Voto del 1 marzo in Iran. Il Majlis, camera legislativa
di MARX21 (Maria Morigi)
“Nell’Iran senza veli, la sfida delle donne a capo scoperto” titola Repubblica; “Il voto di domani in Iran sarà un referendum pro o contro la Repubblica islamica” scrive un raffinato analista geopolitico di Agenzia Nova; “L’Iran al voto con il timore di un massiccio astensionismo”(Vatican news); “Khamenei alla prova delle elezioni. Ma l’Iran sfiduciato diserterà le urne” (Il Giornale).
Queste sono le arroganti certezze della nostra stampa per il primo marzo 2024, giorno in cui in Iran si tengono le elezioni del Majlis (Assemblea consultiva islamica e organo legislativo della Repubblica Islamica dell’Iran -290 seggi) e le elezioni dell’Assemblea degli Esperti. Accanto a questi titoli, il Tg trasmette anche un video delle strade di Teheran in cui si muovono un certo numero di donne senza velo. Il video è commentato con supposizioni di astensionismo per la vittoria delle battaglie femministe. L’infallibile orgoglio democratico occidentale ha la sicurezza che l’Iran, dominato da corvacci religiosi liberticidi, sta giustamente imboccando la strada della laicizzazione edonistico-liberal, aiutato dal modello occidentale… anche se purtroppo continua ad armare gli Houthi ed è nemico dichiarato di Israele…
Tuttavia, quello che frega le previsioni di noi occidentali è la nostra ignoranza su cosa realmente rappresenti uno “Stato islamico” – in cui politica e religione sono pilastri fondanti del Diritto – e la convinzione di dover giudicare immischiandoci senza tregua coi nostri “Valori” nei fatti degli altri. Così non solo interveniamo a dar lezioni di democrazia a chi non lo richiede, ma ci distinguiamo per record di astensionismo in casa nostra – dagli USA all’India passando per l’Europa – o per record di barbarie (Capitol Hill) o per le infinite discussioni su leggi elettorali a garanzia-poltrona o a garanzia-governabilità.
Mi permetto quindi una breve lezione di ripasso storico perché il Majlis come camera legislativa fu creato a seguito della rivoluzione costituzionale del 1906. Il Paese (allora si chiamava Persia), sotto l’ultima dinastia Qajar e l’incombente minaccia coloniale da parte britannica, stava attraversando una grave crisi economica e finanziaria. I costituzionalisti del 1906 rappresentarono una delle prime espressioni di riformismo e modernismo islamico ad imitazione parziale di modello occidentale, sostenuto dai britannici per puri interessi coloniali (l’ esportazione di democrazia venne di moda più tardi con gli americani). Infatti già nel 1907 i britannici abbandonarono i costituzionalisti persiani per accordarsi con i russi sulla spartizione della Persia in zone d’influenza. L’intervento militare zarista bombardò il Parlamento di Teheran nel 1908. I costituzionalisti riuscirono a riconquistare la capitale nel 1909 e per risanare le finanze fu assunto un consulente americano, il banchiere americano Morgan Shuster. Dalla padella nella brace, e la nobiltà Qajar rifiutava di pagare le tasse. Fu chiesto nuovamente aiuto alle truppe zariste che intervennero una seconda volta. Comunque il sistema parlamentare sopravvisse.
Nel 1925 il Parlamento votò la fine della dinastia Qajar e iniziò la dinastia Pahlavi durante la quale, almeno nei primi anni, il ruolo del Majlis fu solo formale. La Camera entrò realmente in funzione durante la seconda guerra mondiale, con l’occupazione alleata e l’ascesa al trono (1941) dello scià Mohammad Reza Pahlavi. Negli anni Cinquanta l’ex oppositore Mohammad Mossadeq divenuto primo ministro, nel 1953 abolì il Majlis per governare con poteri eccezionali e riuscire ad estromettere le compagnie britanniche che avevano in concessione lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi. Mossadeq venne presto eliminato da un colpo di stato organizzato dai servizi segreti britannici e americani. Da allora i poteri del Parlamento furono limitati e il governo tornò ad essere autocratico. Da parte sua lo scià Reza arricchì se stesso e l’ élite con rendite petrolifere, clientelismo e una spinta occidentalizzazione.
Con la rivoluzione iraniana dell’Ayatollah Komeini del 1979, cadde la monarchia, fu abolito il Senato e, nel 1989, fu creata l’Assemblea consultiva islamica regolata dal Capitolo VI della Costituzione dell’Iran approvata nel 1979. L’Iran diventava così una repubblica a Parlamento monocamerale in cui il Majlis ha il compito di discutere, approvare o respingere le leggi. Non elegge il presidente della Repubblica, i cui candidati vengono presentati dal Consiglio dei Guardiani della Costituzione e successivamente uno di loro viene scelto a suffragio universale. Dal 1997 le donne, oltre ad essere già elette come deputate e ammesse dal 1963, sono entrate nel gabinetto di governo ( Masoumeh Ebtekar vicepresidente dell’Iran con delega al Dipartimento dell’Ambiente).
Istituita nel 1982, l’Assemblea degli Esperti dell’Orientamento (Majles-e Khobregān Rahbari) è composta dal 2016 da 88 membri (Mujtahid) eletti ogni 8 anni secondo il sistema uninominale/maggioritario secco dopo il controllo del Consiglio dei Guardiani della Costituzione e l’approvazione della Guida Suprema dell’Iran. Essa elegge e revoca il Rahbar (Guida Suprema). L’Assemblea non ha mai messo in discussione la stabilità della Guida Suprema (Ali Khamenei), anche se molti analisti occidentali oggi si affannano a sperare che l’Assemblea degli Esperti stia diventando un corpo cerimoniale senza poteri reali.
Date queste brevi informazioni, invito a riflettere senza pregiudizi sul ruolo e la nuova autorevolezza che recentemente ha conquistato l’Iran, ormai entrato in organismi internazionali (SCO e BRICS )e in rapporti inediti con Arabia saudita e Stati del Golfo, Pakistan, Afghanistan, India e Cina. Decenni e decenni di sanzioni, accuse di teocrazia, demonizzazioni per assenza di democrazia non sono evidentemente riusciti a produrre granché. Infatti, fino a quando tutta la propaganda sarà fondata sull’ignoranza delle motivazioni storiche e sulla distorsione diffamatoria delle realtà presenti, non andremo da nessuna parte.
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