ITA/ Ecco perché la compagnia sta usando meno aerei di quelli in flotta
di IL SUSSIDIARIO (Cristiano Spazzali)
ITA sta utilizzando meno velivoli di quelli che ha in flotta a causa di scelte compiute all’inizio delle attività della compagnia italiana
In attesa della firma dell’accordo tra il Governo italiano e Lufthansa per la cessione di una partecipazione di minoranza della nuova compagnia di bandiera, che potrebbe concretizzarsi già questa settimana, con il nostro centro studi abbiamo voluto analizzare alcune attività operative di ITA Airways nell’ottica di uno sviluppo del piano industriale recentemente realizzato per l’implementazione delle attività del vettore.
La prima analisi ha riguardato la flotta, mentre le altre due sono state indirizzate una sull’impiego del personale dipendente del ramo volo, mentre l’altra ha aperto una finestra per comprendere meglio la cessione del ramo aviation tra Alitalia e ITA.
Attualmente nella flotta di ITA ci sarebbero 68 aeromobili, anche se nel registro ufficiale, l’Aircraft Registration Mark List, e cioè il documento che viene trasmesso all’Enac con l’esatta lista degli aeromobili che compongono la flotta, ne riporterebbe 69.
Per comprendere come attualmente la flotta sia suddivisa, abbiamo utilizzato due siti web; uno è Flightradar24 mentre l’altro è ITAFLEET che monitora la flotta dell’attuale compagnia di bandiera e abbiamo incrociato i dati che siamo riusciti a estrapolare. I dati oggi ci indicano che la flotta di ITA attualmente sarebbe composta da 6 Airbus A350, 8 Airbus A330, 50 Airbus 320 Family (319+320) e 4 Airbus A220.
Dei 68 aerei disponibili, ITA però ne starebbe utilizzando solo 57. Infatti, ce ne sarebbero ben 11, e cioè 4 Airbus A319, 4 Airbus A320, e 3 Airbus A330, che non sarebbero al momento del tutto operativi. Qual è il motivo di questa sottoutilizzazione della flotta di ITA?Il motivo risiede nella mancanza di piloti da poter impiegare all’interno della compagnia, infatti dai calcoli effettuati mancherebbero all’appello almeno 200 unità tra piloti e primi ufficiali, e almeno 600 assistenti di volo per poter coprire le necessità operative della flotta al completo.
Le ragioni di questo sotto dimensionamento andrebbero ricercate a seguito del mancato passaggio del personale da Alitalia a ITA. Infatti, nel decreto legge n.ro 73 art. 11 quater, il Governo ha voluto introdurre una sostanziale discontinuità tra i due vettori così come anche indicato dall’Unione europea che ha dato parere favorevole alla nascita di ITA. Questa operazione avrebbe portato più di 1.300 ex dipendenti di Alitalia a intentare una causa legale per vedersi riconosciuta la continuità aziendale ai sensi dell’art. 2112 del c.c. con la diretta conseguenza di un blocco delle assunzioni da parte di ITA verso questi soggetti.
Nel passaggio degli assets da Alitalia a ITA, però, ci sarebbero altre criticità che il management dell’epoca (Altavilla-Lazzerini) avrebbero sottovalutato. Queste criticità riguarderebbero soprattutto gli slot di Fiumicino e di Milano Linate e che sono stati trasferiti da Alitalia a ITA a seguito della citata norma.
Ma perché gli slot sarebbero così importanti? Nella regolamentazione europea sull’assegnazione delle bande orarie, gli slot possono essere trasferiti da un vettore aereo all’altro in caso di acquisizione totale o parziale e quando le bande orarie sono direttamente collegate al vettore aereo che ha ceduto il ramo di azienda. Questa norma mira a ottenere il trasferimento di bande orarie al solo fine di facilitare la continuità aziendale nel caso di un’operazione di cessione parziale dell’azienda. Pertanto, deve sussistere un collegamento tale tra il trasferimento delle bande orarie e l’acquisizione (parziale) del vettore aereo oltre al fatto che dovranno essere acquisite quasi tutte le risorse di produzione del vettore aereo interessato e necessarie per utilizzare le bande orarie in questione.
Ciò significa che deve emergere nell’atto di cessione il trasferimento al nuovo vettore degli aeromobili, del personale e di ogni forma di organizzazione necessaria per il funzionamento degli slot. Quindi, l’acquisizione di alcuni “beni” o dell’”attività” non può essere qualificata come acquisizione (parziale) di un vettore aereo, serve una vera e propria organizzazione e gli aeromobili sono una parte essenziale di questa organizzazione. Esattamente come accaduto nella cessione degli asset tra Alitalia e ITA.
Ma andando più nello specifico: in un’operazione di parziale acquisizione di un vettore aereo, e laddove le licenze non siano necessariamente trasferite (il che non sembra necessario se l’impresa acquirente dispone già di licenze) resta da chiedersi cosa si debba esattamente intendere per acquisizione parziale di un vettore aereo.
Qui è il regolamento europeo che ci viene in aiuto: infatti, lo scopo e il funzionamento del regolamento sulle bande orarie ci indicano che può esserci un’acquisizione parziale di un vettore aereo solo se quella parte del vettore aereo che viene rilevata, viene ceduta con tutti gli elementi che consentono al cessionario di utilizzare effettivamente le bande orarie associate.
Ciò significa che la parte del vettore aereo rilevata deve poter continuare a operare voli, e pertanto deve esserci una sorta di continuità aziendale. In ogni caso, ciò richiede che ci siano aeromobili, il personale e una qualche forma di organizzazione. Il fatto che i beni possano essere trasferiti a un’impresa che potrebbe già utilizzare gli slot con i propri beni e con il proprio personale non inficia il fatto che ciò viene rilevato come «acquisizione parziale di un vettore aereo».
Ecco quindi che affrontiamo il vero nocciolo del problema: ITA ha acquistato solo degli assets oppure come afferma il regolamento comunitario avrebbe acquisito una parte consistente del ramo di azienda di Alitalia?
Come è mia consuetudine non entro mai nel merito delle scelte fatte da un’azienda o dal management, mi limito solamente a far emergere le incertezze e le debolezze di tali scelte, provando a fornire una soluzione alternativa al problema. In questo specifico caso la debolezza di questa scelta è stata quella di aver sottovalutato il problema e di aver voluto affrontare oltre 1.300 cause con gli ex dipendenti di Alitalia, con la diretta conseguenza di non poter disporre attualmente di un numero sufficiente e adeguato di personale navigante e difficilmente reperibile altrove, in modo da poter utilizzare al meglio la flotta a disposizione.
Va sottolineato che il sottoutilizzo della flotta sta comportando anche minori entrate dal punto di vista del fatturato, ma comporta anche dei costi vivi di sostentamento degli aerei che attualmente non producono alcun tipo di rientro economico. Senza contare che di questo ne risente anche tutto il settore commerciale di ITA che, come anche sottolineato dalla stessa Lufthansa, è uno dei problemi principali che dovrà essere adeguatamente affrontato in tempi rapidi.
All’epoca una soluzione intelligente poteva essere quella di acquisire una percentuale della compagnia Alitalia, ad esempio il 60% degli aerei il 60% del personale il 60 % dei contratti e così via concordando con i sindacati l’ingresso graduale del personale non oggetto di cessione proprio in base all’implementazione della flotta. Questa operazione avrebbe certamente evitato non solo il congestionamento nelle aule giudiziarie di oltre 1.300 cause, ma decisamente spostato l’attenzione anziché sui problemi di ITA sulla sua crescita e sullo sviluppo complessivo della compagnia e avrebbe risparmiato a ITA un po’ di euro in parcelle legali.
E oggi come si potrebbe rimediare ai vari problemi favorendo contestualmente anche la transizione con Lufthansa? Una strada potrebbe essere quella di cominciare a evitare cause inutili, cercando di trovare una soluzione a quelle attuali e che stanno rendendo l’azienda più debole proprio per il fatto che le forze della compagnia, invece di convergere sulla crescita e sulla profittabilità, si disperdono sulle vertenze e sui conflitti interni: il caso Lazzerini-Altavilla che ha bloccato per mesi l’attività del vettore ne è stato un esempio lampante.
Si potrebbe anche favorire una nuova stagione di gestione, attraverso l’applicazione di una metodologia diversa meno improntata alla rigidità e più improntata sul dialogo e sulla trasparenza, cercando di recuperare tutte quelle risorse oramai disperse anche per effetto delle attuali cause in corso. Questa rigidità, infatti, invece di favorire la compagnia di bandiera l’hanno velocemente indebolita. Basta pensare che un anno fa Lufthansa assieme a MSC valutò ITA circa 1,3 miliardi di euro mentre a dicembre il valore della compagnia è sceso, ed è stato valutato a 450 milioni di euro.
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