Un raro video testimonia la lotta degli indigeni incontattati contro la deforestazione
di L’INDIPENDENTE (Gloria Ferrari)
In Indonesia due uomini, membri della tribù incontattata degli Hongana Manyawa, sono stati immortalati in un video mentre cercano di allontanare i bulldozer – macchinari per lo spostamento della terra – e gli uomini che li guidano agitando lance e altre armi rudimentali. Le immagini, diffuse dall’organizzazione per i diritti umani Survival International, sono piuttosto eloquenti: gli indigeni provano a franare l’avanzata degli ‘invasori’, giunti sul posto con il chiaro intento di fare piazza pulita dell’area. I secondi, in risposta, spingono sull’acceleratore ‘dell’apripista’ – un altro modo di chiamare il bulldozer -, mettendo apparentemente in fuga i nativi.
Il rischio che questi finiscano per essere cacciati dalle terre che abitano e da cui traggono sostentamento – e quindi sterminati – è alto. L’isola di Halmahera, nello specifico, è infatti in grave pericolo: le attività di taglio del legno e di estrazione del nichel – materiale essenziale nella costruzione di batterie per le auto elettriche – stanno penetrando sempre più nel cuore nella foresta in cui risiedono i cinquecento Hongana Manyawa incontattati – su tremila membri totali – , spazzando via, oltre che le vite di questi ultimi, vaste aree di foresta pluviale. In molti casi, le escavatrici appartenenti a compagnie minerarie di tutto il mondo, hanno già compiuto danni irreparabili.
Per esempio la Weda Bay Nickel (WBN)– una compagnia di cui la multinazionale francese Eramet è comproprietaria – ha sull’isola, proprio in corrispondenza dei territori della tribù nativa (e dove è stato girato il video) un’enorme concessione mineraria. La sua attività, cominciata nel 2019, si è ingrandita a tal punto da arrivare a gestire una delle più grandi miniere di nichel al mondo.
Negli ultimi anni il nichel ha assunto una rilevanza strategica per via dell’avanzamento della produzione dell’auto elettrica. Tale metallo è infatti divenuto elemento fondamentale nella fabbricazione di catodi per le celle delle batterie a litio. Basti pensare che un singolo pacco di batterie agli ioni di litio contiene, oltre a circa 8 kg di litio, 20 kg di manganese e 14 kg di cobalto, dai 30 ai 40 kg di nichel. La sola Indonesia, secondo le stime, detiene il 37% della produzione mondiale di nichel e il 22% delle riserve globali.
Ma la cosa più grave è che «le aziende che producono auto elettriche» come Tesla, una multinazionale statunitense specializzata nella produzione di auto elettriche, che a partire dal 2020 ha rivolto la sua attenzione proprio verso quest’area geografica, «vendano ai clienti la promessa di un ‘consumo etico’ mentre la loro filiera di approvvigionamento distrugge un popolo incontattato», dice Caroline Pearce, Direttrice generale di Survival International.
A suo parere Tesla e le altre compagnie produttrici di auto elettriche dovrebbero essere all’altezza di quello che promettono ai loro clienti, evitando così «un’orribile – oltre che illegale – aggressione ai diritti umani, impegnandosi a garantire che nessuno dei minerali che acquistano provenga dalle terre dei popoli indigeni», perché la loro vita non è sacrificabile.
L’estrazione, inoltre, necessita di una fase preliminare, altrettanto dannosa: quella del disboscamento dell’area. Che, come spiega Survival, secondo la legge internazionale, valida per qualsiasi progetto industriale pensato sul territorio indigeno, non può avvenire «senza il consenso libero, previo e informato» delle comunità native. Che, stando alle immagini, non è mai stato concesso.
D’altronde gli Hongana Manyawa – il cui nome significa ‘gente della foresta’ – sono un popolo incontattato proprio in virtù della scelta di non avere contatti con la civiltà globalizzata. Soprattutto perché, quando questi si verificano in maniera forzata, si trascinano dietro anche violenza, malattie e razzismo. Ad oggi i nativi che abitano l’isola di Halmahera sono esposti a tutto questo e rischiano di vedere la loro terra, e tutto ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere, «distrutto da multinazionali che si affannano per fornire uno stile di vita apparentemente ‘sostenibile’ a persone lontane migliaia di chilometri».
infatti, se le attività minerarie dovessero proseguire come previsto dal Governo nazionale, non ci sarebbe più alcuna speranza né per la salvaguardia delle ampie aree forestali coinvolte, né per gli abitanti che le popolano.
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