Contro la Direttiva Bolkestein
DA LA FIONDA (Di Marco Verdi)
Il 30 dicembre 2023 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge n. 214/2023 meglio nota come legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022. La norma interviene in numerosi settori (energia, trasporti, rifiuti, comunicazioni, alimenti, farmaceutica), tra i quali spicca quello del commercio al dettaglio su area pubblica. Il tema è delicato e dal 2006 ha visto svilupparsi una articolata congerie di norme e pronunce. Facciamo ordine.
Il 12 dicembre 2006 il Parlamento Europeo adotta la cd. “Direttiva Bolkestein” (dir. 2006/123/CE), la quale all’articolo 12.1 prevede che “Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento”. Questo enunciato viene recepito nel nostro ordinamento attraverso l’articolo 16 del D.Lgs. n. 59 del 26 marzo 2010.
A questo punto sorge un dubbio. Il cd. “posteggio” sul quale il concessionario, autorizzato dal comune territorialmente competente, svolge attività di commercio su area pubblica è una “risorsa naturale scarsa”? La Toscana dice di no e con legge regionale n. 63 del 28 novembre 2011 (art. 6) dispone che l’articolo 16 del D.Lgs. n. 59/2010 non trovi applicazione per il commercio su aree pubbliche. Su ricorso del Governo interviene la Consulta, la quale dichiara l’illegittimità costituzionale della disposizione regionale per contrasto con la disciplina comunitaria.
In sede di approvazione della legge di bilancio per il 2019 (Governo Conte I) l’Italia ci riprova e con l’art. 1, comma 686 della Legge n. 145 del 30 dicembre 2018 esclude le attività di commercio al dettaglio su area pubblica dal campo di applicazione del D.Lgs. n. 59/2010.
Non solo. Con l’art. 181, commi 4-bis e 4-ter del D.L. n. 34 del 19 maggio 2020, convertito in legge n. 77 del 17 luglio 2020 (“Decreto Rilancio” – Governo Conte II) viene stabilito che “Le concessioni di posteggio per l’esercizio del commercio su aree pubbliche aventi scadenza entro il 31 dicembre 2020 […] sono rinnovate per la durata di dodici anni […] con assegnazione al soggetto titolare dell’azienda”. “[…] le regioni hanno facoltà di disporre che i comuni possano assegnare, su richiesta degli aventi titolo, in via prioritaria e in deroga ad ogni altro criterio, concessioni per posteggi liberi, vacanti o di nuova istituzione, ove necessario, agli operatori […] che siano rimasti esclusi dai procedimenti di selezione previsti dalla vigente normativa ovvero che, all’esito dei procedimenti stessi, non abbiano conseguito la riassegnazione della concessione”. Rinnovi e concessioni senza gara.
I comuni, come spesso accade, si trovano tra l’incudine e il martello. Tanti enti, forti del sostegno nazionale, procedono, tuttavia, ai rinnovi automatici.
Il 15 febbraio 2021 l’AGCM formula un parere in ordine al mandato nazionale di procedere ai rinnovi automatici, stroncandolo. L’Autorità ritiene che “le modifiche apportate al D. Lgs. n. 59/2010, le norme del decreto rilancio e le conseguenti determinazioni ministeriali si pongano in violazione delle disposizioni costituzionali ed eurounitarie, poste a presidio della libertà di iniziativa economica e a tutela della concorrenza, in quanto idonee a restringere indebitamente l’accesso e l’esercizio di un’attività economica […]”. L’Autorità va, però, oltre: “i soggetti chiamati ad attuare l’attuale quadro normativo debbano procedere alla disapplicazione delle disposizioni nazionali, adottando una disciplina delle procedure di assegnazione delle concessioni di posteggio coerente con i menzionati principi posti a presidio della concorrenza in materia di durata, criteri di selezione e assenza di rinnovi automatici”.
Non solo il giudice può (rectius, deve) disapplicare la normativa nazionale che contrasta con quella UE, ma anche l’amministrazione.
Roma Capitale, dando seguito al parere espresso dall’AGCM, annulla in autotutela i procedimenti di proroga delle concessioni di posteggio già avviati in ottemperanza al “Decreto Rilancio”. L’annullamento in autotutela viene impugnato innanzi al TAR Lazio dalla titolare di una concessione ora non più rinnovata. Con la sentenza n. 539 del 18 gennaio 2022 il TAR respinge il ricorso con la disapplicazione della norma nazionale ritenendo la Direttiva Bolkestein autoesecutiva (il TAR fa propri, in questa pronuncia, gli stessi principi enunciati dal Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria in materia di concessioni demaniali marittime con le sentenze n. 17 e 18 del 9 novembre 2021).
Con la sentenza n. 8136 del 17 giugno 2022 il TAR Lazio (su ricorso di un altro titolare di concessioni) conferma quanto già stabilito con la sentenza n. 539/2022 e modula gli effetti della medesima precisando che la concessione oggetto del giudizio mantiene efficacia fino al 31/12/2023. Oltre tale data la concessione rinnovata cessa di produrre effetti.
L’ultimo tassello del puzzle è fornito dalla legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022 (legge n. 214 del 30 dicembre 2023) con la quale, all’art. 11, il Parlamento obbedisce a Bruxelles, ma non del tutto. La norma interviene sulle modalità di assegnazione delle concessioni di posteggio per il commercio su aree pubbliche, disponendo che, a partire dal 31/12/2023, l’assegnazione delle concessioni avvenga per una durata di 10 anni a seguito di procedure selettive nel rispetto dei principi di imparzialità, non discriminazione, parità di trattamento, trasparenza e pubblicità secondo linee guida adottate dal Ministero delle imprese e del made in Italy (previa intesa in Conferenza unificata) da approvare entro il 31/03/2024, che tengano conto dei seguenti criteri:
a) promozione stabilità occupazionale del personale impiegato;
b) valorizzazione della microimpresa;
c) previsione di un numero massimo di concessioni di cui lo stesso soggetto possa essere titolare, a qualunque titolo, nel contesto della medesima area mercatale.
Inoltre, e qui incontriamo la (limitata) disobbedienza, continuano ad avere efficacia, fino al termine previsto nel relativo titolo:
1) le concessioni già assegnate con procedure selettive alla data del 30/12/2023;
2) le concessioni già riassegnate ai sensi della disciplina di proroga introdotta dall’art. 181, comma 4-bis e 4-ter del D.L. n. 34 del 19 maggio 2020 (“Decreto Rilancio”).Nelle more della preparazione e dello svolgimento delle gare, le concessioni in scadenza tra il 31/12/2020 e il 31/12/2025 conservano la loro validità sino al 31/12/2025 (anche in deroga al termine previsto nel titolo concessorio). Anche le amministrazioni attendiste vengono fatte salve e viene stabilito che qualora i procedimenti di rinnovo (di cui al punto 2)) non si siano ancora conclusi, essi dovranno essere portati a termine (in caso contrario la concessione è rinnovata ex lege).
Mattarella prende carta e penna e scrive a La Russa, Fontana e Meloni. Il Presidente ravvede “rilevanti perplessità di ordine costituzionale” (eppure promulga) e ritiene “indispensabili, a breve, ulteriori iniziative di Governo e Parlamento” per stralciare le numerose ulteriori proroghe previste dalla norma. Viene in chiaro, per l’ennesima volta, come il Presidente svolga funzioni di garanzia del sovrapotere europeo più che della Carta Costituzionale e dell’interesse nazionale.
I commercianti su area pubblica, i cosiddetti “ambulanti”, rappresentano infatti un piccolo spaccato del tessuto commerciale storico italiano e di una sua certa specificità nazionale. Come spesso accade, l’Unione Europea svolge un azione distruttiva delle differenze nazionali al solo fine di sovrascrivere ad esse l’identità universale del mercato, astorico e decontestualizzato, omologatore e spersonalizzante. Non piace all’UE, infatti, la “previsione di un numero massimo di concessioni di cui lo stesso soggetto possa essere titolare, a qualunque titolo, nel contesto della medesima area mercatale” e la “valorizzazione della microimpresa” presenti nell’ultima legge, perché rappresentano ostacoli all’accesso da parte di grandi gruppi sovranazionali. Il commercio ambulante – i dati lo dimostrano – è davvero profittevole solo se operato su larga scala. I margini di guadagno sono rilevanti solo quando la singola impresa entra in possesso di molte concessioni e riesce a “riempirle” tutte durante i mercati settimanali.
Pur essendo numerosissimi a livello nazionale, gli ambulanti sono prevalentemente imprese individuali senza dipendenti o, al più, imprese familiari. I dati parlano, quindi, di “fenomeno commerciale recessivo”. Non siamo quindi in presenza di un settore ad alto valore aggiunto o di rilevanza strategica, il che mostra doppiamente l’accanimento antinazionale della legislazione europea, la furia del dileguare del capitalismo ordoliberale europeo.
FONTE: https://www.lafionda.org/2024/01/08/contro-la-direttiva-bolkestein/
Commenti recenti