Cosa ci ha insegnato Silvio, sempre che si abbia la modestia di imparare da tutto e da tutti? Che ridurre sul piano concettuale un Paese a un’azienda (l’Azienda Italia), e far sì che questo pensiero come un tarlo scavi nella (in)coscienza delle persone, garantisce il libero dispiegamento dell’indifferenza e degli egoismi particolari. Che nonostante l’impero costruito e le ricchezze accumulate, si muore e questo orizzonte è intrascendibile.
Quindi, visto che morendo lasciamo agli altri un mondo diverso da quello ricevuto alla nostra nascita, si tratta di capire se l’abbiamo lasciato migliore o peggiore, se abbiamo seminato o sterminato. Berlusconi ci ha insegnato, inoltre, che abbassando il livello culturale delle masse grazie a un uso spregiudicato ed efficace della televisione commerciale, è più facile far credere a chi sta peggio che in fondo è colpa sua e che il riscatto passa sempre e solo attraverso i soldi, il vendere e – soprattutto – il vendersi. Poi ha insegnato che l’ignoranza si dilata a dismisura ogni qual volta si pronuncia la frase: “quello è uno che si è fatto da solo”.
L’imprenditorializzazione del sé, dalle nostre parti, deve molto a quest’uomo e al suo giro di affari (puliti e meno puliti).
Silvio ci ha insegnato che il corpo del re è ancora adorato negli anni 2000, e che l’apparenza non tanto inganna, ma esaurisce per molti nostri simili l’intero spazio della loro curiosità. Ci ha insegnato, Silvio, che a volte la concretezza dell’imprenditore abituato a far di conto, può tornare utile sul versante della politica internazionale, dove gli “idealisti” di centro-sinistra ci porterebbero alla guerra nucleare per difendere la democraticissima Ucraina e sostenere il faro della civiltà mondiale: gli USA. Non sono meno pericolosi (anzi) i vari camerati al governo, proni ai comandi provenienti da oltreoceano, eppure Berlusconi ha saputo ogni tanto dissociarsi dall’omogeneo scenario bellicista di questi anni. Onore a lui per questo.
Ci ha dato anche un altro insegnamento: tanto più diventano importanti i leader quanto meno esiste una politica diffusa, una conoscenza della storia, un desiderio di vivere-altrimenti. In assenza di questo, e con il giusto bombardamento mediatico, si può trasformare una figura più o meno brillante (e lui indubbiamente lo era) in uno statista, in una personalità “che fa la Storia del Paese”. Evidentemente ci accontentiamo di poco.
Auguro al fondatore di Forza Italia di riposare in pace, anche se i danni fatti in questi decenni – inclusa la deriva di un antiberlusconismo ossessivo e inconcludente – sono notevolissimi e difficilmente recuperabili. L’ego straripante del Cavaliere possa trovare finalmente un oceano che gli ricordi che siamo tutti gocce d’acqua dello stesso mare, tutte diverse, ma nessuna “al di sopra delle parti”.
Tratto da: https://www.facebook.com/paolo.bartolini.148/posts/pfbid0PQmW4DKw5ZCyFMwcYdZjL3pcsJRz1REPVDQgJX53aG4taXJHRp46TPv4jyactWZil.
FONTE:https://megachip.globalist.it/democrazia-nella-comunicazione/2023/06/12/31973/
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