Ieri ho messo su un post, che inizia con una lunga distinzione tra analisi politica e mistificazione morale.
Mi è stato fatto notare che questo incipit fa perdere al lettore la parte cruciale, che è un tentativo di analisi politica della situazione palestinese. Infatti, nessuno ha commentato proprio questa parte cruciale.
Ovviamente ci saranno mille dettagli da precisare meglio, ma ho voluto ridurre all’osso la questione. E chiedo se possiamo tutti concordare su questa analisi di partenza. Per poi dopo schierarci, se è proprio necessario.
Per cui, ecco di nuovo la parte del post che parla di Palestina.
Uso il termine “Palestina” in senso puramente geografico, come lo usavano anche i primi sionisti.
In Palestina tutti concordano che ci sono dei cattivi.
I cattivi fanatici musulmani,oppure i cattivi fanatici razzisti ebrei. Ognuno ha i suoi cattivi, ma comunque si tratta sempre di Gente malvagia, che agisce per odio gratuito. Se si togliessero di mezzo gli “animali umani“…
Curiosamente, continuano a fare i cattivi da ottant’anni, generazione dopo generazione, insomma.
Proviamo a guardare la situazione da un altro punto di vista.
La Palestina è grande più o meno come la Sicilia.
La popolazione complessiva consiste attualmente in oltre 7 milioni di “ebrei” e oltre 8 milioni di “arabi” (scusate i discutibilissimi termini, l’importante è che ci capiamo).
Degli “arabi”, circa 2,6 milioni godono di diritti civili simili a a quelli degli “ebrei”, essendo cittadini dello Stato d’Israele.
Gli altri arabi sono stati sottoposti prima a una ventina di anni di occupazione militare senza diritti civili.
Poi è stata istituita qualcosa che si chiama Autorità nazionale palestinese nel 1999: una costellazione di circa 165 “enclave” sparse in varie parti della Palestina. Con i confini studiati perché le risorse fondamentali – acqua e terra coltivabile – fossero in mano israeliana.
Guardate attentamente questa mappa, che peraltro copre solo una parte di tutta la Palestina geografica (ma senza un simile ingrandimento, la maggior parte delle enclave sarebbero invisibili):
I puntini e le macchie in rosso sono i luoghi in cui vivono gli “arabi” senza diritti civili e senza diritto di libero movimento.
La somma di questi 165 puntini, molti dei quali di appena 2 chilometri quadrati, è pari all’incirca all’area della provincia di Siracusa. Tutto ciò che non è in rosso su questa mappa è sotto diretto controllo israeliano (nel West Bank, ci sono 200 colonie ebraiche, certamente non pensate per essere smantellate).
La più nota enclave è la Striscia di Gaza, con 2,3 milioni di abitanti in uno spazio pari a quello della provincia di Prato, e che subisce un ulteriore blocco da 16 anni per terra, mare e aria.
In questa situazione, cosa succede?
Abbiamo oltre 15 milioni di persone in un piccolo spazio.
Troppo poco per ritagliarne due stati veri: certo, esistono al mondo microstati di successo, come San Marino o Monaco, ma le condizioni sono ben diverse. E nemmeno Monaco ha 165 enclave o 5,5 milioni di abitanti.
Quindi la famosa soluzione didue popoli due stati non è semplicemente realizzabile. Uno Stato in quelle condizioni è impossibile, e gli israeliani comprensibilmente non hanno voglia di cedere la metà del territorio alla (altra) metà della popolazione.
Di “due stati e due popoli” si parla da trent’anni, e non è un caso che non si è mai realizzato.
La soluzione alla “europea” – diritti uguali per tutti a prescindere dalla provenienza etnico-religiosa – non è realizzabile, perché negherebbe lo scopo stesso per cui è nato Israele, e anche quello per cui i suoi abitanti attuali o i loro antenati sono emigrati lì.
La deportazione fisica degli arabi in Egitto o in Giordania è difficile per motivi di relazioni internazionali.
Quindi praticamente l’unica soluzione resta quella effettivamente applicata: rinchiudere la grande maggioranza dei non ebrei in luoghi dove possono essere privati dei loro diritti civili, senza risorse proprie ma venendo nutriti in buona parte a spese della comunità internazionale.
E’ facile criticarla, ma non è affatto dovuta a qualche presunta cattiveria da parte dei suoi artefici. Che sono state generazioni di funzionari e di politici, di vario orientamento politico e – immagino varia bontà o malvagità di animo.
Questa logica è tecnica, e non ha nulla a che fare con un presunto “odio atavico tra i popoli”.
Il problema è che per funzionare, questa soluzione richiede la piena accettazione della propria subordinazione da parte degli “arabi”.
In mancanza di tale accettazione, è inevitabile che gli enclavizzati periodicamente esplodano.
Vengono puniti in maniera memorabile ogni volta, e a breve termine funziona.
Ma lì sorge un secondo problema: il velocissimo ricambio generazionale – a Gaza, il 45% della popolazione ha meno di 15 anni. Questo significa che in pochi anni, vengono fuori nuovi giovani, che non hanno memoria dellamemorabile punizione, e quindi rischiano tutto di nuovo.
Riflettere su queste piccole ovvietà, che probabilmente tutti già sanno, sembra a prima vista scoraggiante: abbiamo un ciclo di violenza e un problema senza apparente soluzione.
Ma fuggire dalla reale difficoltà di un problema cercando false soluzioni – “condanniamo questo! ammazziamo quello! diamogli una lezione e vedrete che…!” può solo peggiorare il problema.
Anche perché alla fine, tutti i problemi si risolvono, di solito tramutandosi in altri completamente diversi e magari peggiori.
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