NUOVA DEMOCRAZIA.
di PIERLUIGI FAGAN
Approvata la scorsa settimana in Grecia, antica patria del concetto di democrazia, una nuova legge sul lavoro.
Settimana di lavoro estesa al sabato, si potranno sommare due lavori fino a 13 ore al giorno, si potrà andare in pensione fino a 74 anni, licenziamenti senza preavviso entro il primo anno, periodo di prova fino a sei mesi per gli impiegati, drastiche limitazioni al diritto di sciopero. Chi ostacolerà il lavoro dei colleghi, per esempio con il picchettaggio, sarà punito con una pena detentiva di 6 mesi e una multa di almeno 5mila euro.
Va be’, si dirà, se la sono voluta visto che quelli che hanno approvato questa mostruosità qualcuno li avrà pure eletti, no? Questi sono gli effetti della svalutazione del Politico e della democrazia di cui parlavamo nel post precedente, valido anche per capire come siamo finiti qua.
In nome della “governabilità” si sono approvati una legge ultra-maggioritaria. Avendo il controllo dell’opinione pubblica hanno accompagnato le recenti elezioni di giugno a modo loro. Così, sono andati a votare solo il 50% degli aventi diritto. Nea Dimokratia -ovvero il partito dell’oligarchia- ha preso il 40%, ha potuto fare un monocolore ed approvare la legge mostruosa. Quindi un partito votato dal 20% degli aventi diritto oggi comanda come gli pare e piace, formalmente eletto. “Democrazia” è nel nome del partito che ha compiuto il misfatto e del sistema elettoral-politico che glielo ha permesso, è questa davvero una “democrazia”?
Quel 20% di greci, sono più o meno quanto i sociologi stimano essere la parte alta della piramide sociale nei nostri tipi di società occidentali. Gli americani a cui piacciono le semplificazioni e gli slogan pubblicitari, hanno sintetizzato il concetto dell’1% a dire quanta sproporzione c’è tra i super ricchi ed i normali.
I populisti, gente che ha materia grigia sì e no per giocare al fantacalcio, ripetono il mantra, secondo loro questa è l’ingiustizia, popolo vs élite ristrettissima. Ma le cose non funzionano così. Intorno quell’1% c’è un primo 5% e poi un ulteriore 10-15% di persone che supportano il sistema perché ne traggono, proporzionatamente, grandi benefici.
Sono poi quelli che fanno l’opinione, quelli che manifestano il consenso delle persone per bene ed informate. Loro sì motivatissimi ad andare a votare, consapevoli della splendida opportunità di poter mandare al governo gente che poi fa quelle leggi che permettono loro più ricchezza e più potere. Non sono miliardari, magari hanno solo un ristorante vista mare o disegnano ville per quelli più ricchi. Questo quinto delle nostre società, a volte un quarto, è mimetico, silenzioso, inoffensivo. Magari al bar si unisce agli altri a criticare il governo ed il quanto male va il mondo.
Non vorrei scomodare l’antiquaria concettuale ovvero la lotta di classe; tuttavia, coloro che sbraitano contro le élite dell’1% dovrebbero capire che c’è un ampio gruppo sociale a supporto e sostegno di quella risibile percentuale, sono tra noi, magari amici, gioviali, simpatici sono uno su un quinto, a volte uno su un quarto. Mentre maledici quelli potenti che sono imprendibili ed inarrivabili, questi ce li hai accanto a te.
Questa è la dittatura della minoranza della democrazia liberale, una minoranza eletta da una minoranza elettrice.
Così è stato il sistema elettivo inglese sin dal 1688-89. Almeno fino al dopoguerra era così per legge. Poi hanno dovuto concedere il diritto formale di voto a tutti con pari valore (forse non è noto che in Gran Bretagna alcuni possidenti potevano votare in più circoscrizioni fino al ’48, in realtà fino al ’69 per le locali, ancora oggi nella City). Il voto plurimo per la piramide sociale è dentro il cuore della teoria politica liberale, è in John Stuart Mill.
Da quaranta anni hanno a tal punto svalutato politica e rappresentanza che ormai hanno riottenuto la condizione originaria liberale per cui si votano tra loro e poi ti governano a piacimento. Si fanno le leggi elettorali su misura, ridisegnano i collegi, ti bombardano di stupidaggini a cui abbocchi invariabilmente per dire la tua e sentirti “libero”. Ma al momento giusto, fanno leggi, adesso anche in nome e per conto tuo che non li hai votati, per silenzio-assenso, costituzionalmente, democraticamente.
E cosa decidono? Che devi lavorare più ore, più anni, a meno, a chiamata e senza fiatare.
Comprendo amici e colleghi impegnati nell’analisi e nel lavoro critico contro lo stato di cose. Capisco che qualcuno si possa appassionare a questo o quell’aspetto del sistema complesso dominante e senta la ragione e la spinta a concentrarsi su quello. Tuttavia se, come credo, i loro intenti intellettuali e politici sono onesti, dovrebbero riflettere su questo scandalo che si sta allargando a macchia d’olio.
Negli USA che sono una macchina del tempo in cui possiamo vedere il nostro futuro, dopo l’annessione egemonica dell’Europa susseguente la guerra in Ucraina ormai in forma a trazione integrale, con trasferimento di idee e soluzioni a breve tempo, stanno già un passo avanti.
Già nel 2023, sette progetti di legge per indebolire la tutela del lavoro minorile sono stati introdotti in sei stati del Midwest (Iowa, Minnesota, Missouri, Nebraska, Ohio e South Dakota) e in Arkansas, dove è stato adottato un disegno di legge che abroga le restrizioni sul lavoro per i ragazzi di 14 e 15 anni. anni è ora diventato legge. Un disegno di legge introdotto in Minnesota consentirebbe ai ragazzi di 16 e 17 anni di lavorare nei cantieri edili. Dieci stati hanno introdotto, preso in considerazione o approvato leggi che riducono le tutele per i giovani lavoratori solo negli ultimi due anni.
La sistematica distruzione della scuola pubblica ha decenni di pratica. Visto quindi che i figli dei meno inseriti e capienti non studiano e magari si drogano di fentanyl, “che vadano a lavorare” diventa invocazione comune. Così funziona l’accorta manipolazione della società, portarla a pensare e dire cose assurde, ma con piena convinzione, ragione, evidenza.
In attesa sorga il sol dell’avvenire, crolli il capitalismo sotto il peso delle sue contraddizioni, si dissolva per magia la temperie neoliberista, la Russia e la Cina vincano la battaglia per un mondo più giusto (sicuri ???), arrivi un leader-padre-monarca benevolo, le masse popolari insorgano prendendo il palazzo di mezza stagione (peccato non ci siano più le mezze stagioni…), non dovremmo pensare di far qualcosa di più concreto, come difendere i criteri minimi di democrazia?
Vale ancora l’antica credenza di lasciar fare la talpa della storia per cui tanto peggio-tanto meglio, alla fine ci sarà la ribellione delle masse e noi lì pronti a dar la linea (avercela ed avercene “una” poi). Sono secoli che quella talpa scava ma senza venirne a capo, magari qualcuno che ci vede meglio delle talpe che notoriamente non vedono poi così bene, potrebbe far qualcosa?
Oltre a brandire con impeto morale la matitina rossa e blu con cui segniamo gli errori del potere di turno, domandarci quali responsabilità abbiamo noi, non è il caso? Abbinare alla coazione critica anche un po’ di autocritica, visto come siamo messi, non è il caso? A monte il problema è sempre assai complesso, ma a valle si arriva al semplice punto: come facciamo a non far precipitare la società nell’annunciato buco nero del futuro senza uno straccio di minima democrazia? Se non vi mobilita almeno la difesa del minimo livello del Politico perché vi piace “volare alto”, come pensate di arrivare, più poi che prima, al vostro sogno di una società sovrana, socialista, comunista, decrescista, più tradizionalista o più progressista, onesta, comunitaria, equilibrata, ecologista, pacifica, più giusta, non patriarcale o oligarchica, di piena occupazione o una o l’altra o più d’una opzione al contempo, senza uno straccio di democrazia reale?
Forse non è il momento di fondare partitini dell’1% che partecipino al gioco truccato che chiamano democrazia, oltretutto legittimandolo ed al contempo contribuendo con fallimenti su fallimenti a cumulare frustrazione. Forse è “solo” il momento di creare un movimento di idee ed azioni in semplice difesa dei requisiti minimi di cosa è e cosa non è una “democrazia”. Riduzione dell’orario di lavoro, processi di formazione e distribuzione della conoscenza, accesso pluralistico all’informazione, occasioni di dibattito in cui trasferirsi idee e conoscenze. Il mondo è sempre più complesso, la mentalità collettiva lo è sempre meno, tocca colmare questa divergenza. Senza modi per creare masse critiche, se il gioco è truccato, inutile pensar di giocare partite. Prima il regolamento, poi il gioco, altrimenti con queste regole si sa già chi vince prima ancora di scendere in campo.
Forse i nostri teorici, dovrebbero concentrarsi un po’ di più a riflettere su cosa è una democrazia, dove poter agire, cosa poter pretendere, quali concetti trasformare in parole d’ordine, quali obiettivi minimi darsi e su questo aggregare i tanti punti di vista critici che vogliono vincere il Giro d’Italia prima ancora di avere una bicicletta. Ci saranno modi e tempi per disputarci le diverse visioni del mondo quando avremo le concrete possibilità di realizzarle, almeno in potenza. Per ora, di radicale, abbiamo solo l’impotenza.
Diceva Eraclito (fr. 44 Diels-Kranz): “bisogna che il popolo combatta per la legge come per le mura”. La democrazia nacque come legge di regolazione non solo del giuridico, ma del politico che doveva ordinarlo, questo fecero Clistene (508 a.C.) a cui seguì Efialte (462 a.C.) ben prima di Pericle. Forse è il momento di ristabilire la legge, il regolamento di minima democrazia. O c’è ancora qualche romantico attardato che vagheggia il cambiamento del mondo via “rivoluzioni” o pensa di far il partitino anti-neoliberista come se ci fosse veramente la possibilità di portarlo al governo e poi saper davvero governare una società complessa in un mondo sempre più complesso?
Attenzione a concentravi solo sulle cose lontane, vicino ci sono muri molto spessi che si stringono intorno a noi sempre di più.
FONTE:https://pierluigifagan.wordpress.com
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