Afghanistan: i talebani smantellano le coltivazioni del papavero da oppio
da PICCOLE NOTE (Davide Malacaria)
Il governo talebano dell’Afghanistan ha effettuato “riduzioni davvero senza precedenti nella coltivazione del papavero” nell’anno 2023, secondo una recente analisi pubblicata dall’Alcis, una società di servizi di informazione geografica con sede nel Regno Unito specializzata nella raccolta di dati geospaziali, analisi statistiche e rilevamenti.
Dai papaveri al grano
Ne scrive The Cradle, che continua così: “La riduzione del papavero ha fatto seguito a un divieto sulle sostanze stupefacenti emesso in Afghanistan nell’aprile 2022 dal leader talebano Mullah Haibatullah, solo sette mesi dopo l’insediamento al potere del movimento islamico, seguito al ritiro dei militari statunitensi dell’agosto 2021”.
“L’Alcis riferisce che è in atto un reale divieto sulla coltivazione del papavero e che la produzione di oppio nel 2023 sarà trascurabile rispetto al 2022. Le immagini ad alta risoluzione analizzate dall’azienda mostrano che nella provincia di Helmand la coltivazione del papavero si è ridotta dai 120.000 ettari del 2022 a meno di 1.000 ettari nel 2023. Si tratta della più grande riduzione della coltivazione del papavero mai registrata nel paese, anche di quella avvenuta quando i talebani ne vietarono la coltivazione nel 2000, un anno prima di perdere il potere in seguito all’invasione statunitense del 2001″.
“Di conseguenza, la coltivazione del grano ora domina le province del sud e del sud-ovest, dove in precedenza era stato coltivato circa l’80% del raccolto totale dei papaveri dell’Afghanistan”.
Non solo: “Nel corso dell’estate del 2022, i talebani hanno anche preso di mira l’industria della metanfetamina distruggendo i raccolti di efedra [da cui si ricava la sostanza ndr ] e i laboratori di efedrina sparsi in tutto il paese”.
I talebani hanno fatto ciò che le truppe di occupazione americane non sono riuscite a fare in venti anni, o che forse non hanno voluto fare dal momento che i traffici erano più che tollerati, come dimostrano le foto dei soldati americani che vagano tra i campi di papaveri, come se ne facessero la guardia.
Tale sviluppo non sarebbe che da salutare con gratitudine dal mondo, dal momento che pone criticità alla piaga del traffico di droga, col quale peraltro si finanzia il terrorismo internazionale. Eppure l’Afghanistan è gravato ancora da pesanti sanzioni internazionali, che mettono a rischio la sussistenza di gran parte della popolazione.
L’oppio al tempo degli Stati Uniti
Per tornare al passato, The Cradle ricorda il peccato originale degli Stati Uniti riguardo la coltivazione del papavero in Afghanistan, cioè come attraverso il traffico dell’oppio venissero finanziati i mujaheddin afghani e la legione straniera araba (messa su da Osama Bin Laden per contro della Cia) che li supportava nella guerra contro i sovietici che avevano invaso il Paese (NBCnews).
Sempre a questo riguardo, si può ricordare come le colture del papavero da oppio, come annota The Cradle, conobbero una forte riduzione in Afghanistan quando al potere salirono per la prima volta i talebani (tra il 1996 e il 1998), i quali nel 1999 emanarono una legge tesa all’eradicazione di tali coltivazioni.
I talebani erano quasi riusciti a debellare la malapianta, senonché, dopo l’invasione americana del 2001, essa riprese in modo ancor più massivo di prima, così che il Paese fu per decenni il primo produttore al mondo di oppio, esportando l’80% del totale mondiale.
La parabola del ritorno all’oppio nell’era post-talebana è descritta bene in un documento Onu del 2002, nel quale si annota come, parallelamente allo smantellamento delle coltivazioni del papavero da parte dei talebani, il prezzo dell’oppio iniziò ad aumentare.
Nell’aprile-maggio del 2001, registrava il documento, arriva a costare 300 dollari, fino a “raggiungere circa 450 dollari alla fine del mese di agosto e, in certi casi, 700 dollari proprio prima dell’11 settembre. La settimana successiva all’11 settembre, scende a 180 dollari”, con un calo sempre più marcato.
Evidentemente subito dopo l’11 settembre, cioè subito dopo l’attentato alle Torri gemelle, i grandi trafficanti di droga e le banche che ne riciclavano i proventi già sapevano che i papaveri da oppio sarebbero tornati a fiorire in Afghanistan.
Sapevano perfettamente, cioè che l’America avrebbe attaccato l’Afghanistan, nonostante tale sviluppo fosse ancora nebuloso, e che l’invasione avrebbe posto fine al divieto sulla coltivazione della pianta. Un quadro che interpella non poco.
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