stile spesso ad hoc di Trump». Un conservatore tradizionale, un repubblicano dell’era prima di Trump, tanto è vero che, prosegue Taylor, «DeSantis ha condannato la Russia per la sua invasione dell’Ucraina ed è stato critico nei confronti della decisione del Presidente Biden di ritirarsi dall’Afghanistan. È anche fortemente contrario ai tradizionali nemici degli Stati Uniti come l’Iran, in particolare all’accordo nucleare con quel Paese, così come ai nuovi rivali come la Cina, e si è impegnato a essere ‘il governatore più filo-israeliano d’America‘».
In qualità di ‘stella nascente’ all’interno dei circoli conservatori, «DeSantis ha consolidato la sua reputazione ed è salito alla ribalta nazionale durante il culmine della pandemia di COVID-19. Mentre molti Stati hanno chiuso le attività commerciali e le scuole, DeSantis ha invertito la tendenza», mantenendo la Florida aperta ed eliminando rapidamente le restrizioni.
«Più di ogni altra cosa, DeSantis è diventato un nome familiare appoggiandosi alle ‘guerre culturali’ americane. Si è definito l’ultimo baluardo contro la‘politica dell’identità‘ di estrema sinistra che, secondo lui, eleva la razza, il genere e l’orientamento sessuale rispetto all’unità nazionale», afferma Gift.
Nel marzo 2022, DeSantis ha fatto notizia per aver firmato la legge sui diritti dei genitori nell’istruzione, definita dai critici come il disegno di legge ‘Non dire gay‘. «La legge, che ha ispirato misure ‘imitazione’ in più di una dozzina di Stati, ha posto restrizioni alle lezioni relative a questioni LGBTQ+ per gli studenti dalla scuola materna fino alla terza elementare (dai 5 ai 9 anni)».
Un mese dopo, in aprile, si è imposto all’attenzione del pubblico «prendendo a pugni in faccia Topolino». La lotta lo ha visto eliminare il ‘distretto fiscale speciale’ della Disney «dopo che il più grande datore di lavoro dello Stato ha preso una serie di posizioni pubbliche -anche contro il suo Parental Rights in Education Act- che DeSantis ha affermato essere apertamente di parte».
E sempre ad aprile, il governatore «ha firmato una legge anti-critica sulla teoria della razza. Soprannominata ‘Stop WOKE Act’, la riforma ha reso illegale per gli insegnanti delle scuole primarie e secondarie insegnare la diversità razziale e il razzismo in un modo che DeSantis ha descritto come ‘indottrinamento e discriminazione’».
DeSantis ha governato in gran parte come un conservatore ‘tradizionale’. «Per quanto riguarda l’economia, ha sostenuto tasse basse, spesa contenuta e deregolamentazione delle imprese. Altrove, ha ottenuto una valutazione A+ dalla National Rife Association, ha sostenuto la revoca dell’Affordable Care Act di Barack Obama e ha sostenuto posizioni moderatamente favorevoli alla vita, contro l’aborto.
In qualità di governatore di uno Stato meridionale pesantemente colpito dalla crisi dei migranti, DeSantis ha preso posizioni particolarmente dure contro l’immigrazione clandestina, comprese le ‘città santuario’, che generalmente trascurano di far rispettare le leggi sull’immigrazione. Nel settembre di quest’anno, ha alimentato un focolaio di polemiche quando, senza preavviso, ha organizzato il volo di 50 migranti a Martha’s Vineyard, una ricca isola del Massachusetts, in un’acrobazia progettata per evidenziare l’ipocrisia dei politici liberali».
Uomo tra i repubblicani più duri, di «retorica sfacciata», DeSantis è «capace di acrobazie crudeli» nell’arringare gli elettori come dal passare dalle parole ai fatti, pur di imporre la sua linea, e c’è chi, come Cas Mudde, editorialista del ‘Guardian‘ e docente presso la School of Public and International Affairs dell’Università della Georgia, sottolinea, a valle della sua vittoria di martedì 8 novembre, che «i repubblicani della Florida hanno indubbiamente tratto profitto dalla campagna di intimidazione degli elettori da parte di DeSantis, durata anni, che ha comportato lo scatenamento di una nuova ‘squadra per le frodi elettorali‘ su elettori per lo più innocenti; contro la più ampia tendenza nazionale, l’affluenza alle urne democratiche è sembrata significativamente in calo in Florida».
DeSantis, rispetto a Trump, viene considerato un ‘rigido‘, «meno aperto alla persuasione», un profilo che «ha poco del fascino personale o dell’interesse per le funzioni sociali che hanno molti politici», uomo con il quale è difficile stabilire una relazione, un freddo, completamente privo di carisma, un oratore poco entusiasmante che non attira grandi folle e non affascina i pochi che attira.
Secondo Mudde, «a DeSantis manca quella qualità unica di Trump, l’autenticità, qualcosa che l’ex Presidente ha identificato nel conferirgli il nuovo soprannome di ‘Ron DeSanctimonious’» al suo ex pupillo.
Il Partito Repubblicano «vuole essere una coalizione conservatrice multietnica e populista, quindi a favore della sicurezza dei confini, contro il commercio, contro le grandi imprese, contro il risveglio, pro-vita». Tutti i temi sui quali DeSantis è perfettamente a suo agio, «senza tutto il caos che Trump porta», afferma Jon Lieber,
In fatto di politica estera, pensandolo alla Casa Bianca, DeSantis «è un vero uomo della Florida». E «in una certa misura, è all’altezza della reputazione, prestando particolare attenzione alle questioni estere vicine a molti floridiani: tra cui Cuba, Venezuela, Colombia e Haiti», dice Adam Taylor, senza sbilanciarsi in ulteriori considerazioni. Anche per questo ma non principalmente per questo è riuscito a conquistare il voto latino della Florida, trasformando la Florida in uno Stato solidamente rosso. I latinoamericani sono «stanchi di aver ricevuto promesse mai mantenute dal Partito Democratico», affermano alcuni elettori di DeSantis, e il Partito Repubblicano rappresenta ciò in cui credono: famiglia, fede ed economia. Per questo lo hanno votato quasi in massa. È stato il primo governatore repubblicano dal 2002 a vincere la contea più popolosa e fortemente ispanica dello Stato, non solo con i cubani americani che tradizionalmente votano repubblicano, ma anche molti sudamericani e portoricani che tendono a votare democratico.
È importante notare, afferma Mudde, «che il passaggio da Trump a DeSantis non indica un ritorno alla ‘normalità‘, nel senso di conservatorismo vecchia scuola. DeSantis e Trumpsono entrambi chiaramente di estrema destra e c’è poco spazio ideologico tra i due. Piuttosto, si tratta di strategia e stile». Trump opera fuori dell’establishment tradizionale del partito e del sistema politico, non è un politico e non ha alcun desiderio di diventarlo. «In netto contrasto, DeSantis ha già una significativa esperienza politica nella gestione di uno dei più grandi Stati del Paese in termini sia di potere economico che di popolazione. Mentre Trump grida principalmente da bordo campo, non rispettando né le istituzioni della democrazia liberale, né le pratiche politiche di Washington, DeSantis pratica ciò che il professore di Princeton Kim Lane Scheppele chiama ‘democratic erosion by law‘: l’indebolimento della democrazia liberale, sia all’interno del sistema legale che del sistema politico».
Cas Mudde guarda all’Europa, e prosegue: «il passaggio da DeSantis a Trump rispecchia gli sviluppi in Europa, dove politici crudi di estrema destra come Matteo Salvini vengono ‘aggiornati‘a pari più sottili come Giorgia Meloni. È, se volete, l’orbánizzazione dell’estrema destra. Il leader ungherese è il principale esempio di erosione democratica per legge, avendo effettivamente distrutto la democrazia in Ungheria con mezzi perfettamente legali. Non è un caso che Orbán sia un eroe dell’ala cosiddetta ‘conservatrice nazionale’ del partito repubblicano -per lo più politici laureati in giurisprudenza, come DeSantis e Josh Hawley». Infatti, il governatore della Florida ha ottenuto il sostegno repubblicano a livello nazionale «da ciò che fa, non da chi è».
Cas Mudde azzarda l’ipotesi che ‘Fox News‘, nella corsa del 2024 verso la Casa Bianca, possa decidere di sostenere DeSantis invece di Trump, a quel punto «Trump continuerà a comandare un hardcore modesto ma altamente mobilitato, che potrebbe creare o distruggere candidati repubblicani in molte gare, inclusa quella presidenziale». A quel punto, «mentre la stella di DeSantis potrebbe essere in ascesa, il partito repubblicano rimarrà alla mercé di Trump». E non sarà facile per i repubblicani proteggere dalla ‘distruzione’ trumpiana il partito e il candidato DeSantis contestualmente.
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