I contadini: una categoria politica
di GLI ASINI (Redazione)
Nel 2019 sono stati pubblicati in Italia tre libri che, in maniere differenti, hanno contribuito a discutere quella che potremmo chiamare la “questione contadina”: le relazioni di produzione e distribuzione nelle filiere agroalimentari, le condizioni di lavoro e di vita di chi produce cibo, i poteri pubblici e privati e le politiche che intervengono sui sistemi agroalimentari, il rapporto città-campagna e, in definitiva, quello tra gli esseri umani e gli ambienti naturali da cui essi traggono il proprio nutrimento. Due di questi libri riguardano il presente, il terzo è una ricerca storica.
Il grande carrello. Chi decide cosa mangiamo, di Fabio Ciconte e Stefano Liberti (Laterza) e Food Governance. Dare autorità alle comunità, regolamentare le imprese di Nora McKeon (Jaca Book) ci aiutano a capire quali sono gli attori pubblici e privati che intervengono nel determinare le condizioni di produzione, distribuzione e consumo di cibo oggi. Il grande carrello racconta con uno stile semplice ed efficace le caratteristiche del sistema di distribuzione del cibo dominato dalle grandi catene di supermercati: da un lato, la capacità di soddisfare – e, quindi, controllare – tutte le tipologie di consumatori; dall’altro, il potere di comprimere i prezzi pagati ai fornitori (industrie alimentari e agricoltori) e di determinare cosa questi produrranno e come, anche comprimendo i salari dei braccianti. Il libro aggiunge un pezzo di analisi che mancava nell’inchiesta precedente di Liberti, I signori del cibo (minimum fax, 2016), che descriveva i disastri sociali e ambientali causati a livello mondiale dalle grandi corporation dell’agrobusiness che producono e commercializzano sui mercati internazionali carne di maiale, soia, tonno, conserve di pomodoro. Food Governance, di Nora McKeon, si concentra invece su alcuni attori pubblici del governo mondiale del cibo, in particolare nell’ambio della Fao. Per chi non è uno specialista di questi temi, il libro è certamente più ostico, in quanto parte dall’analisi dei food regimes (concetto tradotto in italiano come “regimi alimentari” o “regimi del cibo”), proposta dagli studiosi statunitensi Philip McMichael e Harriet Friedmann per comprendere in una prospettiva storica lunga le dinamiche globali di produzione, distribuzione e consumo del cibo. Inoltre, esso fa luce su processi che sono meno comprensibili all’opinione pubblica, in quanto si svolgono nelle stanze spesso chiuse delle negoziazioni globali invece che tra gli scaffali dei supermercati; in questo senso i due libri possono essere letti come complementari l’uno all’altro.
Nora McKeon ci appare però più convincente nella sua proposta politica. Il libro di Liberti e Ciconte sembra indicare (sembra, perché nel libro non ci sono delle “Conclusioni”) come strada possibile per il cambiamento di un sistema agroalimentare insostenibile e ingiusto quella di una (auto-)regolazione delle grandi catene di supermercati, finalizzata a mitigare gli effetti distruttivi derivanti dal loro potere sulle filiere (certo, una auto-regolazione possibile solo sulla spinta delle esigenze di quella parte crescente di consumatori che sembrano più consapevoli in merito ai propri consumi e che chiedono di poter consumare con meno sensi di colpa). Il libro di Nora McKeon ricostruisce invece la lunga e paziente azione dei movimenti globali dei contadini (e non solo: pastori, pescatori, popolazioni indigene, lavoratori rurali in generale…), in particolare La Via Campesina, da un lato per creare e difendere nella pratica quotidiana alternative concrete al sistema produttivo agroindustriale globalizzato e, dall’altro lato, per incidere sulle politiche globali del cibo: in alcuni casi, attraverso un conflitto aperto e radicale, come nei confronti dell’Organizzazione mondiale del commercio, giudicata irriformabile; in altri casi, costruendo forum globali inclusivi, in particolare con la Fao (un organismo delle Nazioni Unite), per cui Nora McKeon racconta dettagliatamente il processo che ha portato negli anni scorsi alla riforma del “Comitato per la sicurezza alimentare globale”, al fine di includere, attraverso il “Meccanismo della società civile”, le organizzazioni di massa dei piccoli produttori nei dibattiti sulla “governance” del cibo, mettendoli in condizione di negoziare direttamente con Stati e grandi corporation private. In questo numero de “Gli asini”, Nora McKeon ritorna su La Via Campesina, approfondendone non solo le battaglie per la sovranità alimentare e l’agroecologia, ma anche le posizioni in relazione alla giustizia climatica, mentre Federico Pacheco racconta le attività del Sindicato de Obreros del Campo, un combattivo sindacato di contadini e braccianti andaluso, che è anche membro di La Via Campesina.
Il terzo libro è Un volgo disperso. Contadini d’Italia nell’Ottocento di Adriano Prosperi (Einaudi), che ci riporta alle drammatiche e insalubri condizioni di vita e alle relazioni di sfruttamento nelle campagne italiane prima che sorgessero i movimenti sociali e politici che avrebbero portato i contadini e i braccianti sulla ribalta della storia. Questo testo, su cui Prosperi torna in queste pagine intervistato da Mauro Boarelli, ci consente qui anche di chiarire i diversi significati attribuiti alla parola “contadini” ieri e oggi. Oltre che una categoria socio-economica, infatti, quella di contadino è oggi una categoria politica. I produttori di cibo che negli ultimi vent’anni hanno (ri)cominciato a definirsi contadini – un termine che ha avuto connotazioni dispregiative per anni, anzi per secoli, come mostra la ricerca di Prosperi – non esprimono tanto il desiderio romantico e irrealistico di tornare a un modo tradizionale di fare agricoltura, ma rivendicano una radicale alterità e contrapposizione all’agricoltura industriale, intensiva e capitalista che sta contribuendo a distruggere l’ecosistema naturale, spossessando le comunità locali e sfruttando piccole e medie aziende agricole e lavoratori migranti (come mostrano, su queste pagine, la corrispondenza di Mohamed Bouchelkha sull’agricoltura intensiva per l’esportazione nella regione marocchina del Souss-Massa e l’inchiesta di Valeria Piro e Devi Sacchetto sul lavoro nei macelli nel Nord Italia).
Di più, i contadini contemporanei – non “volgo disperso”, né “classe oggetto” – (soprattutto nel Sud globale: non stiamo parlando della nostrana Coldiretti filo-leghista) faticosamente, consapevolmente e collettivamente costruiscono futuro, a partire da modi nuovi, più giusti, più equilibrati di produrre e scambiare cibo. (Gli asini)
Disegno tratto da Sniff di Antonio Pronostico e Fulvio Risuleo (Coconino press 2019)
FONTE:https://gliasinirivista.org/i-contadini-una-categoria-politica/
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