Le notti di Nahel: istantanee dalla rivolta francese
di GLI ASINI (Nicola Ismaila Dieng, Nicola Lamri)
“That… is a miracle… and miracles, is the way things ought to be”
Discorso di Cyrus, The Warriors, 1979
Tradurre in parole il caotico insieme di emozioni, che ci ha invasi dal 27 giugno in avanti, rappresenta uno sforzo complicato. Impossibile è, invece, imprimere sul foglio il fiume d’immagini cui ci siamo ritrovati di fronte in questo primo, timido, scorcio dell’estate francese. Si tratta di un’operazione rischiosa: evitare, a un tempo, di scivolare nella retorica e di addentrarsi nei sociologismi. La prima ha stancato tutti, mentre per i secondi è troppo presto, o decisamente troppo tardi.
La settimana scorsa è stata interamente occupata dalla notizia dall’esecuzione, da parte di un agente di polizia, di Nahel M., 17 anni, e dalle reazioni che ne sono seguite. È il riflesso di un’anonima abitante di Nanterre, che decide di filmare la scena, a cambiare il corso di un evento altrimenti altrettanto anonimo. Il resto è storia nota. Le immagini della pallottola sparata a bruciapelo nel petto di Nahel sono di quelle da far gelare il sangue nelle vene. Il primo, immediato, pensiero è che nulla può continuare come prima. È una sensazione simile a quella provata davanti ai fotogrammi dello strazio pubblico di George Floyd, tre anni fa. Cosa faranno loro? Cosa devo fare io? Cosa faremo noi, ora?
La “marcia bianca” organizzata a Nanterre il giorno successivo rappresenta la prima tappa obbligata: impossibile mancare. Arriviamo al concentramento camminando fra le carcasse delle auto bruciate la sera prima e, di nuovo, la memoria corre alle manifestazioni oceaniche organizzate tre anni fa sulla scia del Black lives matter statunitense: si marcia, tesi e fitti, fra il rombo delle moto; pochi e inaudibili interventi dal camion; si urla a squarciagola e in maniera confusa: “Justice pour Nahel!”, “Pas de justice, pas de paix”, “Tout le monde déteste la police”, e poco altro. La piazza si surriscalda in fretta e ingaggia la battaglia con gli agenti. La rivolta è caotica, quanto organizzata; polimorfa, quanto chiara nei suoi obiettivi pratici. Ma dove diavolo hanno imparato tutta questa roba? Intelligenza popolare o intuizione di classe? O, forse, viceversa? In fondo, cosa importa…
Poi, accade l’impensabile. La sollevazione si estende a macchia d’olio, arrivando, letteralmente, ovunque. Le pratiche sono radicali, fanno paura, ma è la blague1a fare da padrona. Qualcuno si fa radere in mezzo alle auto in fiamme, qualcun altro indossa, divertito, un’uniforme della polizia trafugata da un commissariato. È la rivolta dell’ironia contro un presente assurdo e privo di senso. Basta scendere sotto casa per verificarlo con i propri occhi. Nella città di Montreuil, alle porte di Parigi, i roghi delimitano il perimetro della zona del commissariato di polizia. Attorno, l’ivresse di un tumulto perfettamente ordinato. Gruppi di giovani entrano con naturalezza in banche, farmacie, supermercati e agenzie immobiliari dalle vetrine divelte. Osserviamo per circa un’ora il saccheggio di una tabaccheria. Si ride. Si corre e si ride tantissimo, senza sosta. I beni trafugati vengono ripartiti fra i presenti. Qualche adulto osserva placidamente ai lati, assieme a noi. Qualcun altro si avvicina e negozia il prezzo di una stecca: per qualche giorno, magari, non sarà costretto a fumare le “Marlboro bled”2, comprate al mercato nero.
Sarebbe semplice banalizzare il peso di queste notti parlando di un “nuovo 2005”, o peggio, etichettandole come l’ennesima “rivolta delle banlieues”. Senza ombra di dubbio, i protagonisti delle proteste sono i giovani razzializzati che abitano le periferie, ma la geografia di questa esplosione di rabbia, così come la sua dinamica d’innesco, appaiono profondamente mutate rispetto a 18 anni fa3. Durante la quarta notte di scontri, quella del venerdì, le vie dello shopping del primo arrondissement parigino sono state invase, fino a notte fonda, da centinaia di ragazzi e ragazze incontenibili, che hanno svuotato le vetrine delle varie multinazionali della moda. Stessa dinamica a Marsiglia, dove due notti di mobilitazione hanno mandato in tilt la prefettura, sicura che le proteste si sarebbero svolte soltanto nei remoti Quartiers nord. La fallimentare gestione dell’ordine pubblico muove da un pregiudizio tanto errato, quanto sintomatico della postura delle autorità rispetto alle periferie: la convinzione che le zone centrali delle città francesi, irraggiungibili da parte di coloro che vivono relegati ai margini della vita urbana, sarebbero state, come nel 2005, risparmiate dai rivoltosi. Il risultato? Migliaia di agenti che fanno la spola fra i centri e i quartieri periferici, non riuscendo a (in)seguire i manifestanti.
Da giorni, le élites politiche e i media generalisti non fanno altro che riproporre, a reti unificate, il mantra, asettico e razzista, “dell’abbandono genitoriale”, che sarebbe all’origine delle “violenze”. Il tutto viene ridotto a uno sfogo irrazionale, un delirio autodistruttivo perpetrato da barbari incapaci di autodeterminarsi, poiché “intossicati” da social network e videogiochi. Le soluzioni immaginate da Macron e dai suoi ministri: tagliare l’accesso a Snapchat e sanzionare finanziariamente le famiglie incapaci di “tenere i loro figli”. Proposte rivoltanti, frutto del connubio esplicito, e inquietante, fra le destre neoliberali e quelle estreme.
Nonostante questi tentativi di diversione, le immagini di quelle sere restano ben impresse nella memoria collettiva. A cosa abbiamo assistito? È possibile parlare di rivolta dei banlieusards, invece che di rivolta delle banlieue? Forse. Ciò che è certo, è che chi, per decenni, è stato coscientemente messo ai margini del corpo della nazione, per qualche notte, ha potuto rivendicare il diritto al proprio spazio, affermare la propria esistenza, in un paese disposto ad uccidere pur di non fare i conti con il suo passato.
1 Scherzo, humor, ironia.
2 Termine gergale volto a indicare le sigarette di contrabbando.
3 I dati forniti dal Ministero dell’Interno aiutano a cogliere la portata di queste rivolte. Nei soli cinque giorni che vanno dal 27 giugno al 2 luglio il numero di edifici incendiati o danneggiati è di tre volte superiore rispetto al 2005, quando le rivolte durarono ben 21 giorni. I veicoli incendiati sono circa la metà e il numero di poliziotti feriti è, al contrario, più del doppio. Per più di una settimana il numero di agenti schierati variava tra le quaranta e le quarantacinquemila unità e nel momento in cui scriviamo questa testimonianza la conta degli arresti supera le tremila persone.
FONTE:https://gliasinirivista.org/le-notti-di-nahel-istantanee-dalla-rivolta-francese/
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