I fronti popolari che servono alla guerra della NATO
di SINISTRA IN RETE (Nico Maccentelli)
Ci ho pensato molto a pubblicare questo mio contributo, perché so che quanto sta per accadere in Italia, in Francia, un po’ in tutta Europa, come conseguenza delle elezioni europee, vedrà coinvolti il fior fiore di compagni, antifascisti sinceri, che a causa di gruppi dirigenti miopi se non peggio, finiranno nella tonnara preparata ad arte da chi lavora ormai da decenni su “rivoluzioni colorate”, sussunzione di tematiche storicamente proprie di una sinistra dei diritti, con il tridente fondazioni, ong e servizi di intelligence. Non è dietrologia: certe operazioni politiche non nascono per caso. Ma procediamo con ordine.
C’è un articolo su Contropiano di Giacomo Marchetti che è stato ripreso su Sinistra in Rete qui e che rivela gli errori di analisi e quindi di azione politica di buona parte della sinistra di classe a partire proprio dall’area di Potere al Popolo – USB – Rete dei Comunisti.
Il Marchetti fa due operazioni: licenzia come positiva la nascita di un fronte popolare in Francia contro la “peste nera”, sviscerando tutta la panoplia di riforme di questa coalizione: dal salario minimo all’abolizione della legge sulle pensioni e quella sui carburanti fatte da Macron. La seconda operazione è quella di accostare anacronisticamente questo FP ai fronti popolari degli anni ’30.
La mia risposta fatta a commento su di questo articolo del Marchetti è questa:
«È un’analisi completamente scazzata. Il programma sociale è un fuffa, soprattutto agli albori della guerra continentale che è il vero obiettivo delle élite atlantiste e dell’imperialismo che lo vanificherebbe automaticamente.
Questo è il programma di questo “fronte popolare”.
Il vero passaggio politico di questo programma e che interessa e va nella direzione dei poteri atlantisti è questo:
“Sur l’Ukraine, le programme confirme le soutien à la lutte contre l’agresseur russe, « par la livraison d’armes nécessaires, l’annulation de la dette extérieure de l’Ukraine, la saisie des avoirs des oligarques qui contribuent à l’effort de guerre russe […], et l’envoi de casques bleus pour sécuriser les centrales nucléaires. »”
Questo passaggio vanifica tutta la lista di belle intenzioni e aderisce al Washington consensus, alla sua narrazione e alle sue necessità belliche: sostegno armato agli ucronazi di Zelensky e scarponi sul terreno.
Non comprendere questo, significa non comprendere tutta l’architettura politica che sta dietro questo “antifascismo” strumentale in quella che è un’evidente contraddizione tra imperialismo atlantista della finanza e settori di borghesia e piccolo capitale che guidano la vandea della destra. Ancora una volta la sinistra radicale si presta al gioco degli atlantisti raccogliendo con la facile demagogia antifascista e una pennellata di riforme i suoi settori politici e sindacali di riferimento.
L’accostamento poi anacronistico con i fronti popolari, quando questi sviluppavano opposizione a quei settori borghesi dominanti che guidavano allora i fascismi, è solamente un altro espediente demagogico.
Anche in Italia si prefigura una battaglia di questo tipo. Tutta a vantaggio del PD… anche se si è contro il PD. Complimenti.»
È evidente che, mentre ci stiamo dirigendo a passi da gigante verso un conflitto con la Russia, si può scrivere anche che si farà la socializzazione dei mezzi di produzione, che tanto tutto verrà vanificato nei vari passaggi dell’emergenza bellica, che lo ricordo, significa sottrarre pesantemente risorse dal welfare, dai salari, dalle pensioni, ecc. per indirizzarli al warfare, alle armi e alle spese della guerra. Questa coalizione che va da FI ai comunisti del PCF, CGT, socialisti, ecologisti ecc. esprime ciò che conta per le élite neoliberali e guerrafondaie atlantiste: come ho scritto, continuare a dare armi agli ucronazi e mandare soldati sul terreno. Un’operazione geniale che, con la scusa di battere le destre, rimette al centro il piano bonapartista macroniano con qualche imbellettamento di facciata, che non conterà nulla nello sviluppo degli eventi.
Quella del fronte popolare, più che i fronti popolari, ricorda la “buona analisi” di Bombacci dei “buoni propositi socialisti” della Repubblica Sociale Italiana, che erano solo fuffa di fronte alla vera essenza del fascismo di Salò.
Di fatto è l’ennesimo voto dei crediti di guerra, di cui le sinistre socialdemocratiche e riformiste sin dal primo conflitto mondiale sono maestre. Evidentemente il lupo perde il pelo ma non il vizio. E oggi il lupo, trasformatosi in una congerie neoliberista di paese in paese, ha con sè lupacchiotti riottosi ma solo in apparenza, perché poi vanno a ululare contro chi è brutto, sporco e cattivo, ma che come Orban rappresenta un ostacolo per la NATO a un ingresso bellico diretto e a tagliare ogni cordone ombelicale con la Russia.
È una maestria che non a torto e successivamente all’atteggiamento vergognoso delle socialdemocrazie, aveva più che giustificato la diffidenza del Komintern e la tattica del socialfascismo da parte di Stalin. Quindi mi pare più calzante quest’ultimo accostamento, ma riferito a questa accozzaglia di gruppi dirigenti della sinistra radicale francese al pieno servizio del progetto bonapartista neomacroniano, dove tutto si azzera per un’imminente e draconiana economia di guerra.
In Italia la solfa non sarà diversa, anche se va detto che mentre in Francia la Le Pen non si è ancora del tutto esposta nel suo atlantismo in un bipolarismo d’alternanza osceno, in Italia se non altro l’atlantismo conclamato della Meloni porterà ancora di più fior fiore di compagni ad aderire alla manovra “antifascista” voluta dai centri di potere atlantisti, per portare al governo una classe politically correct più aderente ai dettami del Washington consensus e meno riottosa a mettere gli scarponi sul campo. Un segnale a Crosetto è già stato dato.
Con siffatte prese di posizione, non siamo nell’ambito dell’analisi concreta della situazione concreta indicataci da Lenin, ma nel campo del sociologismo borghese, che analizza i fenomeni politici senza partire dai rapporti di classe e dalle loro dinamiche nella società.
In altre parole, la Le Pen non è la Le Pen semplicemente fascista, ma il riflesso di precisi mutamenti sociali, della composizione di classe, dei rapporti di classe. Come accennavo prima, ciò che è centrale è la contraddizione interborghese tra borghesia nazionale e oligarchie massoniche, dominate dall’anglosfera atlantista della grande finanza e dalle altre componenti finanziarie subalterne in questo continente. E se la prima esercita una certa egemonia su vasti settori di proletariato urbano e rurale (la rivolta degli agricoltori per esempio), la seconda attrae una piccola e media borghesia acculturata che occupa una posizione manageriale o gestionale nella produzione sociale, nel commercio nelle mansioni digitali e cognitive, magari condita con un po’ di proletariato. Questa della borghesia falso progressista, del resto è un po’ ovunque la composizione di una certa sinistra “progressista” o “ztl”, ben descritta nell’egregio saggio di Sahra Wagenknecht Contro la sinistra neoliberale. Persino un comunista di vecchia scuola ed ex dirigente del PCI, ex docente di sociologia nella nostra Alma Mater di Bologna (quindi non certo “rossobruno”), come Fausto Anderlini, che fotografando AVS in Italia, non fa che confermare di fatto l’analisi della Wagenknecht, scrivendo sul suo b:
«Impressionante il voto nelle aree urbane centrali, ovunque (salvo che al sud) Avs è il terzo partito, con medie fra il 12 e il 15%. A Milano, Bologna, Roma, Torino ecc. E’ la prima volta che una formazione uscita dalla galassia della ‘sinistra radicale’ (e post-materialista) guadagna un elettorato di massa. Molto forte nelle aree centrali, il voto Avs scema regolarmente secondo il gradiente centro-periferia. Minima la presenza sul territorio. Avs è davvero il partito della ztl e raccoglie l’adesione di una classe media istruita e tendenzialmente cosmopolita cresciuta al seguito della morfogenesi metropolitana post-moderna. Di tendenze ‘genericamente ‘radicalistiche’, in materia di valori civili (immigrazione e diritti Lgbtq) ma anche ‘sociali’. Una sinistra ‘vendoliana’ e post-ingraiana, molto in linea con l’ala radical dei democrat americani [seguire, peraltro, la pista dei soldi…]. Inoltre molto sensibile a richiami simbolici personalizzati. Un’arte delle candidature a effetto nelle quali Sinistra Italiana è letteralmente specializzata. E qui, introducendo al tema Pd, va notato un clamoroso effetto perverso. Chi pensava che il Pd a guida Schlein finisse per prosciugare quest’area, non solo con la migrazione di molti quadri, ma soprattutto in termini di voti, è stato smentito. E’ avvenuto il contrario: è il partito di Schlein che si è piuttosto incarnato fuori di sè, sdoppiandosi in una sorta di partito democratico dell’esterno. Utilissimo per riequilibrare i rapporti coalizionali, anche constatato l’indissolubile rapporto di alleanza. Anche nei momenti più critici, Avs mai ha abbandonato il Pd.»
Come degli anelli si infilano l’un con l’altro, vediamo che certe operazioni politiche come quella fatta con la Salis, possono essere gestite “in remoto” e con certi livelli di presenza per eterodirigere, grazie a una contiguità che parte dalla sinistra neoliberale e finisce fino a quella più radicale, dove strada facendo si perdono dei contenuti politici e se ne acquisiscono degli altri in base ai target di riferimento, ma che come risultato danno esattamente la stabilità politica verso gli obiettivi politici e sociali delle centrali imperialiste.
Ovviamente il tutto sostenuto dalle corazzate mediatiche delle élite imperialiste. Una cartina di tornasole? La Repubblica, giornale per eccellenza dei guerrafondai, non ha attaccato l’operazione Salis, Santoro e tutti vari cespuglietti di papà PD, ma i suoi scagnozzi da tastiera si sono presi la briga di andare a cercare su facebook i “rossobruni” che hanno contrastato con la critica politica, i pacifinti che pensano sia indispensabile restare nella NATO per difesa (Santoro), chi ha stigmatizzato la scelta di appoggiare AVS, e così via. Rossobrunismo è una categoria inventata dalla sinistra borghese e che fa comodo per attaccare ogni posizione realmente antimperialista.
E tornando al Front Populaire costituitosi in Francia, è ben evidente che il cuore del progetto guerrafondaio della NATO resta tutto ed è quello che per il nemico di classe conta realmente, in mezzo alla fuffa che la guerra stessa e la sua economia farà sparire come neve al sole. Questa è la tonnara di cui parlavo all’inizio. Una tonnara politica dove, spiace dirlo, gli attori finali sono degli utili idioti.
Errori politici di questo tipo non sarebbero mai stati fatti da un Dimitrov, da un Togliatti, da un Trotsky, da un Mao Tse Tung: da qualsiasi dirigente comunista di una qualunque componente sia stato a scuola di marxismo rivoluzionario.
La situazione però è grave: in ballo non c’è una sconfitta come la marcia dei quarantamila o con la scala mobile (pur cocenti). E neppure la fine di un movimento rivoluzionario come quello degli anni ’70. In ballo c’è una guerra devastante con uso di armi nucleari tattiche nel nostro continente, se non peggio. Altro che sociologismi: si tratta di tornare ai fondamentali, ma non in modo pappagallesco e dottrinario. Questa sinistra di classe ha entrambi questi difetti.
Se non si parte da questo approccio, ossia da ciò che il materialismo storico e dialettico ci pone con la sua cassetta degli attrezzi, e si sproloquia di frontismo “antifascista”, sparando a pallettoni alle papere e al vento, si sbaglia tutta l’analisi successiva della strategia politica per contrastare il progetto guerrafondaio e liberista del capitale dominante e per costruire un passaggio rivoluzionario al socialismo.
O quanto meno per porre le basi di una reale transizione nella lotta di classe in un mondo multipolare, dove le forze dell’imperialismo sono state sconfitte, ammesso che nel frattempo, in questa fase di scontro tra due parti configgenti nel pianeta, si riesca a evitare una guerra atomica.
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